domenica 3 gennaio 2010

"Lombroso razzista" e il Sud scende in piazza

L'8 maggio una manifestazione contro il Museo

Di Monica Perosino


Ci si sono messi in mille e trecento. Tutti a dare addosso a Cesare Lombroso e al Museo di Antropologia Criminale, inaugurato lo scorso novembre al Palazzo degli Istituti Anatomici dell’Università. Il «suo» museo. «I meridionali contro il museo lombrosiano a Torino» è il nome di un gruppo nato su Facebook che sta organizzando, per il prossimo 8 maggio, una manifestazione di protesta. «Quel museo - sostengono gli organizzatori del gruppo che in pochi giorni ha raccolto 1330 adesioni - contiene studi utilizzati dagli stessi nazisti e ormai smentiti nettamente dalla scienza ufficiale. Cesare Lombroso, infatti, teorizzò l’inferiorità della “razza meridionale”, che sarebbe stata geneticamente portata alla delinquenza». Poco importa che, a cento anni dalla morte, le teorie lombrosiane sull’«atavismo criminale» siano state ampiamente superate e che l’allestimento del museo sia incentrato sul concetto di devianza, e inviti a un confronto con il metodo scientifico, anche quando sbaglia. Tra le pagine aperte alle discussioni del gruppo il padre dell’antropologia criminale viene liquidato come razzista, uomo talmente abbietto che non «avrebbe per niente sfigurato tra i criminali nazisti e razzisti processati a Norimberga». L’accusa al Museo, che viene definito «museo degli orrori» è spiazzante: «Celebrare il razzista Cesare Lombroso - si legge nella presentazione del gruppo - che marchiò come razzialmente inferiori ed antropologicamente criminali gli abitanti dell’Italia del Sud, è segno di tracotanza che la dice lunga su come è ancora attuale la politica Colonialista Sabauda». Ma l’intento della collezione di via Pietro Giuria, spiega il direttore del Museo, Silvano Montaldo, è tutt’altro che celebrativo: «Al contrario, nessuno nega o vuole nascondere che Lombroso abbia avuto un atteggiamento razzista in alcuni dei suoi libri. Se ne parla proprio in uno dei grandi pannelli dell’allestimento e in uno degli articoli raccolti nel volume edito in occasione dei 100 anni dalla morte: Michele Nani osserva come il tema del razzismo non sia ossessivamente presente in Lombroso e soprattutto non sia centrale per la costruzione delle sue teorie». Montaldo sottolinea come il Museo non nasconda, anzi denunci, gli aspetti «non condivisibili e perniciosi delle sue teorie, e anzi ne mostri proprio gli errori». L’intento è di storicizzare la figura di figura di Lombroso, non sicuramente di esaltarla. Ma il gruppo nato sul social network probabilmente continuerebbe a pensarla diversamente: Lombroso costruì le sue teorie «sulla base di misurazioni di centinaia di resti e di crani prelevati al seguito delle truppe piemontesi che invasero il Regno delle Due Sicilie e massacrarono migliaia di meridionali che si erano ribellati a quell’invasione cancellandoli dalla storia come briganti». È una questione di «colonialismo sabaudo», insomma, più che di scienza e di metodo scientifico. E non è difficile scovare la «politica» dietro l’indignazione per le teorie lombrosiane: «Sarebbe ipocrita celare la mia appartenenza al Movimento di Insorgenza Civile - scrive Michele Iannelli, il creatore del gruppo -. Dobbiamo mostrare che noi non siamo una banda di individui isolati ma che abbiamo una visione strategica della politica».

Fonte:La Stampa
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L'8 maggio una manifestazione contro il Museo

Di Monica Perosino


Ci si sono messi in mille e trecento. Tutti a dare addosso a Cesare Lombroso e al Museo di Antropologia Criminale, inaugurato lo scorso novembre al Palazzo degli Istituti Anatomici dell’Università. Il «suo» museo. «I meridionali contro il museo lombrosiano a Torino» è il nome di un gruppo nato su Facebook che sta organizzando, per il prossimo 8 maggio, una manifestazione di protesta. «Quel museo - sostengono gli organizzatori del gruppo che in pochi giorni ha raccolto 1330 adesioni - contiene studi utilizzati dagli stessi nazisti e ormai smentiti nettamente dalla scienza ufficiale. Cesare Lombroso, infatti, teorizzò l’inferiorità della “razza meridionale”, che sarebbe stata geneticamente portata alla delinquenza». Poco importa che, a cento anni dalla morte, le teorie lombrosiane sull’«atavismo criminale» siano state ampiamente superate e che l’allestimento del museo sia incentrato sul concetto di devianza, e inviti a un confronto con il metodo scientifico, anche quando sbaglia. Tra le pagine aperte alle discussioni del gruppo il padre dell’antropologia criminale viene liquidato come razzista, uomo talmente abbietto che non «avrebbe per niente sfigurato tra i criminali nazisti e razzisti processati a Norimberga». L’accusa al Museo, che viene definito «museo degli orrori» è spiazzante: «Celebrare il razzista Cesare Lombroso - si legge nella presentazione del gruppo - che marchiò come razzialmente inferiori ed antropologicamente criminali gli abitanti dell’Italia del Sud, è segno di tracotanza che la dice lunga su come è ancora attuale la politica Colonialista Sabauda». Ma l’intento della collezione di via Pietro Giuria, spiega il direttore del Museo, Silvano Montaldo, è tutt’altro che celebrativo: «Al contrario, nessuno nega o vuole nascondere che Lombroso abbia avuto un atteggiamento razzista in alcuni dei suoi libri. Se ne parla proprio in uno dei grandi pannelli dell’allestimento e in uno degli articoli raccolti nel volume edito in occasione dei 100 anni dalla morte: Michele Nani osserva come il tema del razzismo non sia ossessivamente presente in Lombroso e soprattutto non sia centrale per la costruzione delle sue teorie». Montaldo sottolinea come il Museo non nasconda, anzi denunci, gli aspetti «non condivisibili e perniciosi delle sue teorie, e anzi ne mostri proprio gli errori». L’intento è di storicizzare la figura di figura di Lombroso, non sicuramente di esaltarla. Ma il gruppo nato sul social network probabilmente continuerebbe a pensarla diversamente: Lombroso costruì le sue teorie «sulla base di misurazioni di centinaia di resti e di crani prelevati al seguito delle truppe piemontesi che invasero il Regno delle Due Sicilie e massacrarono migliaia di meridionali che si erano ribellati a quell’invasione cancellandoli dalla storia come briganti». È una questione di «colonialismo sabaudo», insomma, più che di scienza e di metodo scientifico. E non è difficile scovare la «politica» dietro l’indignazione per le teorie lombrosiane: «Sarebbe ipocrita celare la mia appartenenza al Movimento di Insorgenza Civile - scrive Michele Iannelli, il creatore del gruppo -. Dobbiamo mostrare che noi non siamo una banda di individui isolati ma che abbiamo una visione strategica della politica».

Fonte:La Stampa
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