giovedì 24 dicembre 2009

Maroni smentisce tutto: niente leggi speciali per internet

di Alessandro D'Amato (Gregorj)

Probabilmente non sarà felice di prendersi degli elogi per un dietro front, però al ministro dell’Interno Roberto Maroni va dato atto nell’occasione di essersi comportato bene, come un perfetto politico.

Internet hate machine 2 Bravo Maroni, la retromarcia su Internet ci voleva proprioSubito dopo l’aggressione a Silvio Berlusconi, Maroni aveva rilasciato dichiarazioni allarmanti più che allarmate, annunciando provvedimenti esageratamente restrittivi della libertà sul web. Per la rete Internet si doveva procedere con lo stesso metodo già utilizzato per i siti pedofili, investendo un giudice (quello per le indagini preliminari) di firmare un provvedimento che bloccasse l’accesso degli utenti ai siti se i gestori non forniscono collaborazione alla chiusura dei gruppi di discussione che si ritiene possano istigare a delinquere. Il meccanismo dovrebbe dunque essere all’incirca questo: una segnalazione della Polizia postale che avrebbe scavalcato il Pubblico Ministero, sarebbe stata inoltrata direttamente all’ufficio del Gip, il quale avrebbe deciso sulla chiusura prima ancora di sentire la difesa di chi finiva nell’occhio del ciclone. Un decreto legge era già pronto, si diceva.

Passa un giorno, e cade l’ipotesi del decreto legge: il ministro è disposto a seguire la via parlamentare a patto che si faccia presto, dice dopo un incontro con l’opposizione e voci, poi smentite, di un intervento di Napolitano. A nove giorni dal fatto, e mentre un parlamentare del PdL scrive un progetto di legge a prima vista demenziale, Maroni fa marcia indietro. Dopo un incontro al Viminale con il vice ministro delle Comunicazioni Paolo Romani,il capo della polizia postale Antonio Apruzzese, il responsabile europeo di Facebook Richard Allan e l’Associazione italiana internet provider oltre a Telecom, Google e Microsoft, il ministro fa sapere che non ci sarà nemmeno il disegno di legge del governo. ”Ci siamo impegnati - ha detto Maroni – ad elaborare delle proposte e a costituire un tavolo con tutti i soggetti che sono intervenuti, che sarà riconvocato a metà gennaio, per discutere le nostre proposte e valutare la possibilità di trovare una soluzione e cioè un codice di autoregolamentazione piuttosto che una norma di legge“. Coinvolgendo tutti i soggetti interessati – tranne gli utenti, ma il sindacato ancora non c’è – Maroni ha di fatto completamente ritrattato quanto detto una settimana fa, anche se “per l’emergenza servono tempi rapidi, allo scopo di combattere il proliferare di gruppi che inneggiano all’omicidio, al terrorismo e alla mafia“, ha detto probabilmente per darsi un contegno davanti a colleghi di maggioranza e membri del governo parimenti accomunati da un vistoso medioevo mentale. Intanto, però, Maroni, pur senza dirlo esplicitamente, ha fatto un passo indietro. In nome della libertà di espressione? Per il rischio di veder chiudere Radio Padania? Non si sa, però di questi tempi non è mica poco. Bravo ministro!

Fonte:Giornalettismo

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di Alessandro D'Amato (Gregorj)

Probabilmente non sarà felice di prendersi degli elogi per un dietro front, però al ministro dell’Interno Roberto Maroni va dato atto nell’occasione di essersi comportato bene, come un perfetto politico.

Internet hate machine 2 Bravo Maroni, la retromarcia su Internet ci voleva proprioSubito dopo l’aggressione a Silvio Berlusconi, Maroni aveva rilasciato dichiarazioni allarmanti più che allarmate, annunciando provvedimenti esageratamente restrittivi della libertà sul web. Per la rete Internet si doveva procedere con lo stesso metodo già utilizzato per i siti pedofili, investendo un giudice (quello per le indagini preliminari) di firmare un provvedimento che bloccasse l’accesso degli utenti ai siti se i gestori non forniscono collaborazione alla chiusura dei gruppi di discussione che si ritiene possano istigare a delinquere. Il meccanismo dovrebbe dunque essere all’incirca questo: una segnalazione della Polizia postale che avrebbe scavalcato il Pubblico Ministero, sarebbe stata inoltrata direttamente all’ufficio del Gip, il quale avrebbe deciso sulla chiusura prima ancora di sentire la difesa di chi finiva nell’occhio del ciclone. Un decreto legge era già pronto, si diceva.

Passa un giorno, e cade l’ipotesi del decreto legge: il ministro è disposto a seguire la via parlamentare a patto che si faccia presto, dice dopo un incontro con l’opposizione e voci, poi smentite, di un intervento di Napolitano. A nove giorni dal fatto, e mentre un parlamentare del PdL scrive un progetto di legge a prima vista demenziale, Maroni fa marcia indietro. Dopo un incontro al Viminale con il vice ministro delle Comunicazioni Paolo Romani,il capo della polizia postale Antonio Apruzzese, il responsabile europeo di Facebook Richard Allan e l’Associazione italiana internet provider oltre a Telecom, Google e Microsoft, il ministro fa sapere che non ci sarà nemmeno il disegno di legge del governo. ”Ci siamo impegnati - ha detto Maroni – ad elaborare delle proposte e a costituire un tavolo con tutti i soggetti che sono intervenuti, che sarà riconvocato a metà gennaio, per discutere le nostre proposte e valutare la possibilità di trovare una soluzione e cioè un codice di autoregolamentazione piuttosto che una norma di legge“. Coinvolgendo tutti i soggetti interessati – tranne gli utenti, ma il sindacato ancora non c’è – Maroni ha di fatto completamente ritrattato quanto detto una settimana fa, anche se “per l’emergenza servono tempi rapidi, allo scopo di combattere il proliferare di gruppi che inneggiano all’omicidio, al terrorismo e alla mafia“, ha detto probabilmente per darsi un contegno davanti a colleghi di maggioranza e membri del governo parimenti accomunati da un vistoso medioevo mentale. Intanto, però, Maroni, pur senza dirlo esplicitamente, ha fatto un passo indietro. In nome della libertà di espressione? Per il rischio di veder chiudere Radio Padania? Non si sa, però di questi tempi non è mica poco. Bravo ministro!

Fonte:Giornalettismo

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