Partito del SUD e brigantaggio su "La Stampa" del 12 ottobre 2009 a pag. 18
di RAPHAEL ZANOTTI
Raffaele Nigro, lei è autore del libro”giustiziateli sul campo. Letteratura e banditismo da Robin Hood ai giorni nostri”: conosceva le carte diplomatiche che dimostrano il progetto di una Guantanamo piemontese per arginare il brigantaggio?“No, ma sono documenti in linea con il contesto di quegli anni”.
Come mai emergono solo oggi?
“iIl brigantaggio, per certi versi, lo scopriamo solo oggi. Se n’è sempre parlato poco. I cartolari sono pubblici da pochi anni e da poco è accessibile l’archivio del ministero degli Interni”.
Perché?
“Prima erano ancora in vita parenti stretti dell’una e dell’altra parte. Anche se potrebbe ancora far male per la presenza delle Leghe”.
In che senso?
“Le discussioni sull’unità non aiutano ad aprire certi archivi e ad analizzare con serenità un momento storico piuttosto travagliato”.
C’è anche il Partito del SUD?
“E’ una compagine diversa da quella dei vecchi partiti neoborbonici, legati all’estrema destra e piuttosto innocui poi dal punto di vista elettorale. Penso che la componente identitaria sia più legata a esigenze concrete che non a nostalgie che potrebbero vedere nel brigantaggio un’icona”.
“Brigantaggio: Il fenomeno”.
La guerra dei disperati del mezzogiorno.
Si concentrarono nelle zone più povere del mezzogiorno: erano ribelli, soprattutto pastori e contadini, ma vennero subito soprannominati in modo sprezzante “briganti”. Dopo l’unità d’Italia misero a ferro e fuoco Basilicata, Campania, Molise e Abbruzzo, lanciando un’offensiva che a Torino e a Roma fece temere una vera e propria rivoluzione. In realtà, istanze sociali e politichesi intrecciavano a forme di delinquenza comune finchè il neonato stato italiano, tra il 1860 e 1870, riuscì a stroncare il fenomeno. Protagonista fu il generale Enrico cialdini, a cui furono conferiti poteri eccezionali: la repressione fu senza pietà, con arresti in massa, esecuzioni sommarie, distruzione di casolari e masserie.
Partito del SUD e brigantaggio su "La Stampa" del 12 ottobre 2009 a pag. 18
di RAPHAEL ZANOTTI
Raffaele Nigro, lei è autore del libro”giustiziateli sul campo. Letteratura e banditismo da Robin Hood ai giorni nostri”: conosceva le carte diplomatiche che dimostrano il progetto di una Guantanamo piemontese per arginare il brigantaggio?“No, ma sono documenti in linea con il contesto di quegli anni”.
Come mai emergono solo oggi?
“iIl brigantaggio, per certi versi, lo scopriamo solo oggi. Se n’è sempre parlato poco. I cartolari sono pubblici da pochi anni e da poco è accessibile l’archivio del ministero degli Interni”.
Perché?
“Prima erano ancora in vita parenti stretti dell’una e dell’altra parte. Anche se potrebbe ancora far male per la presenza delle Leghe”.
In che senso?
“Le discussioni sull’unità non aiutano ad aprire certi archivi e ad analizzare con serenità un momento storico piuttosto travagliato”.
C’è anche il Partito del SUD?
“E’ una compagine diversa da quella dei vecchi partiti neoborbonici, legati all’estrema destra e piuttosto innocui poi dal punto di vista elettorale. Penso che la componente identitaria sia più legata a esigenze concrete che non a nostalgie che potrebbero vedere nel brigantaggio un’icona”.
“Brigantaggio: Il fenomeno”.
La guerra dei disperati del mezzogiorno.
Si concentrarono nelle zone più povere del mezzogiorno: erano ribelli, soprattutto pastori e contadini, ma vennero subito soprannominati in modo sprezzante “briganti”. Dopo l’unità d’Italia misero a ferro e fuoco Basilicata, Campania, Molise e Abbruzzo, lanciando un’offensiva che a Torino e a Roma fece temere una vera e propria rivoluzione. In realtà, istanze sociali e politichesi intrecciavano a forme di delinquenza comune finchè il neonato stato italiano, tra il 1860 e 1870, riuscì a stroncare il fenomeno. Protagonista fu il generale Enrico cialdini, a cui furono conferiti poteri eccezionali: la repressione fu senza pietà, con arresti in massa, esecuzioni sommarie, distruzione di casolari e masserie.
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