venerdì 11 dicembre 2009

A Napoli l’emergenza rifiuti è finita… solo per la Tv

Mentre Bertolaso minaccia di chiedere la rimozione della Iervolino, la rimozione definitiva dei rifiuti resta una chimera. Ecco cosa si può trovare vicino all’aeroporto di Capodichino.

Guido Bertolaso ha deciso di fare le cose in grande. Dopo aver deferito al Consiglio dei Ministri ben 9 comuni campani (quasi tutti amministrati dal centrodestra) per essersi dimostrati “inadempienti sul fronte dell’emergenza rifiuti” adesso ha messo nel mirino il bersaglio grosso: Napoli e, in particolare, la sua sindaca Rosa Russo Iervolino. Per la verità, i comuni finiti sotto la lente dell’ormai dimissionario capo della Protezione civile sono ben 176 sui 551 della Campania. Ma lo scioglimento di Napoli, inutile girarci intorno, avrebbe ripercussioni politiche sull’intero scenario nazionale. Per Bertolaso, la città è sporca e al di là del mancato raggiungimento del risultato minimo sulla raccolta differenziata. A pesare nella valutazione negativa è soprattutto la gestione dell’intero ciclo dei rifiuti. In pratica, nell’ultimo anno sono state attivate le nuove discariche e il termovalorizzatore di Acerra (in verità, quest’ultimo in modo molto parziale), ma se si esclude il perimetro di via Chiaia e qualche pezzo del centro storico, la città si presenta quasi sempre sporca. Con rifiuti speciali, a cominciare da numerosissimi elettrodomestici, abbandonati per giorni per le strade. A poco è servito, a detta degli stessi uomini del commissariato ai rifiuti, caricare oltre misura la “nuova” discarica di Chiaiano. Adesso, ogni giorno, scaricano ben 180 camion (contro gli iniziali 100 previsti) per la raccolta dei rifiuti. I risultati scadenti, però, sono sotto gli occhi di tanti cittadini partenopei. Debitamente a distanza, finora, sono state tenute le sole telecamere dei tg nazionali. La vulgata pubblicitaria del governo Berlusconi, dopotutto, vuole ancora che si parli di “missione compiuta” e di “fine dell’emergenza”. La realtà, anche se per involontario merito delle stesse denuncie d’inadempienza di Bertolaso, sta però nuovamente affiorando in tutta la sua gravità.

UNA MONTAGNA DI MONNEZZA – A solo qualche km dall’aeroporto di Capodichino, ci si imbatte in una vera e propria montagna di spazzatura. Siamo nella profonda periferia Nord-Est del capoluogo campano, su una strada inaccessibile e mai completata, ignota anche ai navigatori satellitari. Una strada comunale chiusa al traffico di cui nemmeno i vigili urbani del comune conoscono l’esatta ubicazione. Una maleodorante “isola che non c’è”, piazzata tra i quartieri di Poggioreale e San Pietro a Patierno. Poco distante, come detto, dallo scalo aeroportuale. In realtà, è l’ennesima, discarica abusiva di cui è disseminata la periferia napoletana e, ancor di più, l’intera provincia. Un striscia di suolo pubblico dove non si cammina e, soprattutto, non si respira. Uno sversatoio che qui tanti conoscono e che pure in pochi denunciano. Posti così, tuttavia, sono anche un “paradiso” per tutti quelli vogliono evitare di pagare i costi di smaltimento per gli scarti speciali. Un “paradiso” dell’illegalità dove, appunto, è facile immaginare chi la fa da padrone. La camorra, anche se, ci fanno notare, bisogna dirlo sottovoce. La “monnezza” è diventa, oramai, una parete alta una decina di metri, praticamente insormontabile da scalare. Da quanto tempo va avanti questo scempio? Dieci, quindici, venti anni? No. Questo strazio è recente. Appena pochi mesi fa, l’arteria era stata bonificata dal comune e dall’Asìa, la società che si occupa dello smaltimento dei rifiuti in città, che dopo le tante proteste e denuncie di associazioni e cittadini erano finalmente scesi in campo per liberare la strada dai rifiuti depositati in enormi cumuli ai lati della carreggiata. Un restyling tanto effimero quanto inutile. Via Cupa Principe (nome omen), nota ai più come una scorciatoia, percorsa quasi esclusivamente dai residenti del circondario, per accorciare i tempi tra l’aeroporto e l’ingresso della tangenziale di Secondigliano, oggi è nuovamente una discarica a cielo aperto. Sono bastati solo pochi mesi a compiere questo disastro ambientale. Una muraglia, fatta per lo più da vecchi copertoni abbandonati, è la minacciosa “difesa” di questo regno incantato del malaffare così come si presenta all’occhio del cronista. Lastre di amianto, flaconi di probabile origine ospedaliera e tanti bidoni arrugginiti contenenti strane e puzzolenti sostanze, fanno poi da contorno. E pensare che a soli pochi metri, non lontano dalle sterpaglie che costeggiano l’altro lato della strada, è possibile notare persino qualche vigneto e dei campi agricoli coltivati, mentre i liquami dei rifiuti affondano dall’altra parte, nello stesso sottosuolo.

IL SEVIZIO NON C’È, PERÒ LO PAGHI - Tutto questo mentre il governo Berlusconi ha deciso di non trasferire più ai comuni i fondi necessari, pari a circa il 60% del totale, a coprire l’intero costo dello smaltimento dei rifiuti, addossando sugli enti locali l’ingrato compito di aumentare la tassa sullo smaltimento dei rifiuti solidi urbani (Tarsu). Si è così determinato un aumento ingiustificato della tassa, anche alla luce della scarsa qualità del servizio erogato e dall’assoluta incapacità della stessa Asìa nel raggiungere i livelli che la legge prescrive per la raccolta differenziata. A Napoli si è intorno al 18%, Bertolaso aveva previsto una soglia minima del 25% e se questo limite non fosse stato raggiunto, come detto, sarebbe scattato il commissariamento del comune. Passerà dalle parole ai fatti?

Fonte:Giornalettismo

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Mentre Bertolaso minaccia di chiedere la rimozione della Iervolino, la rimozione definitiva dei rifiuti resta una chimera. Ecco cosa si può trovare vicino all’aeroporto di Capodichino.

Guido Bertolaso ha deciso di fare le cose in grande. Dopo aver deferito al Consiglio dei Ministri ben 9 comuni campani (quasi tutti amministrati dal centrodestra) per essersi dimostrati “inadempienti sul fronte dell’emergenza rifiuti” adesso ha messo nel mirino il bersaglio grosso: Napoli e, in particolare, la sua sindaca Rosa Russo Iervolino. Per la verità, i comuni finiti sotto la lente dell’ormai dimissionario capo della Protezione civile sono ben 176 sui 551 della Campania. Ma lo scioglimento di Napoli, inutile girarci intorno, avrebbe ripercussioni politiche sull’intero scenario nazionale. Per Bertolaso, la città è sporca e al di là del mancato raggiungimento del risultato minimo sulla raccolta differenziata. A pesare nella valutazione negativa è soprattutto la gestione dell’intero ciclo dei rifiuti. In pratica, nell’ultimo anno sono state attivate le nuove discariche e il termovalorizzatore di Acerra (in verità, quest’ultimo in modo molto parziale), ma se si esclude il perimetro di via Chiaia e qualche pezzo del centro storico, la città si presenta quasi sempre sporca. Con rifiuti speciali, a cominciare da numerosissimi elettrodomestici, abbandonati per giorni per le strade. A poco è servito, a detta degli stessi uomini del commissariato ai rifiuti, caricare oltre misura la “nuova” discarica di Chiaiano. Adesso, ogni giorno, scaricano ben 180 camion (contro gli iniziali 100 previsti) per la raccolta dei rifiuti. I risultati scadenti, però, sono sotto gli occhi di tanti cittadini partenopei. Debitamente a distanza, finora, sono state tenute le sole telecamere dei tg nazionali. La vulgata pubblicitaria del governo Berlusconi, dopotutto, vuole ancora che si parli di “missione compiuta” e di “fine dell’emergenza”. La realtà, anche se per involontario merito delle stesse denuncie d’inadempienza di Bertolaso, sta però nuovamente affiorando in tutta la sua gravità.

UNA MONTAGNA DI MONNEZZA – A solo qualche km dall’aeroporto di Capodichino, ci si imbatte in una vera e propria montagna di spazzatura. Siamo nella profonda periferia Nord-Est del capoluogo campano, su una strada inaccessibile e mai completata, ignota anche ai navigatori satellitari. Una strada comunale chiusa al traffico di cui nemmeno i vigili urbani del comune conoscono l’esatta ubicazione. Una maleodorante “isola che non c’è”, piazzata tra i quartieri di Poggioreale e San Pietro a Patierno. Poco distante, come detto, dallo scalo aeroportuale. In realtà, è l’ennesima, discarica abusiva di cui è disseminata la periferia napoletana e, ancor di più, l’intera provincia. Un striscia di suolo pubblico dove non si cammina e, soprattutto, non si respira. Uno sversatoio che qui tanti conoscono e che pure in pochi denunciano. Posti così, tuttavia, sono anche un “paradiso” per tutti quelli vogliono evitare di pagare i costi di smaltimento per gli scarti speciali. Un “paradiso” dell’illegalità dove, appunto, è facile immaginare chi la fa da padrone. La camorra, anche se, ci fanno notare, bisogna dirlo sottovoce. La “monnezza” è diventa, oramai, una parete alta una decina di metri, praticamente insormontabile da scalare. Da quanto tempo va avanti questo scempio? Dieci, quindici, venti anni? No. Questo strazio è recente. Appena pochi mesi fa, l’arteria era stata bonificata dal comune e dall’Asìa, la società che si occupa dello smaltimento dei rifiuti in città, che dopo le tante proteste e denuncie di associazioni e cittadini erano finalmente scesi in campo per liberare la strada dai rifiuti depositati in enormi cumuli ai lati della carreggiata. Un restyling tanto effimero quanto inutile. Via Cupa Principe (nome omen), nota ai più come una scorciatoia, percorsa quasi esclusivamente dai residenti del circondario, per accorciare i tempi tra l’aeroporto e l’ingresso della tangenziale di Secondigliano, oggi è nuovamente una discarica a cielo aperto. Sono bastati solo pochi mesi a compiere questo disastro ambientale. Una muraglia, fatta per lo più da vecchi copertoni abbandonati, è la minacciosa “difesa” di questo regno incantato del malaffare così come si presenta all’occhio del cronista. Lastre di amianto, flaconi di probabile origine ospedaliera e tanti bidoni arrugginiti contenenti strane e puzzolenti sostanze, fanno poi da contorno. E pensare che a soli pochi metri, non lontano dalle sterpaglie che costeggiano l’altro lato della strada, è possibile notare persino qualche vigneto e dei campi agricoli coltivati, mentre i liquami dei rifiuti affondano dall’altra parte, nello stesso sottosuolo.

IL SEVIZIO NON C’È, PERÒ LO PAGHI - Tutto questo mentre il governo Berlusconi ha deciso di non trasferire più ai comuni i fondi necessari, pari a circa il 60% del totale, a coprire l’intero costo dello smaltimento dei rifiuti, addossando sugli enti locali l’ingrato compito di aumentare la tassa sullo smaltimento dei rifiuti solidi urbani (Tarsu). Si è così determinato un aumento ingiustificato della tassa, anche alla luce della scarsa qualità del servizio erogato e dall’assoluta incapacità della stessa Asìa nel raggiungere i livelli che la legge prescrive per la raccolta differenziata. A Napoli si è intorno al 18%, Bertolaso aveva previsto una soglia minima del 25% e se questo limite non fosse stato raggiunto, come detto, sarebbe scattato il commissariamento del comune. Passerà dalle parole ai fatti?

Fonte:Giornalettismo

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