martedì 23 febbraio 2010

E se Grecia e Italia tornassero alle rispettive monete nazionali?

Martin Feldstein, professore di Economics ad Harvard, ritiene che "L'unione economica e monetaria europea è doppiamente sbagliata. In primo luogo, essa forza paesi diversi a vivere con un unico tasso di interesse e tasso di cambio che non può essere adeguato per tutti i membri. In secondo luogo, combinando una moneta unica, indipendente, con politiche di bilancio nazionali, incoraggia la dissolutezza fiscale. La situazione in Grecia è una manifestazione di questi difetti. Se i leader politici europei, tuttavia, desiderano mantenere l'attuale sistema, permettendo un ripristino temporaneo del tasso di cambio per la Grecia cio' può essere l'opzione migliore". Questo e' quello che si legge fu FT (Financial Times).

Quello che segue e' un commento di Phastidio.net sulle conseguenze di un ritorno, per i paesi piu' deboli, alle monete nazionali.

Krugman - wiki freePaul Krugman, commentando il bizzarro suggerimento di Martin Feldstein (un temporaneo ritorno della Grecia alla dracma), segnala un post in cui Barry Eichengreen simula il tentativo di uscita dell’Italia dall’euro (un esempio a caso, of course). Eichengreen tenta di percorrere a ritroso la pianificazione che ha condotto dalla lira all’euro: la ridenominazione dei contratti, il cambio dei distributori automatici, la riprogrammazione dei computer, la distribuzione delle nuove banconote e monete metalliche in tutto il paese.

Fin qui per gli aspetti di ordine pratico, che sono o dovrebbero ovviamente essere preceduti da un ampio dibattito pubblico sulla reversibilità dell’adesione all’euro. Ma è al momento dell’implementazione di tali scelte che la catastrofe avverrebbe. Se prima dell’ingresso della lira nell’euro non vi era incertezza sul tasso di cambio, nel momento dell’eventuale ritorno al passato quella incertezza sarebbe massima: non sulla direzione bensì sulla magnitudine del movimento valutario. Scrive Eichengreen:

«Famiglie e imprese, anticipando la ridenominazione dei depositi sul mercato interno da euro a lire in via di deprezzamento, sposterebbero i loro depositi in altre banche dell’euro-area. Da ciò seguirebbe una corsa agli sportelli dell’intero sistema bancario nazionale. Gli investitori, anticipando la ridenominazione in lire dei loro crediti nei confronti del Governo italiano, si sposterebbero verso crediti di altri governi della zona, portando ad una crisi del mercato obbligazionario. Se il fattore scatenante fosse un dibattito parlamentare sull’abbandono della lira, sarebbe improbabile ottenere il soccorso della Bce come prestatore di ultima istanza. E un governo che si trovasse già in una posizione fiscale debole non sarebbe in grado di indebitarsi per salvare le banche e riacquistare il proprio debito. Questa sarebbe la madre di tutte le crisi finanziarie»

La sintesi del discorso è che la non reversibilità dell’adesione all’euro appare evidente in ipotesi di fuoriuscita finalizzata ad ottenere una svalutazione del cambio. Con buona pace dei nostalgici di casa nostra, che a intervalli regolari rimembrano sospirando i bei tempi andati.

Pubblicato in Phastidio.net, responsabile dei contenuti dell'articolo

Martin Feldstein è professore di economia ad Harvard e presidente emerito del National Bureau of Economic Research. Ha presieduto il Council of Economic Advisers durante la presidenza Reagan ed è un membro del Presidente Obama Economic Recovery Advisory Board.

Fonte:Borsaplus

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Martin Feldstein, professore di Economics ad Harvard, ritiene che "L'unione economica e monetaria europea è doppiamente sbagliata. In primo luogo, essa forza paesi diversi a vivere con un unico tasso di interesse e tasso di cambio che non può essere adeguato per tutti i membri. In secondo luogo, combinando una moneta unica, indipendente, con politiche di bilancio nazionali, incoraggia la dissolutezza fiscale. La situazione in Grecia è una manifestazione di questi difetti. Se i leader politici europei, tuttavia, desiderano mantenere l'attuale sistema, permettendo un ripristino temporaneo del tasso di cambio per la Grecia cio' può essere l'opzione migliore". Questo e' quello che si legge fu FT (Financial Times).

Quello che segue e' un commento di Phastidio.net sulle conseguenze di un ritorno, per i paesi piu' deboli, alle monete nazionali.

Krugman - wiki freePaul Krugman, commentando il bizzarro suggerimento di Martin Feldstein (un temporaneo ritorno della Grecia alla dracma), segnala un post in cui Barry Eichengreen simula il tentativo di uscita dell’Italia dall’euro (un esempio a caso, of course). Eichengreen tenta di percorrere a ritroso la pianificazione che ha condotto dalla lira all’euro: la ridenominazione dei contratti, il cambio dei distributori automatici, la riprogrammazione dei computer, la distribuzione delle nuove banconote e monete metalliche in tutto il paese.

Fin qui per gli aspetti di ordine pratico, che sono o dovrebbero ovviamente essere preceduti da un ampio dibattito pubblico sulla reversibilità dell’adesione all’euro. Ma è al momento dell’implementazione di tali scelte che la catastrofe avverrebbe. Se prima dell’ingresso della lira nell’euro non vi era incertezza sul tasso di cambio, nel momento dell’eventuale ritorno al passato quella incertezza sarebbe massima: non sulla direzione bensì sulla magnitudine del movimento valutario. Scrive Eichengreen:

«Famiglie e imprese, anticipando la ridenominazione dei depositi sul mercato interno da euro a lire in via di deprezzamento, sposterebbero i loro depositi in altre banche dell’euro-area. Da ciò seguirebbe una corsa agli sportelli dell’intero sistema bancario nazionale. Gli investitori, anticipando la ridenominazione in lire dei loro crediti nei confronti del Governo italiano, si sposterebbero verso crediti di altri governi della zona, portando ad una crisi del mercato obbligazionario. Se il fattore scatenante fosse un dibattito parlamentare sull’abbandono della lira, sarebbe improbabile ottenere il soccorso della Bce come prestatore di ultima istanza. E un governo che si trovasse già in una posizione fiscale debole non sarebbe in grado di indebitarsi per salvare le banche e riacquistare il proprio debito. Questa sarebbe la madre di tutte le crisi finanziarie»

La sintesi del discorso è che la non reversibilità dell’adesione all’euro appare evidente in ipotesi di fuoriuscita finalizzata ad ottenere una svalutazione del cambio. Con buona pace dei nostalgici di casa nostra, che a intervalli regolari rimembrano sospirando i bei tempi andati.

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Martin Feldstein è professore di economia ad Harvard e presidente emerito del National Bureau of Economic Research. Ha presieduto il Council of Economic Advisers durante la presidenza Reagan ed è un membro del Presidente Obama Economic Recovery Advisory Board.

Fonte:Borsaplus

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