- di Emilio Carnevali -
Il ridicolo di cui si è coperta la macchina organizzativa del Pdl è forse peggiore degli scandali che hanno coinvolto gli uomini vicini al premier nelle ultime settimane, perché mette in discussione uno dei miti fondativi dell’epopea berlusconiana: quello dell’efficienza.
I guai nei quali si è cacciata la maggioranza di centrodestra con la presentazione delle liste, al di là dell’esito “tecnico” che le vicende lombarde e laziali potranno avere nel corso delle prossime ore, rischiano di costituire un grattacapo non di poco conto per Silvio Berlusconi, e non solo per le conseguenze immediate sulla procedura di voto alle prossime elezioni regionali.
Molto più del panorama di corruzione e meschinità “gelatinosa” emerso dai recenti scandali che hanno coinvolto il suo entourage politico-affaristico - sui quali la reazione dell’opinione pubblica sembra essere dettata più che altro da un sentimento di fatalistica e qualunquistica rassegnazione nei confronti di un fenomeno pur deprecato dalla maggioranza dei cittadini (vedi l’analisi di Ilvo Diamanti su La Repubblica del 1 marzo) – i pasticci in sede di presentazione delle liste vanno a compromettere uno dei miti fondanti del berlusconismo: quello dell’efficienza.
L’accusa di essere dei “dilettanti allo sbaraglio” – per riprendere l’espressione rivolta da Umberto Bossi ai propri alleati – è per i pidiellini un’offesa probabilmente molto più grave di quella di essere dei corrotti (o, usando il linguaggio del loro capo, dei “birbantelli”).
In un saggio pubblicato recentemente Umberto Galimberti offre una rassegna assai suggestiva de “I miti del nostro tempo” (la giovinezza, la moda, il potere, la tecnica, il mercato, ecc.): “A differenza delle idee che pensiamo”, scrive Galimberti, “i miti sono idee che ci possiedono e ci governano con mezzi che non sono logici, ma psicologici, e quindi radicati nel fondo della nostra anima, dove anche la luce della ragione fatica a far giungere il suo raggio”.
Berlusconi è un leader che ha fatto della sua persona, del suo stesso corpo, un vero e proprio “santuario ideologico” del proprio tempo. Basta osservare il suo viso trasfigurato dai lifting e dalle tinture per intravedere quel “mito dell’eterna giovinezza che interpreta ogni segno di declino, se non come anticamera dell’esclusione sociale, certo dell’avvisaglia di un progressivo disinteresse da parte degli altri nei nostri confronti”.
La capacità di connettersi con l’inconscio collettivo della nostra società – se non di contribuire a crearlo, con l’opera svolta negli anni dalle sue tivù commerciali e dai modelli sociali da esse veicolati – è stata da sempre il punto di forza del Berlusconi leader politico. Come nessun altro ha saputo accarezzare dal verso giusto il pelo della Storia (ma forse sarebbe più opportuno parlare di Cronaca, ricordando le pagine di Gramsci su quella piccola borghesia “fondamentalmente incapace a svolgere un qualsiasi compito storico”).
Ecco allora che il ridicolo di cui si è coperta la macchina organizzativa del Pdl è tanto più pericoloso – dal punto di vista del premier - quanto più contribuisce a incrinare il “mito dell’efficienza” su cui l’epopea berlusconiana si è costruita e continua a mietere i propri consensi. La determinazione con cui il presidente del Consiglio, da “uomo del fare”, ha difeso il simbolo vivente del suo “governo del fare”, Guido Bertolaso, il “risanatore di Napoli”, l’“eroe della ricostruzione” in Abruzzo, affonda qui le proprie radici.
Sul fronte Protezione Civile la strategia berlusconiana (assecondata da valide truppe di complemento come il Tg1 del fido Minzolini) sembra aver ottenuto ottimi risultati, dal momento che Bertolaso e il suo operato sembrano ancora riscuotere consensi elevatissimi fra i cittadini italiani, in maniera assolutamente trasversale agli schieramenti politici (vedi la già citata analisi di Diamanti).
Sulla vicenda tragicomica delle liste, invece, il centrodestra appare in grande difficoltà. E nei momenti di preoccupazione, come sa ognuno di noi, se i nervi non sono saldi la prima cosa a venire meno è la lucidità. Ne vedremo delle belle.
Fonte:Temi La Repubblica
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Il ridicolo di cui si è coperta la macchina organizzativa del Pdl è forse peggiore degli scandali che hanno coinvolto gli uomini vicini al premier nelle ultime settimane, perché mette in discussione uno dei miti fondativi dell’epopea berlusconiana: quello dell’efficienza.
I guai nei quali si è cacciata la maggioranza di centrodestra con la presentazione delle liste, al di là dell’esito “tecnico” che le vicende lombarde e laziali potranno avere nel corso delle prossime ore, rischiano di costituire un grattacapo non di poco conto per Silvio Berlusconi, e non solo per le conseguenze immediate sulla procedura di voto alle prossime elezioni regionali.
Molto più del panorama di corruzione e meschinità “gelatinosa” emerso dai recenti scandali che hanno coinvolto il suo entourage politico-affaristico - sui quali la reazione dell’opinione pubblica sembra essere dettata più che altro da un sentimento di fatalistica e qualunquistica rassegnazione nei confronti di un fenomeno pur deprecato dalla maggioranza dei cittadini (vedi l’analisi di Ilvo Diamanti su La Repubblica del 1 marzo) – i pasticci in sede di presentazione delle liste vanno a compromettere uno dei miti fondanti del berlusconismo: quello dell’efficienza.
L’accusa di essere dei “dilettanti allo sbaraglio” – per riprendere l’espressione rivolta da Umberto Bossi ai propri alleati – è per i pidiellini un’offesa probabilmente molto più grave di quella di essere dei corrotti (o, usando il linguaggio del loro capo, dei “birbantelli”).
In un saggio pubblicato recentemente Umberto Galimberti offre una rassegna assai suggestiva de “I miti del nostro tempo” (la giovinezza, la moda, il potere, la tecnica, il mercato, ecc.): “A differenza delle idee che pensiamo”, scrive Galimberti, “i miti sono idee che ci possiedono e ci governano con mezzi che non sono logici, ma psicologici, e quindi radicati nel fondo della nostra anima, dove anche la luce della ragione fatica a far giungere il suo raggio”.
Berlusconi è un leader che ha fatto della sua persona, del suo stesso corpo, un vero e proprio “santuario ideologico” del proprio tempo. Basta osservare il suo viso trasfigurato dai lifting e dalle tinture per intravedere quel “mito dell’eterna giovinezza che interpreta ogni segno di declino, se non come anticamera dell’esclusione sociale, certo dell’avvisaglia di un progressivo disinteresse da parte degli altri nei nostri confronti”.
La capacità di connettersi con l’inconscio collettivo della nostra società – se non di contribuire a crearlo, con l’opera svolta negli anni dalle sue tivù commerciali e dai modelli sociali da esse veicolati – è stata da sempre il punto di forza del Berlusconi leader politico. Come nessun altro ha saputo accarezzare dal verso giusto il pelo della Storia (ma forse sarebbe più opportuno parlare di Cronaca, ricordando le pagine di Gramsci su quella piccola borghesia “fondamentalmente incapace a svolgere un qualsiasi compito storico”).
Ecco allora che il ridicolo di cui si è coperta la macchina organizzativa del Pdl è tanto più pericoloso – dal punto di vista del premier - quanto più contribuisce a incrinare il “mito dell’efficienza” su cui l’epopea berlusconiana si è costruita e continua a mietere i propri consensi. La determinazione con cui il presidente del Consiglio, da “uomo del fare”, ha difeso il simbolo vivente del suo “governo del fare”, Guido Bertolaso, il “risanatore di Napoli”, l’“eroe della ricostruzione” in Abruzzo, affonda qui le proprie radici.
Sul fronte Protezione Civile la strategia berlusconiana (assecondata da valide truppe di complemento come il Tg1 del fido Minzolini) sembra aver ottenuto ottimi risultati, dal momento che Bertolaso e il suo operato sembrano ancora riscuotere consensi elevatissimi fra i cittadini italiani, in maniera assolutamente trasversale agli schieramenti politici (vedi la già citata analisi di Diamanti).
Sulla vicenda tragicomica delle liste, invece, il centrodestra appare in grande difficoltà. E nei momenti di preoccupazione, come sa ognuno di noi, se i nervi non sono saldi la prima cosa a venire meno è la lucidità. Ne vedremo delle belle.
Fonte:Temi La Repubblica
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