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Armi nucleari Usa in Italia: che fare?
Di Natalino Ronzitti , professore ordinario di Diritto Internazionale nella Facoltà di Giurisprudenza dell’Università Luiss “Guido Carli” di Roma e consigliere scientifico dell’Istituto Affari Internazionali.
Recentemente si è riacceso il dibattito sulle armi nucleari in Europa, peraltro mai sopito. Esso è stato preceduto dal proposito annunciato, lo scorso anno a Praga, dal Presidente Obama di pervenire a un mondo senza armi nucleari, cui ha fatto seguito l’approvazione da parte del Consiglio di Sicurezza dell’Onu di un’apposita risoluzione (n.1887 del 2009). Imminente è poi la Conferenza di riesame del Trattato di non proliferazione (Tnp), che avrà luogo il prossimo maggio.
In questo fervore di iniziative si colloca sullo sfondo, ma non tanto, la proposta del governo di coalizione tedesca di rimuovere le armi atomiche attualmente esistenti in Germania. Ad assumere la leadership per l’eliminazione delle armi nucleari in Europa sono poi stati i paesi del Benelux, primo fra tutti il Belgio, sostenuti dalla Norvegia, che tuttavia non ospita armi nucleari sul suo territorio.
Italia a rischio isolamento
Secondo gli analisti esistono attualmente circa 200 armi nucleari tattiche americane in Europa. Francia e Regno Unito hanno il loro autonomo deterrente nucleare. Le armi nucleari americane sono stazionate in cinque paesi Nato: Belgio, Germania, Italia (che a quanto pare ne avrebbe un numero cospicuo nelle due basi di Aviano e Ghedi Torre), Olanda e Turchia.
Il dibattito sul destino del deterrente nucleare americano è particolarmente vivace in Belgio, Olanda e Germania, mentre è quasi completamente assente in Italia, dove il governo non ha ancora preso posizione, neppure in vista della Conferenza di riesame del Tnp. Evidentemente l’Italia non vuole scoprire le carte prima che la questione nucleare sia stata affrontata e decisa con gli alleati. Ma così rischia di rimanere isolata sulla scena europea e si preclude la possibilità di influenzare il dibattito in corso. L’unico paese ad aver assunto la stessa posizione dell’Italia fino ad ora è la Turchia, che in quanto vicina dell’Iran, ha interessi strategici diversi da quelli dell’Italia.
Deterrenza di nuova generazione
La posizione tedesca è stata aspramente criticata (e sbeffeggiata) da Lord Robertson, già ministro britannico degli affari esteri e segretario generale della Nato, che preferirebbe un dibattito tra esperti e diplomatici, piuttosto che una discussione pubblica. Secondo Robertson, la Germania vorrebbe restare sotto l’ombrello nucleare americano e trasferire ad altri paesi europei le armi atomiche americane presenti nel suo territorio. In realtà il governo di coalizione tedesco, segnatamente il suo ministro degli esteri liberale, Guido Westervelle, hanno ipotizzato uno scenario diverso, che prefigura, contestualmente alla graduale rimozione di armi nucleari non strategiche dal territorio europeo, l’avvio di un’incisiva iniziativa negoziale nei confronti della Russia affinché riduca significativamente il numero delle sue armi nucleari.
La deterrenza ha giocato un ruolo insostituibile durante tutto l’arco della Guerra fredda, e ha assicurato la sopravvivenza delle democrazie in Europa occidentale. Ma tale epoca è tramontata. Oggi le domande principali sono due:
- La deterrenza può essere assicurata solo dall’arma nucleare, oppure si può far affidamento sui nuovi ordigni convenzionali (prompt global strike), attualmente allo studio negli Stati Uniti, evitando il rischio di far scattare un conflitto nucleare?
- Le armi nucleari tattiche attualmente schierate in Europa non assicurano la deterrenza, poiché sono completamente superate e i tempi di reazione sono troppo lunghi: si sostituiscono con ordigni moderni ed efficienti o si eliminano?
Questioni aperte
Gli Stati Uniti sono impegnati a definire la nuova nuclear posture review e la Nato il nuovo concetto strategico. Nel dibattito sarebbe opportuno che rientrassero anche due questioni centrali: se adottare per le armi nucleari una politica di “no first use”, opzione finora avversata dagli Stati Uniti; e se sia lecito o meno reagire con armi nucleari ad un eventuale attacco chimico o biologico. Ma contro chi? Contro un gruppo terroristico? In questo caso le armi nucleari non costituiscono un deterrente, e colpire un attore non statale con armi nucleari significherebbe provocare una catastrofe.
Piuttosto vale la pena evocare nel dibattito alcuni argomenti che sono generalmente trascurati.
Il primo riguarda le garanzie di sicurezza negative, cioè l’obbligo di non usare l’arma nucleare contro uno Stato non nucleare membro del Tnp. Tali garanzie vengono meno, qualora l’attacco, anche se convenzionale, sia sferrato in associazione con uno Stato nucleare. È il caso di riconsiderarle?
Il secondo riguarda l’obbligo di uno stato non nucleare, membro del Tnp, di non possedere o ricevere armi nucleari. Per aggirare l’ostacolo è stato escogitato il sistema della doppia chiave. L’ordigno nucleare può essere impiegato dallo Stato nucleare, purché non vi sia l’opposizione dello Stato non nucleare sul cui territorio le armi sono stanziate. Ma siamo sicuri che questo sistema non finisca per tradire lo scopo e l’oggetto del Tnp, specialmente quando le armi atomiche potrebbero essere usate solo se imbarcate su tornado italiani, come accade per quelle presenti nella base di Aviano?
Il terzo punto da discutere riguarda l’applicazione del diritto internazionale umanitario. La Corte internazionale di giustizia, nel parere del 1996 sulle armi nucleari, ha affermato che il loro uso è contrario al diritto internazionale umanitario. L’Italia ha ratificato tutti i più importanti strumenti di diritto umanitario, ma, avendo sul proprio suolo armi nucleari, è stata costretta a effettuare una dichiarazione secondo cui il protocollo addizionale alle Convenzioni di Ginevra non si applica alle armi nucleari. La dichiarazione dovrebbe essere revocata: si darebbe così anche un contributo alla prossima Conferenza di riesame del Tnp.
Sciogliere il nodo gordiano
In conclusione le armi nucleari tattiche che stazionano sul territorio italiano sono inutili e l’Italia dovrebbe unirsi alla Germania e agli altri paesi continentali che ne chiedono una rimozione, tranne che non voglia invece chiederne un ammodernamento. Questa seconda opzione, oltre che controcorrente, non sarebbe in sintonia con alcuni recenti atti della politica estera italiana, come il Trattato italo-libico del 2008, che all’art. 21 impegna i due paesi a fare del Mediterraneo una regione priva di armi di distruzione di massa. Non si può, in ogni caso, rimanere inerti in attesa che il nodo gordiano sia sciolto da altri. La rimozione delle armi nucleari tattiche, quantunque di scarso valore negoziale, dovrebbe andare di pari passo con l’apertura di una trattativa con la Russia per la riduzione delle sue armi nucleari di teatro.
È immaginabile lo scenario di un’Europa priva di deterrenza e in balia di un potenziale aggressore? Restano le garanzie Nato, ma occorre anche pensare alle prospettive aperte dal Trattato di Lisbona e al fatto che due membri Ue - Francia e Gran Bretagna - sono dotati di armi nucleari che stazionano sui loro territori. Il Trattato di Lisbona ha trasformato la solidarietà tra i paesi membri in un patto di difesa collettiva, con l’obbligo di venire in soccorso dello stato aggredito. Quale ruolo potrebbe giocare il deterrente anglo-francese a protezione degli Stati europei? È un argomento di cui si dovrebbe quanto meno cominciare a discutere.
Fonte:AffarInternazionali
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Di Natalino Ronzitti , professore ordinario di Diritto Internazionale nella Facoltà di Giurisprudenza dell’Università Luiss “Guido Carli” di Roma e consigliere scientifico dell’Istituto Affari Internazionali.
Recentemente si è riacceso il dibattito sulle armi nucleari in Europa, peraltro mai sopito. Esso è stato preceduto dal proposito annunciato, lo scorso anno a Praga, dal Presidente Obama di pervenire a un mondo senza armi nucleari, cui ha fatto seguito l’approvazione da parte del Consiglio di Sicurezza dell’Onu di un’apposita risoluzione (n.1887 del 2009). Imminente è poi la Conferenza di riesame del Trattato di non proliferazione (Tnp), che avrà luogo il prossimo maggio.
In questo fervore di iniziative si colloca sullo sfondo, ma non tanto, la proposta del governo di coalizione tedesca di rimuovere le armi atomiche attualmente esistenti in Germania. Ad assumere la leadership per l’eliminazione delle armi nucleari in Europa sono poi stati i paesi del Benelux, primo fra tutti il Belgio, sostenuti dalla Norvegia, che tuttavia non ospita armi nucleari sul suo territorio.
Italia a rischio isolamento
Secondo gli analisti esistono attualmente circa 200 armi nucleari tattiche americane in Europa. Francia e Regno Unito hanno il loro autonomo deterrente nucleare. Le armi nucleari americane sono stazionate in cinque paesi Nato: Belgio, Germania, Italia (che a quanto pare ne avrebbe un numero cospicuo nelle due basi di Aviano e Ghedi Torre), Olanda e Turchia.
Il dibattito sul destino del deterrente nucleare americano è particolarmente vivace in Belgio, Olanda e Germania, mentre è quasi completamente assente in Italia, dove il governo non ha ancora preso posizione, neppure in vista della Conferenza di riesame del Tnp. Evidentemente l’Italia non vuole scoprire le carte prima che la questione nucleare sia stata affrontata e decisa con gli alleati. Ma così rischia di rimanere isolata sulla scena europea e si preclude la possibilità di influenzare il dibattito in corso. L’unico paese ad aver assunto la stessa posizione dell’Italia fino ad ora è la Turchia, che in quanto vicina dell’Iran, ha interessi strategici diversi da quelli dell’Italia.
Deterrenza di nuova generazione
La posizione tedesca è stata aspramente criticata (e sbeffeggiata) da Lord Robertson, già ministro britannico degli affari esteri e segretario generale della Nato, che preferirebbe un dibattito tra esperti e diplomatici, piuttosto che una discussione pubblica. Secondo Robertson, la Germania vorrebbe restare sotto l’ombrello nucleare americano e trasferire ad altri paesi europei le armi atomiche americane presenti nel suo territorio. In realtà il governo di coalizione tedesco, segnatamente il suo ministro degli esteri liberale, Guido Westervelle, hanno ipotizzato uno scenario diverso, che prefigura, contestualmente alla graduale rimozione di armi nucleari non strategiche dal territorio europeo, l’avvio di un’incisiva iniziativa negoziale nei confronti della Russia affinché riduca significativamente il numero delle sue armi nucleari.
La deterrenza ha giocato un ruolo insostituibile durante tutto l’arco della Guerra fredda, e ha assicurato la sopravvivenza delle democrazie in Europa occidentale. Ma tale epoca è tramontata. Oggi le domande principali sono due:
- La deterrenza può essere assicurata solo dall’arma nucleare, oppure si può far affidamento sui nuovi ordigni convenzionali (prompt global strike), attualmente allo studio negli Stati Uniti, evitando il rischio di far scattare un conflitto nucleare?
- Le armi nucleari tattiche attualmente schierate in Europa non assicurano la deterrenza, poiché sono completamente superate e i tempi di reazione sono troppo lunghi: si sostituiscono con ordigni moderni ed efficienti o si eliminano?
Questioni aperte
Gli Stati Uniti sono impegnati a definire la nuova nuclear posture review e la Nato il nuovo concetto strategico. Nel dibattito sarebbe opportuno che rientrassero anche due questioni centrali: se adottare per le armi nucleari una politica di “no first use”, opzione finora avversata dagli Stati Uniti; e se sia lecito o meno reagire con armi nucleari ad un eventuale attacco chimico o biologico. Ma contro chi? Contro un gruppo terroristico? In questo caso le armi nucleari non costituiscono un deterrente, e colpire un attore non statale con armi nucleari significherebbe provocare una catastrofe.
Piuttosto vale la pena evocare nel dibattito alcuni argomenti che sono generalmente trascurati.
Il primo riguarda le garanzie di sicurezza negative, cioè l’obbligo di non usare l’arma nucleare contro uno Stato non nucleare membro del Tnp. Tali garanzie vengono meno, qualora l’attacco, anche se convenzionale, sia sferrato in associazione con uno Stato nucleare. È il caso di riconsiderarle?
Il secondo riguarda l’obbligo di uno stato non nucleare, membro del Tnp, di non possedere o ricevere armi nucleari. Per aggirare l’ostacolo è stato escogitato il sistema della doppia chiave. L’ordigno nucleare può essere impiegato dallo Stato nucleare, purché non vi sia l’opposizione dello Stato non nucleare sul cui territorio le armi sono stanziate. Ma siamo sicuri che questo sistema non finisca per tradire lo scopo e l’oggetto del Tnp, specialmente quando le armi atomiche potrebbero essere usate solo se imbarcate su tornado italiani, come accade per quelle presenti nella base di Aviano?
Il terzo punto da discutere riguarda l’applicazione del diritto internazionale umanitario. La Corte internazionale di giustizia, nel parere del 1996 sulle armi nucleari, ha affermato che il loro uso è contrario al diritto internazionale umanitario. L’Italia ha ratificato tutti i più importanti strumenti di diritto umanitario, ma, avendo sul proprio suolo armi nucleari, è stata costretta a effettuare una dichiarazione secondo cui il protocollo addizionale alle Convenzioni di Ginevra non si applica alle armi nucleari. La dichiarazione dovrebbe essere revocata: si darebbe così anche un contributo alla prossima Conferenza di riesame del Tnp.
Sciogliere il nodo gordiano
In conclusione le armi nucleari tattiche che stazionano sul territorio italiano sono inutili e l’Italia dovrebbe unirsi alla Germania e agli altri paesi continentali che ne chiedono una rimozione, tranne che non voglia invece chiederne un ammodernamento. Questa seconda opzione, oltre che controcorrente, non sarebbe in sintonia con alcuni recenti atti della politica estera italiana, come il Trattato italo-libico del 2008, che all’art. 21 impegna i due paesi a fare del Mediterraneo una regione priva di armi di distruzione di massa. Non si può, in ogni caso, rimanere inerti in attesa che il nodo gordiano sia sciolto da altri. La rimozione delle armi nucleari tattiche, quantunque di scarso valore negoziale, dovrebbe andare di pari passo con l’apertura di una trattativa con la Russia per la riduzione delle sue armi nucleari di teatro.
È immaginabile lo scenario di un’Europa priva di deterrenza e in balia di un potenziale aggressore? Restano le garanzie Nato, ma occorre anche pensare alle prospettive aperte dal Trattato di Lisbona e al fatto che due membri Ue - Francia e Gran Bretagna - sono dotati di armi nucleari che stazionano sui loro territori. Il Trattato di Lisbona ha trasformato la solidarietà tra i paesi membri in un patto di difesa collettiva, con l’obbligo di venire in soccorso dello stato aggredito. Quale ruolo potrebbe giocare il deterrente anglo-francese a protezione degli Stati europei? È un argomento di cui si dovrebbe quanto meno cominciare a discutere.
Fonte:AffarInternazionali
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