giovedì 11 marzo 2010

LE CRITICHE A NAPOLITANO SONO LECITE !



Chi afferma che un presidente è ‘non criticabile’ mente. Quando l’Italia era un Paese normale nessuno si stupiva.

I politici italiani sono ormai in larga misura dei mistificatori. Ed alcuni anche smemorati. Dopo la firma del decreto ’salva liste’ (del Pdl) da alcuni settori dell’opposizione si sono levate urla a difesa di Napolitano, che per i suoi ‘difensori’ avrebbe fatto solo il suo dovere. Le interpretazioni sul ruolo del presidente della Repubblica sono materia complessa, perchè ognuno degli uomini eletti a quella carica ha svolto il mandato con differente spirito, alcuni manifestando un forte protagonismo, altri ritagliandosi un ruolo meno marcato. Si pensi solo alle presidenze di Pertini, Cossiga o Scalfaro, per ricordare alcuni tra gli inquilini del Colle più ‘eccentrici’.

Tra i censori dei ‘critici’ ieri si è distinto Luciano Violante. L’ex presidente della Camera ritiene che il Capo dello Stato abbia “ha agito nel pieno dei suoi poteri. Per questo motivo le dichiarazioni di Di Pietro sono fuori da ogni ragionevolezza. Di Pietro a volte parla a vanvera”. Poi ha aggiunto: “Il Presidente della Repubblica non si approva, nè disapprova, si rispetta e basta. La via scelta dal governo è, a mio avviso sbagliata, ma non parteciperei mai a una manifestazione contro il Capo dello Stato”.

Proprio Violante, nel 1993 quando era parlamentare, insieme ad Ugo Pecchioli, Marco Pannella, Nando Dalla Chiesa, Giovanni Russo Spena, Sergio Garavini, Lucio Libertini, Lucio Magri, Leoluca Orlando e Diego Novelli, chiese di mettere in stato di accusa l’allora presidente della Repubblica, Francesco Cossiga, che lo ripagò del gesto dicendo di lui: “E’ un piccolo Viscinski (l’ inquisitore dei processi staliniani, ndr)”. Che il ‘Picconatore’ avesse ragione?

Ma gli strali contro i presidenti sono stati ‘normali’ fino a qualche anno fa.

Il giornalista Indro Montanelli scrisse di Giovanni Gronchi, terzo presidente della Repubblica: “Gronchi che, come Principe della partitocrazia può essere preso a modello, quando andava a inaugurare uno stabilimento e nel salone di rappresentanza vedeva un quadro d’autore, si guardava bene dall’esigerlo. Faceva solo sapere all’anfitrione, attraverso qualche intermediario, che lo aveva molto ammirato. L’anfitrione poteva benissimo non capire. Invece capiva, anzi era felice di capire e di agire di conseguenza: tanto spontaneo e naturale è da noi l’ex-voto non solo per grazia ricevuta, ma anche per quella da ricevere”.

Eugenio Scalfari, descrivendo il generale de Lorenzo, famoso organizzatore di colpi di stato negli anni ’60, sostenne: “Utilizzò ai fini del complotto il Sifar guidato dal suo pupillo generale Allavena e il Comando generale dei carabinieri con la sola eccezione del vicecomandante, generale Manes, il quale fu ostracizzato e tenuto all’oscuro dei piani predisposti e, quando ne ebbe sentore, li denunciò pubblicamente. Le predisposizioni, attivate con lo stimolo costante dell’allora Capo dello Stato Antonio Segni, sfociarono nel famoso “Piano Solo” che prevedeva l’enucleazione di centinaia di comunisti, socialisti, sindacalisti, democratici, il loro trasporto in Sardegna, la requisizione di navi e aerei per la bisogna, l’occupazione dei principali palazzi pubblici a cominciare dalla televisione”. Antonio Segni è stato il quarto presidente della Repubblica.

Camilla Cederna che condusse una lunga battaglia contro Giovanni Leone, sesto presidente, in un suo libro affermò tra le tante cose in merito ad un colossale scandalo degli anni settanta: “Con tutta probabilità la magistratura brasiliana manderà indietro Ovidio Lefèbvre, e che, una volta tornato a casa con le manette ai polsi, egli farà il nome dei politici che hanno preso le tangenti, racconterà quale parte ha avuto nello “sporco affare” il suo potente e distinto fratello, e, se ci son dubbi sul presidente, chi sa che non li spiattelli. Poi il lungo colloquio cui il giudice costituzionale Giulio Gionfrida ha sottoposto Mauro Leone. Ché se per caso risultasse qualche responsabilità del giovane ambizioso nella nota vicenda o in quella dei “traghetti d’oro”, potrebbe anche essere arrestato. E ancora lo scandaletto dell’Hostess club, con le sue ragazze, tra le piu esperte, invitate in Quirinale a girare film’etti di cui non si è piu trovata traccia. (Dopo due mesi il fascicolo sull’organizzazione delle accompagnatrici-squillo è scomparso.) Inoltre la campagna autunnale del Manifesto su Leone che medita di dimettersi: notizia che il quotidiano dice d’aver ricevuto da “Gola profonda”. (Riferimento all’informatore del caso Watergate che fece dimettere Nixon; e che da noi può essere identificato in Flaminio Piccoli, presidente dei deputati dc.) Già una volta, durante la crisi Lockheed, insieme a Giuseppe Bartolomei, capo dei senatori dc, Piccoli aveva chiesto a Leone di dimettersi. E Leone aveva messo alla porta tutti e due. Stando infine alle indiscrezioni di fonte democristiana, nelle ultime settimane d’ottobre Leone avrebbe cercato di assicurarsi che anche a Mauro fosse garantita l’immunità se mai finisse sotto processo. E come? Facendo in modo che il professorino riesca nelle liste democristiane nelle prossime elezioni. E Leone scambierebbe questo favore col lasciar libera la sua poltrona dorata prima del semestre bianco”. Cederna arrivò a descrivere il Quirinale, inteso come palazzo, come un luogo ‘ocuro’ nel quale succedeva di tutto e per queste parole fu condannata, il libro sequestrato, Leone del tutto ‘prosciolto’ dalle supposizioni. Ma nessuno si sognò mai di dire alla giornalista: “Il presidente è ingiudicabile” e l’inquilino del Colle, comunque si dimise prima della fine del mandato.

A Cossiga, Gronchi, Segni e Leone è toccato un trattamento ben più duro delle critiche espresse nei confronti di Napolitano non solo da Di Pietro, ma da molti cittadini senza nome.

Da dove nasce, allora, la leggenda in base alla quale la critica al ruolo istituzionale del Presidente sono inaccettabili?

Infine, in soccorso di Napolitano è arrivato anche un altro ex presidente, Oscar Luigi Scalfaro. In una intervista a ‘Il Corriere della Sera’ ha detto: “Quanti sono gli elettori del Pdl in Lazio e Lombardia? Qualche milione, no? Ora mi spieghi che cosa sarebbe successo se si fosse votato senza la lista del partito di maggioranza. Sarebbe stato eletto un organismo che non avrebbe rappresentato la realtà e che, nonostante ciò, avrebbe dovuto amministrare le due regioni senza rispecchiare davvero la società. Esponendosi per cinque anni ad agitazioni, turbative, rifiuti d’obbedienza e quant’altro. Una follia”.

Anche i questo caso la mistificazione è palese. Cosa dovrebbero dire i milioni di elettori dei Verdi, di Rifondazione Comunista, dei Comunisti italiani, della Destra che con lo ’sbarramento’ nato in una notte sono stati cancellati dal Parlamento e i loro voti sono stati ritenuti inutili?

Un Paese nel quale tutto è trasformabile a seconda dei casi assomiglia più ad un mercato che ad una democrazia.

Il Pdl, Formigoni a Milano, Polverini a Roma hanno commesso degli errori e per questo le loro liste erano inaccettabili. Nessuna negazione del diritto di voto quindi, ma il pieno rispetto delle regole ha determinato il problema, che è stato risolto con una violazione delle regole al quale si è prestato il Capo dello Stato.

Per questo il ruolo di garanzia del presidente della Repubblica non è stato ritenuto tale da una parte del Paese ed appare singolare negare questo aspetto.

Tuttavia, nell’Italia contemporanea non solo è scomparsa la libertà di critica, ma il buon senso sembra essere stato relegato in cantina. Altrimenti chi mai avrebbe potuto pensare al ‘decreto salva liste’. E Berlusconi non è il solo responsabile di questa follia.

Fonte:IlPuntoRosso
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Chi afferma che un presidente è ‘non criticabile’ mente. Quando l’Italia era un Paese normale nessuno si stupiva.

I politici italiani sono ormai in larga misura dei mistificatori. Ed alcuni anche smemorati. Dopo la firma del decreto ’salva liste’ (del Pdl) da alcuni settori dell’opposizione si sono levate urla a difesa di Napolitano, che per i suoi ‘difensori’ avrebbe fatto solo il suo dovere. Le interpretazioni sul ruolo del presidente della Repubblica sono materia complessa, perchè ognuno degli uomini eletti a quella carica ha svolto il mandato con differente spirito, alcuni manifestando un forte protagonismo, altri ritagliandosi un ruolo meno marcato. Si pensi solo alle presidenze di Pertini, Cossiga o Scalfaro, per ricordare alcuni tra gli inquilini del Colle più ‘eccentrici’.

Tra i censori dei ‘critici’ ieri si è distinto Luciano Violante. L’ex presidente della Camera ritiene che il Capo dello Stato abbia “ha agito nel pieno dei suoi poteri. Per questo motivo le dichiarazioni di Di Pietro sono fuori da ogni ragionevolezza. Di Pietro a volte parla a vanvera”. Poi ha aggiunto: “Il Presidente della Repubblica non si approva, nè disapprova, si rispetta e basta. La via scelta dal governo è, a mio avviso sbagliata, ma non parteciperei mai a una manifestazione contro il Capo dello Stato”.

Proprio Violante, nel 1993 quando era parlamentare, insieme ad Ugo Pecchioli, Marco Pannella, Nando Dalla Chiesa, Giovanni Russo Spena, Sergio Garavini, Lucio Libertini, Lucio Magri, Leoluca Orlando e Diego Novelli, chiese di mettere in stato di accusa l’allora presidente della Repubblica, Francesco Cossiga, che lo ripagò del gesto dicendo di lui: “E’ un piccolo Viscinski (l’ inquisitore dei processi staliniani, ndr)”. Che il ‘Picconatore’ avesse ragione?

Ma gli strali contro i presidenti sono stati ‘normali’ fino a qualche anno fa.

Il giornalista Indro Montanelli scrisse di Giovanni Gronchi, terzo presidente della Repubblica: “Gronchi che, come Principe della partitocrazia può essere preso a modello, quando andava a inaugurare uno stabilimento e nel salone di rappresentanza vedeva un quadro d’autore, si guardava bene dall’esigerlo. Faceva solo sapere all’anfitrione, attraverso qualche intermediario, che lo aveva molto ammirato. L’anfitrione poteva benissimo non capire. Invece capiva, anzi era felice di capire e di agire di conseguenza: tanto spontaneo e naturale è da noi l’ex-voto non solo per grazia ricevuta, ma anche per quella da ricevere”.

Eugenio Scalfari, descrivendo il generale de Lorenzo, famoso organizzatore di colpi di stato negli anni ’60, sostenne: “Utilizzò ai fini del complotto il Sifar guidato dal suo pupillo generale Allavena e il Comando generale dei carabinieri con la sola eccezione del vicecomandante, generale Manes, il quale fu ostracizzato e tenuto all’oscuro dei piani predisposti e, quando ne ebbe sentore, li denunciò pubblicamente. Le predisposizioni, attivate con lo stimolo costante dell’allora Capo dello Stato Antonio Segni, sfociarono nel famoso “Piano Solo” che prevedeva l’enucleazione di centinaia di comunisti, socialisti, sindacalisti, democratici, il loro trasporto in Sardegna, la requisizione di navi e aerei per la bisogna, l’occupazione dei principali palazzi pubblici a cominciare dalla televisione”. Antonio Segni è stato il quarto presidente della Repubblica.

Camilla Cederna che condusse una lunga battaglia contro Giovanni Leone, sesto presidente, in un suo libro affermò tra le tante cose in merito ad un colossale scandalo degli anni settanta: “Con tutta probabilità la magistratura brasiliana manderà indietro Ovidio Lefèbvre, e che, una volta tornato a casa con le manette ai polsi, egli farà il nome dei politici che hanno preso le tangenti, racconterà quale parte ha avuto nello “sporco affare” il suo potente e distinto fratello, e, se ci son dubbi sul presidente, chi sa che non li spiattelli. Poi il lungo colloquio cui il giudice costituzionale Giulio Gionfrida ha sottoposto Mauro Leone. Ché se per caso risultasse qualche responsabilità del giovane ambizioso nella nota vicenda o in quella dei “traghetti d’oro”, potrebbe anche essere arrestato. E ancora lo scandaletto dell’Hostess club, con le sue ragazze, tra le piu esperte, invitate in Quirinale a girare film’etti di cui non si è piu trovata traccia. (Dopo due mesi il fascicolo sull’organizzazione delle accompagnatrici-squillo è scomparso.) Inoltre la campagna autunnale del Manifesto su Leone che medita di dimettersi: notizia che il quotidiano dice d’aver ricevuto da “Gola profonda”. (Riferimento all’informatore del caso Watergate che fece dimettere Nixon; e che da noi può essere identificato in Flaminio Piccoli, presidente dei deputati dc.) Già una volta, durante la crisi Lockheed, insieme a Giuseppe Bartolomei, capo dei senatori dc, Piccoli aveva chiesto a Leone di dimettersi. E Leone aveva messo alla porta tutti e due. Stando infine alle indiscrezioni di fonte democristiana, nelle ultime settimane d’ottobre Leone avrebbe cercato di assicurarsi che anche a Mauro fosse garantita l’immunità se mai finisse sotto processo. E come? Facendo in modo che il professorino riesca nelle liste democristiane nelle prossime elezioni. E Leone scambierebbe questo favore col lasciar libera la sua poltrona dorata prima del semestre bianco”. Cederna arrivò a descrivere il Quirinale, inteso come palazzo, come un luogo ‘ocuro’ nel quale succedeva di tutto e per queste parole fu condannata, il libro sequestrato, Leone del tutto ‘prosciolto’ dalle supposizioni. Ma nessuno si sognò mai di dire alla giornalista: “Il presidente è ingiudicabile” e l’inquilino del Colle, comunque si dimise prima della fine del mandato.

A Cossiga, Gronchi, Segni e Leone è toccato un trattamento ben più duro delle critiche espresse nei confronti di Napolitano non solo da Di Pietro, ma da molti cittadini senza nome.

Da dove nasce, allora, la leggenda in base alla quale la critica al ruolo istituzionale del Presidente sono inaccettabili?

Infine, in soccorso di Napolitano è arrivato anche un altro ex presidente, Oscar Luigi Scalfaro. In una intervista a ‘Il Corriere della Sera’ ha detto: “Quanti sono gli elettori del Pdl in Lazio e Lombardia? Qualche milione, no? Ora mi spieghi che cosa sarebbe successo se si fosse votato senza la lista del partito di maggioranza. Sarebbe stato eletto un organismo che non avrebbe rappresentato la realtà e che, nonostante ciò, avrebbe dovuto amministrare le due regioni senza rispecchiare davvero la società. Esponendosi per cinque anni ad agitazioni, turbative, rifiuti d’obbedienza e quant’altro. Una follia”.

Anche i questo caso la mistificazione è palese. Cosa dovrebbero dire i milioni di elettori dei Verdi, di Rifondazione Comunista, dei Comunisti italiani, della Destra che con lo ’sbarramento’ nato in una notte sono stati cancellati dal Parlamento e i loro voti sono stati ritenuti inutili?

Un Paese nel quale tutto è trasformabile a seconda dei casi assomiglia più ad un mercato che ad una democrazia.

Il Pdl, Formigoni a Milano, Polverini a Roma hanno commesso degli errori e per questo le loro liste erano inaccettabili. Nessuna negazione del diritto di voto quindi, ma il pieno rispetto delle regole ha determinato il problema, che è stato risolto con una violazione delle regole al quale si è prestato il Capo dello Stato.

Per questo il ruolo di garanzia del presidente della Repubblica non è stato ritenuto tale da una parte del Paese ed appare singolare negare questo aspetto.

Tuttavia, nell’Italia contemporanea non solo è scomparsa la libertà di critica, ma il buon senso sembra essere stato relegato in cantina. Altrimenti chi mai avrebbe potuto pensare al ‘decreto salva liste’. E Berlusconi non è il solo responsabile di questa follia.

Fonte:IlPuntoRosso
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