di Alessandro Ambrosin ROMA - Dopo 23 anni di distanza dal referendum sul quale gli italiani decisero di abolire il nucleare, oggi l'incubo è ritornato. Proprio questa mattina, infatti, il Consiglio dei Ministri ha approvato in via definitiva il decreto legislativo che "individua il percorso da seguire per riavviare il nucleare e che porterà a cominciare i primi lavori nei cantieri nel 2013 e la produzione di energia elettronucleare al 2020, consentendo una maggior sicurezza degli approvvigionamenti energetici, una minore dipendenza dalle importazioni e prezzi allineati a quelli europei".
Immediata la reazione del Presidente della Conferenza delle Regioni che parla di incoerenza istituzionale e dell'opposizione che definisce vergognoso il provvedimento del governo.
Nuovo referendum all'orizzonte
Secondo quanto dichiarato dal ministro dello Sviluppo economico Claudio Scajola: "il provvedimento si caratterizza per la trasparenza ed il rispetto assoluto della sicurezza delle persone e dell'ambiente. Trasparenza vuol dire il coinvolgimento della popolazione e delle istituzioni in tutte le fasi decisionali, di cui verrà continuamente data evidenza." Strano a dirsi, visto che con questa mossa il governo ha di fatto cancellato il voto popolare espresso nel 1987, quando gli italiani, a larga maggioranza, chiesero l'abolizione dell'intervento statale nel caso in cui un Comune non avesse concesso un sito per l'apertura di una centrale nucleare nel suo territorio, l'abrogazione dei contributi statali per gli enti locali per la presenza sui loro territori di centrali nucleari e infine l'abrogazione della possibilità per l'Enel di partecipare all'estero alla costruzione di centrali nucleari.
Per questo il via libera di oggi ha sollevato un coro di critiche. E non è detto che il provvedimento possa scatenare in breve tempo una vera e propria protesta popolare che potrebbe attraversare tutta la penisola, in special modo in quelle zone dove si realizzeranno i nuovi impianti nucleari e avviare un secondo referendum, per il quale è già in corso la raccolta firme. Motivo per cui lo stesso Consiglio di Stato ha espresso un parere abbastanza critico ed ora si attende la decisione della Corte Costituzionale, alla quale le regioni contrarie al nucleare hanno presentato ricorso.
Il 53% degli italiani è contrario
D'altra parte dall'indagine dell'Istituto Nazionale di Ricerche Demopolis diffusa quest'oggi è emerso che il 53% degli italiani è contrario alla costruzione di una centrale nella propria regione. Anzi gli italiani hanno manifestato un certo interesse per le fonti alternative: l'81% sarebbe favorevole all'energia solare e il 59% all'eolico.
Insomma, una bella gatta da pelare, per questo governo che vuole imporre a colpi di decreto le proprie strategie e che ora dovrà fare i conti con un'opinione pubblica sempre più critica nelle scelte politiche dell'Esecutivo. Berlusconi, dal canto suo, per non tradire la sua demagogia populista, ha addirittura avuto la brillante idea di affermare che con il nucleare i prezzi delle bollette saranno più leggere.
Peccato dimentichi che gli italiani stanno ancora pagando le bollette elettriche che includono la tariffa per smaltire le vecchie scorie del nucleare, come ha precisato in una nota Ermete Realacci, responsabile green economy del Partito Democratico. "E ora di finirla con le bugie agli italiani, - ha ribadito l'esponente del PD - Berlusconi dica la verita' sul nucleare a cominciare da dove intende costruire le nuove centrali. I criteri di base per localizzare un sito sono noti a tutti, per primi ai soggetti interessati alla realizzazione degli impianti. Il Governo in realta' vuole superare le elezioni regionali, negando ai cittadini, la possibilita' di fare di questo un punto di valutazione dei candidati in lizza."
Ma c'è dell'altro da obbiettare nelle affermazioni del cavaliere, perchè sembra dimenticare che, ammesso l'iter nucleare non trovi ulteriori ostacoli, passeranno almeno quindici anni prima che una centrale possa entrare in funzione nella massima sicurezza.
Il decreto dell'incoerenza istituzionale
Durissima anche la critica del Presidente della Conferenza delle Regioni, Vasco Errani, che definisce inconcepibile la scelta del governo: ''Il via libera del Consiglio dei Ministri al decreto legislativo sui criteri per la localizzazione dei siti nucleari e' un fatto grave e con aspetti di incoerenza istituzionale''. E ancora "ci sono aspetti di natura istituzionale piuttosto preoccupanti" - ha ricordato Errani. - Il Governo ha unilateralmente deciso di licenziare il decreto legislativo anche in assenza di un parere della Conferenza Unificata. Tutto cio' senza la necessaria concertazione istituzionale. Mi domando poi quale siano state le ragioni di urgenza che hanno imposto tale iter visto che, come ha affermato il Governo stesso, i cantieri non potranno partire prima del 2013''.
Dello stesso avviso
Sergio Chiamparino, presidente dell'Anci: "Dopo tanti roboanti annunci la montagna sembra aver partorito un topolino" è stato il primo commento del sindaco di Torino che ha definito l'intervento del governo "una misura con cui si insegue l'annuncio a fini elettorali, senza alcuna chiarezza su tempi modalita' e tipologie circa la natura degli impianti che si dovrebbero realizzare. Per di piu', scaricando sulle Regioni e sugli Enti Locali e sulle aziende la responsabilita' della scelta dei siti, in tutta evidenza la questione dirimente". Anche l'Idv ha commentato negativamente l'approvazione del decreto. Per
Paolo Brutti, Responsabile nazionale Ambiente per l'Italia 'Il Governo con il suo decreto sul nucleare decapita le Regioni, la trasparenza, il mercato, il buon senso e la sicurezza degli italiani'.
I costi dell’uranio e la pericolosità delle scorie radioattive restano il nocciolo del problema. Le centrali operative in Italia dal 1960 al 1980 erano quattro: a Caorso, a Trino Vercellese, a Garigliano e a Latina. Qualche anno dopo fu costituita la Sogin, società per lo smaltimento delle centrali elettronucleari dimesse, in quanto le istituzioni non avevano preso seriamente in considerazione la gravità delle scorie radioattive. E ancora oggi ne stiamo pagando le conseguenze.
Fonte:
Dazebao.
di Alessandro Ambrosin ROMA - Dopo 23 anni di distanza dal referendum sul quale gli italiani decisero di abolire il nucleare, oggi l'incubo è ritornato. Proprio questa mattina, infatti, il Consiglio dei Ministri ha approvato in via definitiva il decreto legislativo che "individua il percorso da seguire per riavviare il nucleare e che porterà a cominciare i primi lavori nei cantieri nel 2013 e la produzione di energia elettronucleare al 2020, consentendo una maggior sicurezza degli approvvigionamenti energetici, una minore dipendenza dalle importazioni e prezzi allineati a quelli europei".
Immediata la reazione del Presidente della Conferenza delle Regioni che parla di incoerenza istituzionale e dell'opposizione che definisce vergognoso il provvedimento del governo.
Nuovo referendum all'orizzonte
Secondo quanto dichiarato dal ministro dello Sviluppo economico Claudio Scajola: "il provvedimento si caratterizza per la trasparenza ed il rispetto assoluto della sicurezza delle persone e dell'ambiente. Trasparenza vuol dire il coinvolgimento della popolazione e delle istituzioni in tutte le fasi decisionali, di cui verrà continuamente data evidenza." Strano a dirsi, visto che con questa mossa il governo ha di fatto cancellato il voto popolare espresso nel 1987, quando gli italiani, a larga maggioranza, chiesero l'abolizione dell'intervento statale nel caso in cui un Comune non avesse concesso un sito per l'apertura di una centrale nucleare nel suo territorio, l'abrogazione dei contributi statali per gli enti locali per la presenza sui loro territori di centrali nucleari e infine l'abrogazione della possibilità per l'Enel di partecipare all'estero alla costruzione di centrali nucleari.
Per questo il via libera di oggi ha sollevato un coro di critiche. E non è detto che il provvedimento possa scatenare in breve tempo una vera e propria protesta popolare che potrebbe attraversare tutta la penisola, in special modo in quelle zone dove si realizzeranno i nuovi impianti nucleari e avviare un secondo referendum, per il quale è già in corso la raccolta firme. Motivo per cui lo stesso Consiglio di Stato ha espresso un parere abbastanza critico ed ora si attende la decisione della Corte Costituzionale, alla quale le regioni contrarie al nucleare hanno presentato ricorso.
Il 53% degli italiani è contrario
D'altra parte dall'indagine dell'Istituto Nazionale di Ricerche Demopolis diffusa quest'oggi è emerso che il 53% degli italiani è contrario alla costruzione di una centrale nella propria regione. Anzi gli italiani hanno manifestato un certo interesse per le fonti alternative: l'81% sarebbe favorevole all'energia solare e il 59% all'eolico.
Insomma, una bella gatta da pelare, per questo governo che vuole imporre a colpi di decreto le proprie strategie e che ora dovrà fare i conti con un'opinione pubblica sempre più critica nelle scelte politiche dell'Esecutivo. Berlusconi, dal canto suo, per non tradire la sua demagogia populista, ha addirittura avuto la brillante idea di affermare che con il nucleare i prezzi delle bollette saranno più leggere.
Peccato dimentichi che gli italiani stanno ancora pagando le bollette elettriche che includono la tariffa per smaltire le vecchie scorie del nucleare, come ha precisato in una nota Ermete Realacci, responsabile green economy del Partito Democratico. "E ora di finirla con le bugie agli italiani, - ha ribadito l'esponente del PD - Berlusconi dica la verita' sul nucleare a cominciare da dove intende costruire le nuove centrali. I criteri di base per localizzare un sito sono noti a tutti, per primi ai soggetti interessati alla realizzazione degli impianti. Il Governo in realta' vuole superare le elezioni regionali, negando ai cittadini, la possibilita' di fare di questo un punto di valutazione dei candidati in lizza."
Ma c'è dell'altro da obbiettare nelle affermazioni del cavaliere, perchè sembra dimenticare che, ammesso l'iter nucleare non trovi ulteriori ostacoli, passeranno almeno quindici anni prima che una centrale possa entrare in funzione nella massima sicurezza.
Il decreto dell'incoerenza istituzionale
Durissima anche la critica del Presidente della Conferenza delle Regioni, Vasco Errani, che definisce inconcepibile la scelta del governo: ''Il via libera del Consiglio dei Ministri al decreto legislativo sui criteri per la localizzazione dei siti nucleari e' un fatto grave e con aspetti di incoerenza istituzionale''. E ancora "ci sono aspetti di natura istituzionale piuttosto preoccupanti" - ha ricordato Errani. - Il Governo ha unilateralmente deciso di licenziare il decreto legislativo anche in assenza di un parere della Conferenza Unificata. Tutto cio' senza la necessaria concertazione istituzionale. Mi domando poi quale siano state le ragioni di urgenza che hanno imposto tale iter visto che, come ha affermato il Governo stesso, i cantieri non potranno partire prima del 2013''.
Dello stesso avviso
Sergio Chiamparino, presidente dell'Anci: "Dopo tanti roboanti annunci la montagna sembra aver partorito un topolino" è stato il primo commento del sindaco di Torino che ha definito l'intervento del governo "una misura con cui si insegue l'annuncio a fini elettorali, senza alcuna chiarezza su tempi modalita' e tipologie circa la natura degli impianti che si dovrebbero realizzare. Per di piu', scaricando sulle Regioni e sugli Enti Locali e sulle aziende la responsabilita' della scelta dei siti, in tutta evidenza la questione dirimente". Anche l'Idv ha commentato negativamente l'approvazione del decreto. Per
Paolo Brutti, Responsabile nazionale Ambiente per l'Italia 'Il Governo con il suo decreto sul nucleare decapita le Regioni, la trasparenza, il mercato, il buon senso e la sicurezza degli italiani'.
I costi dell’uranio e la pericolosità delle scorie radioattive restano il nocciolo del problema. Le centrali operative in Italia dal 1960 al 1980 erano quattro: a Caorso, a Trino Vercellese, a Garigliano e a Latina. Qualche anno dopo fu costituita la Sogin, società per lo smaltimento delle centrali elettronucleari dimesse, in quanto le istituzioni non avevano preso seriamente in considerazione la gravità delle scorie radioattive. E ancora oggi ne stiamo pagando le conseguenze.
Fonte:
Dazebao.
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