E così sembrerebbe, grazie anche alla rapidità con cui i Tg nazionali hanno informato i cittadini delle ultime novità, che il senatore Marcello Dell'Utri non ha mai visto né conosciuto, direttamente o indirettamente, i fratelli Graviano o almeno Filippo, che quest'oggi in videoconferenza ha risposto alle domande dei giudici a proposito delle recentissime dichiarazioni di Spatuzza. Grazie a poche e sintetiche parole Filippo Graviano (il fratello si è avvalso della facoltà di non rispondere, per ora) ha sortito un bell'effetto mediatico: "Non ho mai detto a Spatuzza che era giunto il momento di parlare", "Non ho mai conosciuto Dell'Utri" ecc. L'imputato e Silvio Berlusconi tirano un sospiro di sollievo, perché a onor del vero le dichiarazioni di Spatuzza valgono quanto quelle di Graviano e quindi (fermo restando che uno dei due dice il vero e l'altro mente) saranno solo i giudici a poter stabilire chi dei due ha detto la verità.
Curioso il modo con cui vengono identificati mediaticamente i due protagonisti (entrambi, lo ricordiamo, pericolosi ed efferati assassini e mafiosi): Spatuzza dopo anni di "silenzio d'onore" decide che è il momento di pentirsi e rivela una sua verità (che poi appunto i giudici dovranno giudicare); Filippo Graviano dopo anni di "silenzio d'onore" e di omertà continua sulla sua linea. E come vengono trattati dai media di regime i due casi? Spatuzza si dice sia manipolato, dica un sacco di scemenze, sia un assassino che ha sciolto i bambini nell'acido, non sia credibile e gli riversano addosso ogni sorta di epiteto e malignità. Graviano invece è "un vero pentito" (anche se si comporta e risponde come quando era un mafioso), una persona che ha dimostrato una grande dignità e una persona molto credibile.
Tanto per ricordarlo, quando fu arrestato, Filippo Graviano negò addirittura di conoscere le persone con cui era in compagnia (Salvatore Spataro e Giuseppe D'Agostino, che gli garantirono la latitanza a Milano) quando è stato arrestato nel 1994 nella trattoria "Da Gigi il cacciatore". In questo senso, credere al pentimento dell'ex boss sembra un po' esagerato.
Comunque, anche se oggi i telegiornali sono molto attenti a gonfiare il valore delle risposte date da Graviano, occorre ricordare che, la sentenza di primo grado che condanna a 9 anni per concorso esterno in associazione mafiosa Marcello Dell'Utri stabilisce in modo inequivocabile il rapporto da Dell'Utri (trade d'union tra Fininvest e vari mandamenti mafiosi siciliani) e i Graviano. In essa si legge inequivocabilmente "(I fratelli Graviano) avevano accertati rapporti e contatti, diretti o mediati da terze persone con Dell'Utri" (fonte integrale: Il Fatto Quotidiano del 10 dicembre).
A fornire la prova dei rapporti tra Dell'Utri e i Graviano fu proprio Giuseppe D'Agostino, poi pentitosi: “In sintesi, dal complesso delle dichiarazioni rese dai due collaboranti emerge che il D’Agostino, intenzionato a far entrare il figlio Gaetano nel settore giovanile della squadra del Milan, aveva interessato Melo Barone, appassionato del gioco del calcio e presidente di una squadra dilettantistica locale, il quale si era rivolto a Marcello Dell’Utri ottenendo che il giovanissimo D’Agostino Gaetano, che contava 10 anni, effettuasse un provino per il Milan nell’anno 1992. Dopo il decesso del Barone, avvenuto alla fine di quell’anno, il D’Agostino non si era perso d’animo e, allo scopo di raggiungere l’obiettivo prefissosi, si era rivolto ai fratelli Graviano, i quali si erano detti disponibili a favorirlo e gli avevano fatto capire che non sarebbe stato un problema per loro contattare i responsabili del Milan e procuragli un posto di lavoro a Milano presso una catena di esercizi commerciali, che gli inquirenti hanno, poi, individuato nell’«Euromercato» facente parte del gruppo Fininvest”.
Sono stati infatti dimostrati in diverse riprese dai giudici i rapporti esistenti tra i Graviano e Melo Barone. Dell'Utri disse di non conoscere Barone, ma si scoprì che sulla sua agenda erano spesso ricorrenti appuntamenti con "Melo". Dopo la morte di "Melo" il suo ruolo fu coperto, proprio secondo i giudici, dai Graviano.
Il Tribunale conclude: “È lecito affermare che, negli anni 1993-94, c’è stato un interessamento nei riguardi del figlio di D’Agostino Giuseppe da parte di Marcello Dell’Utri e che, essendo già deceduto Melo Barone, tale interessamento non poteva che essere stato caldeggiato al prevenuto, direttamente o in via mediata, dai fratelli Graviano di Brancaccio. La conclusione alla quale perviene il Collegio poggia sulla constatazione che il giovane D’Agostino ha effettuato un altro «provino» ad inizio del 1994 (ne ha dato conferma il teste Buriani Ruben) e cioè nel periodo in cui D’Agostino Giuseppe era vicino ai fratelli Graviano, favorendone la latitanza, ed aveva ottenuto, per il figlio Gaetano, il loro intervento diretto presso la dirigenza del Milan e, in particolare, presso Marcello Dell’Utri, il quale in effetti aveva «segnalato» il promettente calciatore al tecnico che doveva visionarlo, come candidamente e spontaneamente affermato dal teste Zagatti Francesco”.
Gaetano D'Agostino è davvero un giocatore di indubbio talento, al punto che oggi gioca in serie A con l'Udinese. Ma questa è un'altra storia. Sul fatto che oggi Graviano ha mentito (non si scoprirà forse mai il perché), invece, non ci sono dubbi: lo dice la sentenza di primo grado che ha condannato Dell'Utri a 9 anni.
Fonte:Sconfini.eu
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