martedì 27 ottobre 2009

I Savoia e il Massacro del Sud - Intervista ad Antonio Ciano


di Nicola Bruno - 26/10/2009


Un titolo sicuramente forte, “I Savoia e il Massacro del Sud”, il libro-denuncia di Antonio Ciano, amministratore del Comune di Gaeta, una città sul mare, che domina l’omonimo golfo, dinanzi alle splendide isole di Ponza e Ventotene, immerse in un mare cristallino. Non è lì che lo incontriamo ma nella piazza principale di Suzzara, nel profondo nord mantovano, piazza intitolata a Giuseppe Garibaldi, dove è eretto un busto dedicato all’avventuriero nizzardo che sembra metterlo a disagio e dal quale sembra desideroso di allontanarsi il prima possibile.

Suzzara è una cittadina industriale dove il giorno di festa è identico a quello di tutta la provincia italiana: gente ben vestita che prende l’aperitivo al bar, passeggia sui ciottoli della pavimentazione che si insinua tra una banca e l’altra, la chiesa principale, i locali dove tutto sa di atmosfera paesana.

Siamo lì anche perché si terrà, all’interno della festa ufficiale, la Festa dell’Amicizia di quegli emigranti che non provengono da fuori Europa ma solo da poche centinaia di chilometri più a sud. Cerchiamo invano lo stand del Partito del Sud nella piazza principale perché l’amministrazione comunale ha deciso di destinargli una via secondaria, alle spalle dell’agorà cittadina.

Già, Garibaldi sembra quasi essere a disagio davanti alla bandiera bianco-gigliata del fu Regno delle Due Sicilie, anche dopo quasi 150 anni.
Sensi di colpa per le promesse non mantenute?

Ma torniamo a Gaeta, città dove ancora oggi si vedono le ferite devastanti delle cannonate piemontesi inferte dal generale Cialdini, dove l’80% dei beni è demaniale, cioè requisito dallo Stato Italiano allora in mano ai Savoia, dove è nato Ciano e di dove è originaria anche la famiglia di Antonio Gramsci, quel Gramsci che fu severo critico della politica militare italiana nel sud peninsulare: “Lo stato italiano è stato una dittatura feroce che ha messo a ferro e fuoco l'Italia meridionale e le isole, squartando, fucilando, seppellendo vivi i contadini poveri che scrittori salariati tentarono d'infamare col marchio di briganti. (da L'Ordine Nuovo, 1920). Le cannonate piemontesi su Gaeta hanno avuto, per Ciano, oltre che il fine di cacciar via dalla sua terra il re Francesco II, anche quello di umiliare una città che non si era arresa all’invasore. Ma perché, chiediamo, i Piemontesi hanno fortemente voluto questa unità politica ed economica del territorio italiano, anche a costo di fare strage di altri italiani?


Per l’autore la risposta è semplice: dietro il Piemonte si nascondeva un grande burattinaio, l’Inghilterra. L’unità è stata voluta dalla massoneria inglese per acquisire un’area commerciale di importanza vitale per i nuovi capitalisti inglesi, per avere campo libero nel Mediterraneo, anche in vista di un controllo esclusivo delle rotte commerciali attraverso il Canale di Suez. Il Regno delle Due Sicilie aveva una emigrazione pari a zero mentre dopo l’unità è avvenuta una diaspora quantificabile in circa trenta milioni di duosiciliani. Del resto, il re Ferdinando II, padre di Francesco II, aveva già proposto una nuova Italia federale con il Papa a capo ma il Piemonte si era affrettato ad ostacolarne le trattative perché fortemente indebitato a causa della sua politica guerrafondaia e non ne avrebbe ricavato nessun vantaggio economico: l’Inghilterra di Lord Palmerston ordinò una soluzione di tipo centralistico che avrebbe consentito al Piemonte di essere leader e di sanare la propria economia disastrata drenando risorse da Napoli e Palermo. Già, l’economia. Le guerre hanno sempre avuto ragioni economiche, quindi perché questa profusione di denari, sovvenzioni e stragi dovrebbe sottrarsi alla legge universale del danaro?


E qui Antonio Ciano attacca la storiografia ufficiale, proponendo una verità desumibile dagli scritti di Francesco Saverio Nitti e da una miriade di altre fonti oltre che da esperienza diretta: nel Sud peninsulare, quello, per intenderci che va dal Lazio meridionale e dall’Abruzzo fino alla Sicilia, la tassazione era mite e colpiva soprattutto i ricchi, non i contadini. Questi ultimi, inoltre, potevano usufruire gratuitamente delle terre demaniali per uso civico, affermazione che nega l’assunto, reperibile nei libri scolastici dei nostri figli, secondo il quale i territori nel sud Italia fossero in mano ai latifondisti. Il Sud era altamente industrializzato per l’epoca e la Calabria era l’area più ricca d’Europa. Quanto al Piemonte, esso era lo stato più povero e indebitato d’Europa, con un altissimo tasso di mortalità per pellagra e carbonchio. E l’eroe dei due mondi, chiedo allora? Garibaldi ha affamato Napoli e il Sud, insieme ai garibaldini meridionali come Crispi, finiti per ottenere agi, privilegi e posti di rilievo nel mondo politico di allora. L’Italia per Ciano non è mai stata unita: è stata una dittatura feroce condotta da una famiglia francese: i Savoia. Al Sud la guerra di resistenza, chiamata “lotta al brigantaggio” dalla storiografia ufficiale, è costata un milione di morti tra fucilazioni, deportazioni e paesi rasi al suolo. I piemontesi e i Savoia si sono comportati peggio dei nazisti nei confronti degli italiani del Sud. 150mila soldati inviati a Sud a massacrare la popolazione alla ricerca della libertà, più i soldati meridionali deportati nei lager come quello di Fenestrelle e lì lasciati morire di fame, freddo e stenti e sepolti nella calce viva per cancellarne ogni traccia.


L’operazione coloniale in Libia da parte del fascismo è stata dunque coerente con la politica savoiarda di sempre: quindi se si vuole davvero unire l’Italia, per Ciano occorre cancellare i Savoia e le leggi piemontesi dalla nostra storia.
Il Sud in 150 anni è stato colonizzato e desertificato: ogni anno 150000 meridionali abbandonano le proprie terre. Un tempo i cittadini del Sud avevano un reddito 4 volte superiore ai cittadini del Nord: i dati son ancora accessibili nel lavoro di Francesco Saverio Nitti. Le industrie, con l’annessione forzata, furono smantellate e portate al Nord: tra esse le acciaierie di Mongiana in Calabria e l’opificio di Pietrarsa a Napoli dove gli operai furono massacrati dai bersaglieri durante uno sciopero.
Negli ultimi 50 anni per calmierare la desertificazione economica si è operato tramite le grandi aziende pubbliche che hanno dato lavoro ma con le ultime privatizzazioni anche questi “ammortizzatori sociali” hanno perso efficacia. Le banche del Sud, come il Banco di Napoli e quello di Sicilia, non esistono più se non nominalmente, essendo state assorbite definitivamente da banche con sede nelle regioni settentrionali.
Nella guerra di conquista, oltre che l’alta finanza, un ruolo fondamentale l’hanno giocato le associazioni mafiose e camorristiche dell’epoca: la Mafia appoggiava i grandi proprietari a loro volta alleati con i Piemontesi. E’ in questi anni e in questi avvenimenti che si devono ricercare le ragioni del consolidarsi dei poteri mafiosi nel sud Italia.

“I Savoia e il Massacro del Sud” è stato negli anni osteggiato ed è costato anni di processo all’autore, pur essendo il libro stato recensito e pubblicizzato da quotidiani di rilievo nazionale come il Corriere della Sera. Potremmo aggiungere che il suo libro non è l’unico del filone: Lorenzo Del Boca, un piemontese, concorda con i dati di Ciano – da 700mila a un milione di morti conseguenti all’invasione piemontese, tra fucilati e uccisi in battaglia. Cialdini, il generale emiliano incaricato della repressione della reazione popolare, definita dai piemontesi Brigantaggio, fu un autentico macellaio, al cui confronto le malefatte dei nazisti perdono di consistenza. Cialdini fu artefice di stragi di intere popolazioni, interi paesi rasi al suolo solo perché gli abitanti erano sospettati di collaborare con i cosiddetti briganti.
Non poteva mancare, nella nostra intervista, un commento sulla Lega Nord e la cosiddetta “questione settentrionale”, una definizione dinanzi alla quale l’autore si lascia sfuggire un sorriso ironico. Ciano giudica intelligente la politica leghista, vantaggiosa per gli industriali del nord, certo non per il popolo delle regioni settentrionali. Il federalismo fiscale porterà il gettito IVA tutto al nord perché le sedi legali delle aziende nazionali sono tutte lì ubicate. Si tratta di un partito che riesce persino a finanziare i partiti suoi alleati del Sud come l’MPA di Lombardo, un partito che finge di applicare una autonomia che la Sicilia già ha. Per non parlare poi dei fondi FAS, dirottati dal Sud al Nord per pagare i debiti dei produttori di latte settentrionali e per sostenere il deficit di Malpensa: dov’è dunque il famoso assistenzialismo, si chiede lo scrittore, di cui tanto si parla in Italia? Non certo a Sud.


La Lega è il partito che fa dell’assistenzialismo per gli imprenditori del nord il proprio cavallo di battaglia. Destra e Sinistra hanno sempre avuto, secondo Ciano, lo scopo di trasferire risorse al nord. La stessa Cassa del Mezzogiorno è stata un bluff: l’89% era a vantaggio di quegli industriali del nord che aprivano fabbriche a sud per chiuderle poco dopo intascando i fondi. Le infrastrutture a Sud, lo scopo della Cassa, erano solo uno specchietto per le allodole. E qui cita Gennaro Zona e il suo libro “Come ti finanzio il Nord”. Il Nord Italia era del tutto privo di industrie, povero e in condizioni igienico-sanitarie pessime, come testimoniato anche dal Manzoni ne “I promessi sposi”, mentre a sud vi erano fabbriche che contavano anche 4.500 impiegati, come la Tozzinelli in Terra di Lavoro, quando a Milano la manifattura La Fonte, la più grande della città, contava 450 operai. Il drenaggio fiscale ha poi portato ricchezza al Nord, invertendo gli equilibri e il modello mitteleuropeo ha poi fatto da paradigma. Un altro espediente utilizzato per dirottare fondi da Sud a Nord è stato quello della Banca di Sconto durante il ventennio fascista, che godeva dei fondi di 400mila emigrati meridionali all’estero, rastrellati dagli industriali del nord, infine fatta fallire mandando sul lastrico i lavoratori. Ancora oggi Ciano vede la politica economica del nord Italia come parassitaria, basata sulla notevole differenza del costo del danaro applicato dalle “banche nordiste” e sul conseguente caro prezzo pagato dai meridionali quando accedono al credito. Ecco perché, sempre secondo Ciano, Mafia e Camorra prosperano.
E le gabbie salariali? L’ennesima forma di razzismo: pagare meno per lo stesso tipo di lavoro non ha nessuna ragione logica. Sulla disparità del costo della vita c’è poi molto da discutere: l’accesso al credito e le assicurazioni sono molto più care al sud come lo è anche fare la spesa, come testimoniato dalla recente indagine di Altroconsumo. È l’ennesima boutade razzista della Lega Nord per rastrellare voti.


Per Ciano se il Sud fosse indipendente avrebbe buone possibilità di crescita. Inoltre un Sud autonomo potrebbe controllare meglio i rifiuti provenienti dal nord e magari rispedirli al mittente.
E’ il Sud a volere il federalismo, quello che potrebbe eliminare la burocrazia e applicare una fiscalità autentica e non immaginata.
L’auspicio del nostro autore è quello che gli italiani tutti si riapproprino della verità storica, perché solo attraverso la verità si potrà arrivare al rispetto reciproco e ad una rifondazione del concetto di italianità.

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di Nicola Bruno - 26/10/2009


Un titolo sicuramente forte, “I Savoia e il Massacro del Sud”, il libro-denuncia di Antonio Ciano, amministratore del Comune di Gaeta, una città sul mare, che domina l’omonimo golfo, dinanzi alle splendide isole di Ponza e Ventotene, immerse in un mare cristallino. Non è lì che lo incontriamo ma nella piazza principale di Suzzara, nel profondo nord mantovano, piazza intitolata a Giuseppe Garibaldi, dove è eretto un busto dedicato all’avventuriero nizzardo che sembra metterlo a disagio e dal quale sembra desideroso di allontanarsi il prima possibile.

Suzzara è una cittadina industriale dove il giorno di festa è identico a quello di tutta la provincia italiana: gente ben vestita che prende l’aperitivo al bar, passeggia sui ciottoli della pavimentazione che si insinua tra una banca e l’altra, la chiesa principale, i locali dove tutto sa di atmosfera paesana.

Siamo lì anche perché si terrà, all’interno della festa ufficiale, la Festa dell’Amicizia di quegli emigranti che non provengono da fuori Europa ma solo da poche centinaia di chilometri più a sud. Cerchiamo invano lo stand del Partito del Sud nella piazza principale perché l’amministrazione comunale ha deciso di destinargli una via secondaria, alle spalle dell’agorà cittadina.

Già, Garibaldi sembra quasi essere a disagio davanti alla bandiera bianco-gigliata del fu Regno delle Due Sicilie, anche dopo quasi 150 anni.
Sensi di colpa per le promesse non mantenute?

Ma torniamo a Gaeta, città dove ancora oggi si vedono le ferite devastanti delle cannonate piemontesi inferte dal generale Cialdini, dove l’80% dei beni è demaniale, cioè requisito dallo Stato Italiano allora in mano ai Savoia, dove è nato Ciano e di dove è originaria anche la famiglia di Antonio Gramsci, quel Gramsci che fu severo critico della politica militare italiana nel sud peninsulare: “Lo stato italiano è stato una dittatura feroce che ha messo a ferro e fuoco l'Italia meridionale e le isole, squartando, fucilando, seppellendo vivi i contadini poveri che scrittori salariati tentarono d'infamare col marchio di briganti. (da L'Ordine Nuovo, 1920). Le cannonate piemontesi su Gaeta hanno avuto, per Ciano, oltre che il fine di cacciar via dalla sua terra il re Francesco II, anche quello di umiliare una città che non si era arresa all’invasore. Ma perché, chiediamo, i Piemontesi hanno fortemente voluto questa unità politica ed economica del territorio italiano, anche a costo di fare strage di altri italiani?


Per l’autore la risposta è semplice: dietro il Piemonte si nascondeva un grande burattinaio, l’Inghilterra. L’unità è stata voluta dalla massoneria inglese per acquisire un’area commerciale di importanza vitale per i nuovi capitalisti inglesi, per avere campo libero nel Mediterraneo, anche in vista di un controllo esclusivo delle rotte commerciali attraverso il Canale di Suez. Il Regno delle Due Sicilie aveva una emigrazione pari a zero mentre dopo l’unità è avvenuta una diaspora quantificabile in circa trenta milioni di duosiciliani. Del resto, il re Ferdinando II, padre di Francesco II, aveva già proposto una nuova Italia federale con il Papa a capo ma il Piemonte si era affrettato ad ostacolarne le trattative perché fortemente indebitato a causa della sua politica guerrafondaia e non ne avrebbe ricavato nessun vantaggio economico: l’Inghilterra di Lord Palmerston ordinò una soluzione di tipo centralistico che avrebbe consentito al Piemonte di essere leader e di sanare la propria economia disastrata drenando risorse da Napoli e Palermo. Già, l’economia. Le guerre hanno sempre avuto ragioni economiche, quindi perché questa profusione di denari, sovvenzioni e stragi dovrebbe sottrarsi alla legge universale del danaro?


E qui Antonio Ciano attacca la storiografia ufficiale, proponendo una verità desumibile dagli scritti di Francesco Saverio Nitti e da una miriade di altre fonti oltre che da esperienza diretta: nel Sud peninsulare, quello, per intenderci che va dal Lazio meridionale e dall’Abruzzo fino alla Sicilia, la tassazione era mite e colpiva soprattutto i ricchi, non i contadini. Questi ultimi, inoltre, potevano usufruire gratuitamente delle terre demaniali per uso civico, affermazione che nega l’assunto, reperibile nei libri scolastici dei nostri figli, secondo il quale i territori nel sud Italia fossero in mano ai latifondisti. Il Sud era altamente industrializzato per l’epoca e la Calabria era l’area più ricca d’Europa. Quanto al Piemonte, esso era lo stato più povero e indebitato d’Europa, con un altissimo tasso di mortalità per pellagra e carbonchio. E l’eroe dei due mondi, chiedo allora? Garibaldi ha affamato Napoli e il Sud, insieme ai garibaldini meridionali come Crispi, finiti per ottenere agi, privilegi e posti di rilievo nel mondo politico di allora. L’Italia per Ciano non è mai stata unita: è stata una dittatura feroce condotta da una famiglia francese: i Savoia. Al Sud la guerra di resistenza, chiamata “lotta al brigantaggio” dalla storiografia ufficiale, è costata un milione di morti tra fucilazioni, deportazioni e paesi rasi al suolo. I piemontesi e i Savoia si sono comportati peggio dei nazisti nei confronti degli italiani del Sud. 150mila soldati inviati a Sud a massacrare la popolazione alla ricerca della libertà, più i soldati meridionali deportati nei lager come quello di Fenestrelle e lì lasciati morire di fame, freddo e stenti e sepolti nella calce viva per cancellarne ogni traccia.


L’operazione coloniale in Libia da parte del fascismo è stata dunque coerente con la politica savoiarda di sempre: quindi se si vuole davvero unire l’Italia, per Ciano occorre cancellare i Savoia e le leggi piemontesi dalla nostra storia.
Il Sud in 150 anni è stato colonizzato e desertificato: ogni anno 150000 meridionali abbandonano le proprie terre. Un tempo i cittadini del Sud avevano un reddito 4 volte superiore ai cittadini del Nord: i dati son ancora accessibili nel lavoro di Francesco Saverio Nitti. Le industrie, con l’annessione forzata, furono smantellate e portate al Nord: tra esse le acciaierie di Mongiana in Calabria e l’opificio di Pietrarsa a Napoli dove gli operai furono massacrati dai bersaglieri durante uno sciopero.
Negli ultimi 50 anni per calmierare la desertificazione economica si è operato tramite le grandi aziende pubbliche che hanno dato lavoro ma con le ultime privatizzazioni anche questi “ammortizzatori sociali” hanno perso efficacia. Le banche del Sud, come il Banco di Napoli e quello di Sicilia, non esistono più se non nominalmente, essendo state assorbite definitivamente da banche con sede nelle regioni settentrionali.
Nella guerra di conquista, oltre che l’alta finanza, un ruolo fondamentale l’hanno giocato le associazioni mafiose e camorristiche dell’epoca: la Mafia appoggiava i grandi proprietari a loro volta alleati con i Piemontesi. E’ in questi anni e in questi avvenimenti che si devono ricercare le ragioni del consolidarsi dei poteri mafiosi nel sud Italia.

“I Savoia e il Massacro del Sud” è stato negli anni osteggiato ed è costato anni di processo all’autore, pur essendo il libro stato recensito e pubblicizzato da quotidiani di rilievo nazionale come il Corriere della Sera. Potremmo aggiungere che il suo libro non è l’unico del filone: Lorenzo Del Boca, un piemontese, concorda con i dati di Ciano – da 700mila a un milione di morti conseguenti all’invasione piemontese, tra fucilati e uccisi in battaglia. Cialdini, il generale emiliano incaricato della repressione della reazione popolare, definita dai piemontesi Brigantaggio, fu un autentico macellaio, al cui confronto le malefatte dei nazisti perdono di consistenza. Cialdini fu artefice di stragi di intere popolazioni, interi paesi rasi al suolo solo perché gli abitanti erano sospettati di collaborare con i cosiddetti briganti.
Non poteva mancare, nella nostra intervista, un commento sulla Lega Nord e la cosiddetta “questione settentrionale”, una definizione dinanzi alla quale l’autore si lascia sfuggire un sorriso ironico. Ciano giudica intelligente la politica leghista, vantaggiosa per gli industriali del nord, certo non per il popolo delle regioni settentrionali. Il federalismo fiscale porterà il gettito IVA tutto al nord perché le sedi legali delle aziende nazionali sono tutte lì ubicate. Si tratta di un partito che riesce persino a finanziare i partiti suoi alleati del Sud come l’MPA di Lombardo, un partito che finge di applicare una autonomia che la Sicilia già ha. Per non parlare poi dei fondi FAS, dirottati dal Sud al Nord per pagare i debiti dei produttori di latte settentrionali e per sostenere il deficit di Malpensa: dov’è dunque il famoso assistenzialismo, si chiede lo scrittore, di cui tanto si parla in Italia? Non certo a Sud.


La Lega è il partito che fa dell’assistenzialismo per gli imprenditori del nord il proprio cavallo di battaglia. Destra e Sinistra hanno sempre avuto, secondo Ciano, lo scopo di trasferire risorse al nord. La stessa Cassa del Mezzogiorno è stata un bluff: l’89% era a vantaggio di quegli industriali del nord che aprivano fabbriche a sud per chiuderle poco dopo intascando i fondi. Le infrastrutture a Sud, lo scopo della Cassa, erano solo uno specchietto per le allodole. E qui cita Gennaro Zona e il suo libro “Come ti finanzio il Nord”. Il Nord Italia era del tutto privo di industrie, povero e in condizioni igienico-sanitarie pessime, come testimoniato anche dal Manzoni ne “I promessi sposi”, mentre a sud vi erano fabbriche che contavano anche 4.500 impiegati, come la Tozzinelli in Terra di Lavoro, quando a Milano la manifattura La Fonte, la più grande della città, contava 450 operai. Il drenaggio fiscale ha poi portato ricchezza al Nord, invertendo gli equilibri e il modello mitteleuropeo ha poi fatto da paradigma. Un altro espediente utilizzato per dirottare fondi da Sud a Nord è stato quello della Banca di Sconto durante il ventennio fascista, che godeva dei fondi di 400mila emigrati meridionali all’estero, rastrellati dagli industriali del nord, infine fatta fallire mandando sul lastrico i lavoratori. Ancora oggi Ciano vede la politica economica del nord Italia come parassitaria, basata sulla notevole differenza del costo del danaro applicato dalle “banche nordiste” e sul conseguente caro prezzo pagato dai meridionali quando accedono al credito. Ecco perché, sempre secondo Ciano, Mafia e Camorra prosperano.
E le gabbie salariali? L’ennesima forma di razzismo: pagare meno per lo stesso tipo di lavoro non ha nessuna ragione logica. Sulla disparità del costo della vita c’è poi molto da discutere: l’accesso al credito e le assicurazioni sono molto più care al sud come lo è anche fare la spesa, come testimoniato dalla recente indagine di Altroconsumo. È l’ennesima boutade razzista della Lega Nord per rastrellare voti.


Per Ciano se il Sud fosse indipendente avrebbe buone possibilità di crescita. Inoltre un Sud autonomo potrebbe controllare meglio i rifiuti provenienti dal nord e magari rispedirli al mittente.
E’ il Sud a volere il federalismo, quello che potrebbe eliminare la burocrazia e applicare una fiscalità autentica e non immaginata.
L’auspicio del nostro autore è quello che gli italiani tutti si riapproprino della verità storica, perché solo attraverso la verità si potrà arrivare al rispetto reciproco e ad una rifondazione del concetto di italianità.

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