di Marco Bucciantini Puoi infiocchettare il nucleare come «l’energia del futuro». E decorare il deposito delle scorie fino a renderlo «un parco tecnologico». Ma non puoi sopportare il peso di una scelta anacronistica e impopolare e così la nascondi: lo sta facendo il governo, fa carte false per fare in fretta le centrali, ma non dice dove - e lo sa, questa l’accusa degli amministratori locali - e tace «perché sono voti persi, a due mesi dalle elezioni». Quindici delle nostre Regioni hanno firmato un documento in cui chiedono al governo di dire ciò che sa, e di sapere ciò che fa.
«Confondono il governare con il comandare». Un’arroganza amministrativa concretizzata nel documento firmato da Raffaele Fitto, ministro per gli Affari regionali e presidente della conferenza Stato-Enti locali, l’uomo di raccordo istituzionale. Il 28 dicembre dimentica il suo ruolo quando sollecita il presidente del Senato Renato Schifani, nel documento che vedete nel riquadro, e in cui scrive: «Le trasmetto, per ottenere il parere delle commissioni parlamentari, lo schema di decreto legislativo sulle localizzazioni ed esercizio di impianti di produzione di energia elettrica e nucleare....sistemi di stoccaggio...approvato... dal consiglio dei ministri del 22 dicembre». Prassi che aveva già allarmato le Regioni (e convinto undici di esse a ricorrere alla Corte Costituzionale). Le prossime righe accelerano: «Le segnalo, a nome del governo, l’urgenza dell’esame del provvedimento....pur se privo del parere del Consiglio di Stato e della conferenza unificata (Stato-Regioni), che mi riservo di trasmettere non appena saranno da me acquisiti».
Pareri
Quella fretta svela lo stato delle cose, con il governo che ha già identificato i siti dove ricostruire la politica energetica nucleare. E quei pareri bistrattati da Fitto sono vincolanti. Il governo chiede l’attuazione del decreto sulle centrali e se ne infischia (o rimanda a giochi fatti) il confronto “politico” con le Regioni e quello “finanziario” con il Consiglio di Stato. «Fitto è il rappresentate della conferenza fra noi e il governo, come fa a scavalcare così sfacciatamente le regole?», si domandano i quattro assessori all’ambiente che si sono trattenuti con la stampa al termine della riunione convocata nella sede romana della Regione Calabria. Sono Filiberto Zaratti per il Lazio, Onofrio Introna per la Puglia, Nicola de Ruggiero per il Piemonte, e il padrone di casa, Silvio Greco. Insieme ad altri dieci colleghi hanno firmato un documento che osteggia nel metodo e nel merito l’incedere del governo. Aderiscono anche amministrazioni guidate dal Pdl, come Molise e Veneto, in odor di centrali o depositerie. Rimproverano il governo di pressappochismo nella relazione illustrativa consegnata al Senato («Non si fa riferimento né alla quantità delle scorie residue sul nostro territorio né al loro smaltimento», dice l’assessore del Piemonte, territorio che fu gravato dall’80% di questi rifiuti prodotti nel ventennio di sbronza nucleare). Poi c’è la rivendicazione economica («lo schema compensativo non individua le regioni come destinatarie di alcunché») e soprattutto si prova ad alzare il tappeto, per stanare l’immondizia prima di trovarsela in casa: «Si parla della valutazione ambientale strategica (VAS) prevista dal decreto: che senso ha, se non sono localizzati i luoghi dove fare le centrali?». L’impazienza di Fitto non si sposa con una Vas estesa a tutta la penisola.
I ricorsi
Quindi si sospetta che i siti siano già accertati, ma che esigenze elettorali ne rendano sconveniente la rivelazione. «A noi tocca, ma come fanno a dirlo?», fa l’assessore pugliese, che è informato di sondaggi dalle parti di Ostuni, «il Pdl non ha ancora il candidato alla presidenza della Regione, se gli accollano anche la centrale chi lo vota?». Il consiglio regionale ha deciso per legge (unanime e impropria) la «denuclearizzazione» della Puglia, e il governo ha fatto ricorso: altro indizio. Anche dal Piemonte sono convinti del riutilizzo della centrale di Trino Vercellese. Greco è sgomento per la possibilità di un deposito di scorie in Calabria, «un territorio con 109 comuni a rischio di dissesto idrogeologico». Zaratti urla la contrarietà del Lazio per il nucleare, «da noi, mai», e sa che Montalto di Castro è luogo ideale. «Sia tema di elettorale: le candidate Bonino e Polverini dicano se vogliono la centrale o se si opporranno». Il Veneto teme per Chioggia e ripara con il sostegno a quel documento la mancata prontezza nel fare ricorso contro il decreto legge sul ritorno al nucleare, che escludeva dalle decisioni gli enti locali, prassi confermata nel decreto liquidato a fine anno, e che un gruppo appena più ristretto di queste regioni - 11 - ha impugnato per «incostituzionalità» davanti alla Consulta. «Ennesimo vulnus al principio di leale collaborazione con gli enti locali». Vulnus anche di logica: il Paese sta per tornare all’energia più discussa e non ha neanche uno straccio di piano energetico nazionale.
Fonte:L'Unità
di Marco Bucciantini Puoi infiocchettare il nucleare come «l’energia del futuro». E decorare il deposito delle scorie fino a renderlo «un parco tecnologico». Ma non puoi sopportare il peso di una scelta anacronistica e impopolare e così la nascondi: lo sta facendo il governo, fa carte false per fare in fretta le centrali, ma non dice dove - e lo sa, questa l’accusa degli amministratori locali - e tace «perché sono voti persi, a due mesi dalle elezioni». Quindici delle nostre Regioni hanno firmato un documento in cui chiedono al governo di dire ciò che sa, e di sapere ciò che fa.
«Confondono il governare con il comandare». Un’arroganza amministrativa concretizzata nel documento firmato da Raffaele Fitto, ministro per gli Affari regionali e presidente della conferenza Stato-Enti locali, l’uomo di raccordo istituzionale. Il 28 dicembre dimentica il suo ruolo quando sollecita il presidente del Senato Renato Schifani, nel documento che vedete nel riquadro, e in cui scrive: «Le trasmetto, per ottenere il parere delle commissioni parlamentari, lo schema di decreto legislativo sulle localizzazioni ed esercizio di impianti di produzione di energia elettrica e nucleare....sistemi di stoccaggio...approvato... dal consiglio dei ministri del 22 dicembre». Prassi che aveva già allarmato le Regioni (e convinto undici di esse a ricorrere alla Corte Costituzionale). Le prossime righe accelerano: «Le segnalo, a nome del governo, l’urgenza dell’esame del provvedimento....pur se privo del parere del Consiglio di Stato e della conferenza unificata (Stato-Regioni), che mi riservo di trasmettere non appena saranno da me acquisiti».
Pareri
Quella fretta svela lo stato delle cose, con il governo che ha già identificato i siti dove ricostruire la politica energetica nucleare. E quei pareri bistrattati da Fitto sono vincolanti. Il governo chiede l’attuazione del decreto sulle centrali e se ne infischia (o rimanda a giochi fatti) il confronto “politico” con le Regioni e quello “finanziario” con il Consiglio di Stato. «Fitto è il rappresentate della conferenza fra noi e il governo, come fa a scavalcare così sfacciatamente le regole?», si domandano i quattro assessori all’ambiente che si sono trattenuti con la stampa al termine della riunione convocata nella sede romana della Regione Calabria. Sono Filiberto Zaratti per il Lazio, Onofrio Introna per la Puglia, Nicola de Ruggiero per il Piemonte, e il padrone di casa, Silvio Greco. Insieme ad altri dieci colleghi hanno firmato un documento che osteggia nel metodo e nel merito l’incedere del governo. Aderiscono anche amministrazioni guidate dal Pdl, come Molise e Veneto, in odor di centrali o depositerie. Rimproverano il governo di pressappochismo nella relazione illustrativa consegnata al Senato («Non si fa riferimento né alla quantità delle scorie residue sul nostro territorio né al loro smaltimento», dice l’assessore del Piemonte, territorio che fu gravato dall’80% di questi rifiuti prodotti nel ventennio di sbronza nucleare). Poi c’è la rivendicazione economica («lo schema compensativo non individua le regioni come destinatarie di alcunché») e soprattutto si prova ad alzare il tappeto, per stanare l’immondizia prima di trovarsela in casa: «Si parla della valutazione ambientale strategica (VAS) prevista dal decreto: che senso ha, se non sono localizzati i luoghi dove fare le centrali?». L’impazienza di Fitto non si sposa con una Vas estesa a tutta la penisola.
I ricorsi
Quindi si sospetta che i siti siano già accertati, ma che esigenze elettorali ne rendano sconveniente la rivelazione. «A noi tocca, ma come fanno a dirlo?», fa l’assessore pugliese, che è informato di sondaggi dalle parti di Ostuni, «il Pdl non ha ancora il candidato alla presidenza della Regione, se gli accollano anche la centrale chi lo vota?». Il consiglio regionale ha deciso per legge (unanime e impropria) la «denuclearizzazione» della Puglia, e il governo ha fatto ricorso: altro indizio. Anche dal Piemonte sono convinti del riutilizzo della centrale di Trino Vercellese. Greco è sgomento per la possibilità di un deposito di scorie in Calabria, «un territorio con 109 comuni a rischio di dissesto idrogeologico». Zaratti urla la contrarietà del Lazio per il nucleare, «da noi, mai», e sa che Montalto di Castro è luogo ideale. «Sia tema di elettorale: le candidate Bonino e Polverini dicano se vogliono la centrale o se si opporranno». Il Veneto teme per Chioggia e ripara con il sostegno a quel documento la mancata prontezza nel fare ricorso contro il decreto legge sul ritorno al nucleare, che escludeva dalle decisioni gli enti locali, prassi confermata nel decreto liquidato a fine anno, e che un gruppo appena più ristretto di queste regioni - 11 - ha impugnato per «incostituzionalità» davanti alla Consulta. «Ennesimo vulnus al principio di leale collaborazione con gli enti locali». Vulnus anche di logica: il Paese sta per tornare all’energia più discussa e non ha neanche uno straccio di piano energetico nazionale.
Fonte:L'Unità
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