Di Pietro Orsatti
INDUSTRIA. Mentre ripartono le proteste a Termini Imerese e a Pomigliano D’Arco dopo il mancato accordo di due giorni fa, il governo cerca un escamotage al ribasso ma non ci crede nessuno. I prodotti a impatto zero solo negli Usa
La notizia è che la Fiat ignora qualsiasi richiesta e proposta da parte del governo, anche se debole, e dei sindacati e va avanti con il suo piano di liquidazione degli impianti produttivi a partire da quello di Termini Imerese che smetterà di produrre automobili nel 2011. Alla faccia degli incentivi ricevuti per la rottamazione e degli aiuti dello Stato elargiti, a perdere, all’azienda di Torino per aprire stabilimenti nel Mezzogiorno. Reazione scontata quella dei lavoratori che si mobilitano. Una ventina di operai della Fiat di Pomigliano d’Arco si sono incatenati davanti al municipio protestando contro il mancato rinnovo del contratto in scadenza, mentre altri lavoratori da mercoledì della scorsa settimana hanno occupato la sala consiliare e sono saliti sul tetto del Comune. Sono intanto rientrati in Sicilia, a Termini Imerese, i circa 400 operai da Roma, dopo la manifestazione di ieri. E gli impianti sono rimasti fermi per uno sciopero di otto ore.
Sempre in relazione alla fabbrica siciliana, si moltiplicano i “rumors” su chi subentrerà a gestire l’impianto quando la Fiat, come è evidente che si accinge a fare, abbandonerà l’isola. Dopo un’ipotesi di un arrivo di una multinazionale cinese, ora si parla di un interessamento della casa automobilistica indiana Tata. «Per ora non si capisce, mi sembra che siano solo voci e non vorrei - ha commentato il segretario di Cgil Guglielmo Epifani - che servissero solo a consolidare una situazione di fatto e poi, quando cesserà la produzione di auto, questi spariranno: direi che bisogna andarci molto cauti».
È ormai sempre più evidente che non esiste più un futuro industriale automobilistico per la Sicilia, e per Termini in particolare. Emerge anche dalle dichiarazioni del governo. «Il polo industriale di Termini Imerese non può essere chiuso - ha dichiarato, infatti, il ministro Scajola -. Già da gennaio convocherò un tavolo di confronto con la Regione Sicilia, la Fiat e le forze sociali perché Termine Imerese possa avere un futuro industriale». Una dichiarazione che sembra essere mirata solo ad attenuare il conflitto sociale che rischia di esplodere nella città della Sicilia occidentale e in tutta la regione. Di una cosa si è certi, che nessuno pensa a mettere in piedi un percorso alternativo di produzione attraverso una riconversione sostenibile ad alta tecnologia. Che potrebbe essere ancora la produzione di auto, da quelle ibride a quelle elettrica.
«Il governo deve essere chiaro - spiega Maurizio Zipponi dell’Idv -. Non si capisce che politica industriale abbia, se ce l’ha. Avrebbe un senso puntare a una riconversione a Termini Imerese, andando verso la produzione di mezzi ecologici, a impatto zero, come stanno facendo sul modello della Toyota tutti grandi gruppi automobilistici internazionali. Anche la Fiom mi sembra matura per farsi protagonista di questa trasformazione. Ma il governo non sembra andare in questa direzione. E allora Marchione, da bravo manager, che fa? Se ne va a trasferire prodotti a basso impatto e alta tecnologia grazie all’accordo Crysler negli Usa prendendosi anche gli incentivi di Obama, e in Italia rimane solo l’assemblaggio».
Intanto la situazione della tenuta sociale, proprio in questi giorni di festività, a Termini potrebbe precipitare. A lanciare l’allarme è Giuseppe Lumia del Pd, che ha commentato l’incontro di lunedì a palazzo Chigi fra Fiat, governo e sindacati, che «Non si può umiliare un intero popolo. Non si possono calpestare le potenzialità di una realtà produttiva, economica e sociale importante come la Fiat di Termini Imerese. Il governo rifletta bene e faccia di tutto prima di ratificare una scelta drammatica per la Sicilia e il Paese». E rimane la sensazione di aver perso l’ennesima occasione di riportare nel XXI secolo il nostro Paese.
Fonte:Terra
Di Pietro Orsatti
INDUSTRIA. Mentre ripartono le proteste a Termini Imerese e a Pomigliano D’Arco dopo il mancato accordo di due giorni fa, il governo cerca un escamotage al ribasso ma non ci crede nessuno. I prodotti a impatto zero solo negli Usa
La notizia è che la Fiat ignora qualsiasi richiesta e proposta da parte del governo, anche se debole, e dei sindacati e va avanti con il suo piano di liquidazione degli impianti produttivi a partire da quello di Termini Imerese che smetterà di produrre automobili nel 2011. Alla faccia degli incentivi ricevuti per la rottamazione e degli aiuti dello Stato elargiti, a perdere, all’azienda di Torino per aprire stabilimenti nel Mezzogiorno. Reazione scontata quella dei lavoratori che si mobilitano. Una ventina di operai della Fiat di Pomigliano d’Arco si sono incatenati davanti al municipio protestando contro il mancato rinnovo del contratto in scadenza, mentre altri lavoratori da mercoledì della scorsa settimana hanno occupato la sala consiliare e sono saliti sul tetto del Comune. Sono intanto rientrati in Sicilia, a Termini Imerese, i circa 400 operai da Roma, dopo la manifestazione di ieri. E gli impianti sono rimasti fermi per uno sciopero di otto ore.
Sempre in relazione alla fabbrica siciliana, si moltiplicano i “rumors” su chi subentrerà a gestire l’impianto quando la Fiat, come è evidente che si accinge a fare, abbandonerà l’isola. Dopo un’ipotesi di un arrivo di una multinazionale cinese, ora si parla di un interessamento della casa automobilistica indiana Tata. «Per ora non si capisce, mi sembra che siano solo voci e non vorrei - ha commentato il segretario di Cgil Guglielmo Epifani - che servissero solo a consolidare una situazione di fatto e poi, quando cesserà la produzione di auto, questi spariranno: direi che bisogna andarci molto cauti».
È ormai sempre più evidente che non esiste più un futuro industriale automobilistico per la Sicilia, e per Termini in particolare. Emerge anche dalle dichiarazioni del governo. «Il polo industriale di Termini Imerese non può essere chiuso - ha dichiarato, infatti, il ministro Scajola -. Già da gennaio convocherò un tavolo di confronto con la Regione Sicilia, la Fiat e le forze sociali perché Termine Imerese possa avere un futuro industriale». Una dichiarazione che sembra essere mirata solo ad attenuare il conflitto sociale che rischia di esplodere nella città della Sicilia occidentale e in tutta la regione. Di una cosa si è certi, che nessuno pensa a mettere in piedi un percorso alternativo di produzione attraverso una riconversione sostenibile ad alta tecnologia. Che potrebbe essere ancora la produzione di auto, da quelle ibride a quelle elettrica.
«Il governo deve essere chiaro - spiega Maurizio Zipponi dell’Idv -. Non si capisce che politica industriale abbia, se ce l’ha. Avrebbe un senso puntare a una riconversione a Termini Imerese, andando verso la produzione di mezzi ecologici, a impatto zero, come stanno facendo sul modello della Toyota tutti grandi gruppi automobilistici internazionali. Anche la Fiom mi sembra matura per farsi protagonista di questa trasformazione. Ma il governo non sembra andare in questa direzione. E allora Marchione, da bravo manager, che fa? Se ne va a trasferire prodotti a basso impatto e alta tecnologia grazie all’accordo Crysler negli Usa prendendosi anche gli incentivi di Obama, e in Italia rimane solo l’assemblaggio».
Intanto la situazione della tenuta sociale, proprio in questi giorni di festività, a Termini potrebbe precipitare. A lanciare l’allarme è Giuseppe Lumia del Pd, che ha commentato l’incontro di lunedì a palazzo Chigi fra Fiat, governo e sindacati, che «Non si può umiliare un intero popolo. Non si possono calpestare le potenzialità di una realtà produttiva, economica e sociale importante come la Fiat di Termini Imerese. Il governo rifletta bene e faccia di tutto prima di ratificare una scelta drammatica per la Sicilia e il Paese». E rimane la sensazione di aver perso l’ennesima occasione di riportare nel XXI secolo il nostro Paese.
Fonte:Terra
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