martedì 6 ottobre 2009

Il Presidente Napolitano e le "bestemmie separatiste" - Di quale clima nuovo parla il presidente?


Ricevo e posto da Guglielmo Di Grezia questo post, che reputo condivisibile, sul discorso tenuto dal Presidente Napolitano durante la sua recente visita a Potenza.

Un discorso dove, ancora, ci vengono propinate le solite frasi pregne di retorica risorgimentale.
Un discorso dove si dice che il meridione fu "liberato" dagli uomini calati dal nord, dove si ignora, ancora una volta e come sempre, il milione di persone uccise dai "liberatori", le distruzioni , le ruberie, la corruzione, la nascita e l'espandersi delle mafie .
Dove ancora una volta la memoria dei nostri Partigiani è offesa con la definizione di "Briganti".
Dove non si fa parola dei milioni di emigranti che questa "liberazione" portò.
Dove si esaltano i falsi plebisciti.
Ma soprattutto dove non si dice che questa unità ancora oggi produce emigrazione, emarginazione e sfruttamento, in un' Italia che nei suoi stessi confini ospita la regione più ricca d'Europa, la Lombardia, e quella più povera, la Calabria.
Un'unità che fa si che non si osservi nemmeno un minuto si silenzio sui campi di calcio per i morti Siciliani, evidentemente di serie B, di quest'ultima tragedia causata da una pessima gestione del territorio e dall'ignavia di chi dovrebbe vegliare sull'applicazione delle norme, come già successo pochi mesi fa in Abruzzo.
Se si volessero superare realmente le tragedie del passato si potrebbe cogliere l'occasione dei 150 anni dall'unità per cercare di affrontare con realismo per poi cercare di risolvere, finalmente, le tante storture che questa unità ha prodotto, partendo per prima cosa da un'analisi storica obiettiva dei fatti, ma ci pare già di capire, se questo è l'inizio, che anche questa occasione andrà perduta.
Ci perdonerà quindi Signor Presidente se noi non festeggeremo i 150 anni dell' unità di questo paese, ma non capiamo proprio cosa ci sarebbe, per noi, da festeggiare.



Di Guglielmo Di Grezia


Il discorso di Potenza - la solita vuota retorica

Non ero presente a Potenza per fortuna, altrimenti forse mi avrebbero dovuto arrestare per farmi stare zitto, quando il Presidente Napolitano ha parlato di "bestemmie separatiste", che cosa vuole dire? che i festeggiamenti per i 150 anni dell’unità siano piuttosto un’occasione per gioire?
Gioire di che cosa Signor Presidente? Gli avrei chiesto. 

Dei massacri perpetrati ai danni della mia Gente da parte 
delle truppe savojarde? Dei 54 paesi distrutti e rasi al suolo, sempre dagli stessi “liberatori”? Delle teste tagliate, messe sotto alcol e collocate in mostra da Lombroso? (chiamarlo dottore mi viene ostico, un vero luminare del razzismo).

 Dei nostri ragazzi mandati a morire sulle pietre del Carso per gli interessi della solita famiglia (tra l’altro come mai nei libri di scuola non c’è scritto che Francesco Giuseppe, allora Imperatore d’Austria, ci avrebbe dato quegli stessi territori per i quali mezzo milione di meridionali sono morti, senza sparare un colpo di schioppo, solo per la nostra neutralità)?

Di cosa dovrei essere contento? Delle schiere di predoni scesi dal nord, delle centinaia di migliaia di morti italiani e del doppio di storpi e deformi lasciatici in eredità? 

Lo vada a dire agli orfani di quella guerra; già, dimenticavo, tutti morti (per fortuna dei festeggiatori).



Io rivendico, solo per quanto riguarda la mia famiglia, tre morti per quella guerra. Peccato che mio bisnonno Carmine non sia piú presente, altrimenti, avrebbe potuto raccontarle di come sbarcava il lunario, della fame, della fatica da bestie patita per un pezzo di pane elargito da quei galantuomini che avevano requisito le terre degli usi civici una volta a disposizione del popolo grazie a quei “sanguinari dittatori” dei Borbone Due Sicilie.



Carmine andò in America nel 1911 e vi tornò nel 1914, per riprendersi con i soldi risparmiati in un duro lavoro, quella stessa terra che la sua famiglia aveva avuto in uso civico per centinaia di anni, e che era stata tolta a suo nonno “Popa”, la cui testa (di Popa) si può ammirare al museo Lombroso di Torino in una teca come trofeo di guerra e segno della nostra genía criminale.



Vogliamo parlare della seconda guerra mondiale?

 Dei milioni di morti, invalidi, orfani e deformi 
lasciatici in eredità dalla famiglia di cui sopra e dal "glorioso" pensiero risorgimentale? Vada a parlare a quei poveracci che si sono trovati senza padre, figli, etc., di quello che hanno patito.



Sempre nella mia famiglia, zio Carmine è morto a Creta, zio Alfonso è morto dopo pochi mesi dal ritorno da Tobruk per colpa della polvere del deserto respirata e aspirata a pieni polmoni correndo dietro ai carri armati della volpe del deserto (Rommel), mio nonno Guglielmo è ritornato dall’Abissinia con la tubercolosi e la pleurite (tubercolosi che trasmise a diversi nipoti), mio zio Pasquale ultimo sopravvissuto della famiglia, prigioniero prima dei tedeschi e poi degli albanesi ed infine partigiano di Tito, che ha visto massacrare migliaia di italiani senza poter muovere un dito, maledicendo quella infernale famiglia.



Che gioiscano, Signor Presidente, gli ascari che hanno trovato il modo di sbarcare il lunario a danno dei meridionali.

Oltre al danno la beffa, quegli stessi autodefinitisi “liberatori” scesi dal nord ed i loro discendenti, incuranti di quanto patito dal mio Popolo, ci hanno da allora etichettato come “terroni”, come appartenenti ad una genía inferiore, per nascondere la verità.



Se tutto questo non è abbastanza, allora gioiamo pure e non bestemmiamo, ma quando dovremo ancora aspettare affinché si abbia infine l’onestà di parlare chiaro, di dire cosa è stato veramente il cosiddetto “risorgimento” ed il sacco del Sud (ed anche di parte del nord, si pensi al Ducato Estense, a quello di Toscana, a Parma e al Lombardo Veneto), quando si smetterà la vuota retorica?
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Ricevo e posto da Guglielmo Di Grezia questo post, che reputo condivisibile, sul discorso tenuto dal Presidente Napolitano durante la sua recente visita a Potenza.

Un discorso dove, ancora, ci vengono propinate le solite frasi pregne di retorica risorgimentale.
Un discorso dove si dice che il meridione fu "liberato" dagli uomini calati dal nord, dove si ignora, ancora una volta e come sempre, il milione di persone uccise dai "liberatori", le distruzioni , le ruberie, la corruzione, la nascita e l'espandersi delle mafie .
Dove ancora una volta la memoria dei nostri Partigiani è offesa con la definizione di "Briganti".
Dove non si fa parola dei milioni di emigranti che questa "liberazione" portò.
Dove si esaltano i falsi plebisciti.
Ma soprattutto dove non si dice che questa unità ancora oggi produce emigrazione, emarginazione e sfruttamento, in un' Italia che nei suoi stessi confini ospita la regione più ricca d'Europa, la Lombardia, e quella più povera, la Calabria.
Un'unità che fa si che non si osservi nemmeno un minuto si silenzio sui campi di calcio per i morti Siciliani, evidentemente di serie B, di quest'ultima tragedia causata da una pessima gestione del territorio e dall'ignavia di chi dovrebbe vegliare sull'applicazione delle norme, come già successo pochi mesi fa in Abruzzo.
Se si volessero superare realmente le tragedie del passato si potrebbe cogliere l'occasione dei 150 anni dall'unità per cercare di affrontare con realismo per poi cercare di risolvere, finalmente, le tante storture che questa unità ha prodotto, partendo per prima cosa da un'analisi storica obiettiva dei fatti, ma ci pare già di capire, se questo è l'inizio, che anche questa occasione andrà perduta.
Ci perdonerà quindi Signor Presidente se noi non festeggeremo i 150 anni dell' unità di questo paese, ma non capiamo proprio cosa ci sarebbe, per noi, da festeggiare.



Di Guglielmo Di Grezia


Il discorso di Potenza - la solita vuota retorica

Non ero presente a Potenza per fortuna, altrimenti forse mi avrebbero dovuto arrestare per farmi stare zitto, quando il Presidente Napolitano ha parlato di "bestemmie separatiste", che cosa vuole dire? che i festeggiamenti per i 150 anni dell’unità siano piuttosto un’occasione per gioire?
Gioire di che cosa Signor Presidente? Gli avrei chiesto. 

Dei massacri perpetrati ai danni della mia Gente da parte 
delle truppe savojarde? Dei 54 paesi distrutti e rasi al suolo, sempre dagli stessi “liberatori”? Delle teste tagliate, messe sotto alcol e collocate in mostra da Lombroso? (chiamarlo dottore mi viene ostico, un vero luminare del razzismo).

 Dei nostri ragazzi mandati a morire sulle pietre del Carso per gli interessi della solita famiglia (tra l’altro come mai nei libri di scuola non c’è scritto che Francesco Giuseppe, allora Imperatore d’Austria, ci avrebbe dato quegli stessi territori per i quali mezzo milione di meridionali sono morti, senza sparare un colpo di schioppo, solo per la nostra neutralità)?

Di cosa dovrei essere contento? Delle schiere di predoni scesi dal nord, delle centinaia di migliaia di morti italiani e del doppio di storpi e deformi lasciatici in eredità? 

Lo vada a dire agli orfani di quella guerra; già, dimenticavo, tutti morti (per fortuna dei festeggiatori).



Io rivendico, solo per quanto riguarda la mia famiglia, tre morti per quella guerra. Peccato che mio bisnonno Carmine non sia piú presente, altrimenti, avrebbe potuto raccontarle di come sbarcava il lunario, della fame, della fatica da bestie patita per un pezzo di pane elargito da quei galantuomini che avevano requisito le terre degli usi civici una volta a disposizione del popolo grazie a quei “sanguinari dittatori” dei Borbone Due Sicilie.



Carmine andò in America nel 1911 e vi tornò nel 1914, per riprendersi con i soldi risparmiati in un duro lavoro, quella stessa terra che la sua famiglia aveva avuto in uso civico per centinaia di anni, e che era stata tolta a suo nonno “Popa”, la cui testa (di Popa) si può ammirare al museo Lombroso di Torino in una teca come trofeo di guerra e segno della nostra genía criminale.



Vogliamo parlare della seconda guerra mondiale?

 Dei milioni di morti, invalidi, orfani e deformi 
lasciatici in eredità dalla famiglia di cui sopra e dal "glorioso" pensiero risorgimentale? Vada a parlare a quei poveracci che si sono trovati senza padre, figli, etc., di quello che hanno patito.



Sempre nella mia famiglia, zio Carmine è morto a Creta, zio Alfonso è morto dopo pochi mesi dal ritorno da Tobruk per colpa della polvere del deserto respirata e aspirata a pieni polmoni correndo dietro ai carri armati della volpe del deserto (Rommel), mio nonno Guglielmo è ritornato dall’Abissinia con la tubercolosi e la pleurite (tubercolosi che trasmise a diversi nipoti), mio zio Pasquale ultimo sopravvissuto della famiglia, prigioniero prima dei tedeschi e poi degli albanesi ed infine partigiano di Tito, che ha visto massacrare migliaia di italiani senza poter muovere un dito, maledicendo quella infernale famiglia.



Che gioiscano, Signor Presidente, gli ascari che hanno trovato il modo di sbarcare il lunario a danno dei meridionali.

Oltre al danno la beffa, quegli stessi autodefinitisi “liberatori” scesi dal nord ed i loro discendenti, incuranti di quanto patito dal mio Popolo, ci hanno da allora etichettato come “terroni”, come appartenenti ad una genía inferiore, per nascondere la verità.



Se tutto questo non è abbastanza, allora gioiamo pure e non bestemmiamo, ma quando dovremo ancora aspettare affinché si abbia infine l’onestà di parlare chiaro, di dire cosa è stato veramente il cosiddetto “risorgimento” ed il sacco del Sud (ed anche di parte del nord, si pensi al Ducato Estense, a quello di Toscana, a Parma e al Lombardo Veneto), quando si smetterà la vuota retorica?
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1 commento:

Unknown ha detto...

Grazie per il suo impegno verso la verità

 
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