di Susanna Ambivero
Nicola Casentino, alias “nick ‘o americano”, coordinatore regionale Pdl, deputato e sottosegretario economia finanze: è parente di un boss dei casalesi. Un pentito racconta come gli ha raccolto i voti.
Luigi Cesaro, deputato alla Camera Pdl. Nel 1988 latitante per evitare l’arresto: truffa ai danni dello stato. Assessore al tesoro di un comune sciolto per mafia dal ministro Scotti, oggi sottosegretario governo Berlusconi.
Angelo Brancaccio, consigliere regionale, vice segretario Udeur: nel 2007 arrestato per estorsione, falso, peculato.
Roberto Conte, ex consigliere regionale Pd: un boss racconta come è stato votato in cambio di appalti.
“La Campania è in mano alla camorra”. Questo gravissimo allarme non viene lanciato da una persona qualunque ma da un professionista dell’anti-camorra: il giudice per le indagini preliminari Tullio Morello, Presidente della Giunta Regionale dell’Associazione Nazionale Magistrati di Napoli.
Anche il pm Giovanni Melillo è della stessa opinione; nella relazione della Procura Nazionale Antimafia diffusa nel 2008 il giudice afferma che la camorra è diventata parte integrante dell’economia campana e aggiunge che questa condizione è stata resa possibile grazie al progressivo instaurarsi di uno stretto intreccio tra esponenti della camorra e della pubblica amministrazione. Una sinergia malata che permette alla malavita di rendersi praticamente invisibile allo sguardo altrui.
In teoria la camorra e gli eventi ad essa legati dovrebbero essere affrontati e combattuti dalle istituzioni, malauguratamente in questo frangente questa soluzione non è proponibile in quanto proprio la malavita organizzata, attraverso la politica, governa, decide, comanda e alimenta questa assurda situazione.
Forse è il caso di dirlo senza usare troppi giri di parole: oggi in Campania camorra e politica troppo spesso coincidono.
Per poter uscire da questa impasse e tornare a sperare di riuscire a demolire il sistema camorra è importante che la questione morale diventi una priorità. Solo quando questo obiettivo sarà stato raggiunto si potranno affrontare e risolvere problemi più direttamente legati alla malavita come la dilagante microcriminalità o l’annoso problema legato al ciclo dei rifiuti.
Elencare tutti i casi in cui si configura un ipotesi, e a volte la certezza, di un accordo tra poteri politici e camorra, sarebbe un impresa titanica. Quello che è fattibile è presentare alcuni casi emblematici che stanno vedendo la luce in questo periodo.
ANGELO BRANCACCIO
Consigliere regionale nonché vice segretario vicario dell’UDEUR in Campania.
L’8 maggio del 2007, quando era sindaco di Orta di Atella (Caserta), fu arrestato per i reati di estorsione, falso e peculato. Dopo appena un mese ricevette un secondo mandato d’arresto per abuso d’ufficio, abuso edilizio, scempio ambientale, corruzione e favoreggiamento. Nell’inchiesta confluirono anche altre indagini: una per lesioni personali e minacce che Brancaccio rivolse ai danni di un consigliere comunale di Rifondazione, una per contatti con la camorra del clan dei Casalesi ed un altra per minacce e pressioni ad amministratori e imprenditori”concorrenti”, tutto avvalendosi dell’ausilio della camorra. Dopo aver scontato 20 giorni di carcere e due mesi di arresti domiciliari, l’ex sindaco di Orta di Atella tornò un uomo libero agli inizi del settembre 2007. Poco dopo fu riammesso anche in consiglio regionale.
Venne arrestato nuovamente nel maggio 2008, nel corso di un’operazione compiuta dai Carabinieri del comando provinciale di Caserta su disposizione della Procura della Repubblica di Santa Maria Capua Vetere in collaborazione con la Direzione Distrettuale Antimafia di Napoli. L’accusa fu di estorsione, corruzione, peculato, reati contro la pubblica amministrazione e contro il patrimonio.
Con questi capi d’imputazione Brancaccio è stato rinviato a giudizio per il 17 novembre prossimo davanti alla II sezione penale del tribunale di Santa Maria Capua Vetere.
Nei giorni scorsi l’onorevole ha annunciato di voler lasciare l’incarico alla regione per tornare alla provincia, così da poter seguire il territorio più da vicino.
ROBERTO CONTE
Ex-consigliere regionale della regione Campania nelle file del PD.
Il capo clan Giuseppe Misso, attualmente detenuto nel carcere di Rebibbia, afferma che i voti necessari all’elezione di Conte per compiere il salto di qualità da membro della provincia di Napoli a componente del consiglio della regione Campania furono procurati dalla camorra che, come si sa, detiene il controllo sul voto di molti cittadini. L’onorevole, in cambio del favore elettorale, avrebbe promesso l’assegnazione di numerosi appalti a ditte segnalate dai clan.
Il tribunale di Napoli il 4 giugno 2009 ha emesso la sentenza di colpevolezza per il reato di concorso esterno in associazione mafiosa e ha condannato il consigliere alla pena di due anni e otto mesi di reclusione.
A seguito di questa sentenza Roberto Conte è stato sospeso dalla carica di consigliere regionale a decorrere dalla data del 7 settembre 2009.
LUIGI CESARO
Deputato alla Camera con il PdL, presidente della provincia di Napoli
Nel 1988, mentre ricopriva la carica di assessore al bilancio del Comune di Sant’Antimo, suo paese natale, sfuggì all’arresto che era stato spiccato a seguito di una truffa ai danni dello Stato perpetrata in accordo con i clan locali, dandosi latitante.
Terminato il periodo di latitanza riuscì a riabilitarsi e rientrò nel consiglio comunale di Sant’Antimo in qualità di assessore al tesoro. Nel 1991 fu nuovamente coinvolto nelle indagini per lo scioglimento per infiltrazioni di tipo mafioso del Comune. Di nuovo il politico si rende irreperibile. Nella relazione che sancisce lo scioglimento firmato dal ministro dell’interno Vincenzo Scotti si legge “ visto che il consiglio comunale … presenta collegamenti diretti ed indiretti tra parte dei componenti del consesso e la criminalità organizzata … constatato che la chiara contiguità degli amministratori con la criminalità organizzata ha creato una perdurante situazione drammatica nella vita amministrativa e politica dell’ente … la cointeressenza tra amministratori pubblici e malavita si coglie soffermandosi sugli accordi in materia di appalti tra il clan dei Verde, che operano attraverso la cooperativa “raggio di sole” di cui sono soci i fratelli Aniello, Raffaele e Luigi Cesaro”.
Il pentito di camorra Gaetano Vassallo, l’imprenditore che per vent’anni ha gestito il traffico di rifiuti tossici per conto dei boss casalesi, afferma che l’onorevole Cesaro è stata persona di fiducia dell’ex boss Francesco Bidognetti, alias Cicciotto ‘e Mezzanotte, il super boss condannato all’ergastolo nel processo Spartacus. Vassalo dice “Mi spiegarono che Luigi Cesaro doveva iniziare i lavori presso la Texas di Aversa e che in quell’occasione si era quantificata la mazzetta che il Cesaro doveva pagare al clan. Inoltre gli stessi avevano parlato con il Cesaro per la spartizione degli utili e dei capannoni che si dovevano costruire a Lusciano attraverso la ditta del Cesaro sponsorizzata dal clan Bidognetti”.
Le indagini della Direzione distrettuale antimafia di Napoli hanno trovato numerose conferme al quadro delineato da Vassallo e Cesaro è attualmente indagato nell’ambito del maxi-processo per lo scandalo dei rifiuti in Campania.
NICOLA COSENTINO (alias Nick ’o Americano)
Deputato alla Camera è coordinatore regionale de Il Popolo della Libertà in Campania e sottosegretario di Stato all’economia e alle finanze.
E’ parente acquisito del boss del clan dei casalesi Giuseppe Russo, detto Peppe O’ Padrino. Nel 2000 il pentito Carmine Schiavone racconta ai magistrati dell’Antimafia di essere un intimo amico dell’onorevole e di essere intervenuto personalmente per assicurargli i voti procacciati dalla camorra. Queste accuse non devono essere completamente destituite di fondamento in quanto i giudici le hanno usate come motivazione nella condanna a carico dello stesso Carmine Schiavone. Nella relazione della Corte d’assise si legge: “Gli appoggi del clan si sarebbero divisi tra Aldo Riccardi e Nicola Cosentino, candidato nelle liste del Psdi, sostenuto personalmente da Carmine Schiavone”. E aggiungono che “il sodalizio era prevalentemente interessato a determinare la formazione di amministratori locali, attraverso cui esercitare il controllo degli appalti pubblici”.Il sodalizio, ovviamente, sono i casalesi.
Sono di questo periodo le incredibili affermazioni dell’onorevole Cosentino che pubblicamente afferma “Anticamorra spesso nelle nostre parti ha il significato di lasciare le cose come stanno, senza dare un futuro di investimenti alle nostre terre. Casale deve potere attrarre investimenti, ma dico al partito anticamorra che colpire indistintamente coloro che fanno non ha senso. Se bisogna fare, bisogna capire che questa è una terra difficile…”
Alle accuse mosse da Schiavone nei confronti di Nicola Cosentino ne sono succedute altre. Il boss Dario De Simone lo accusa apertamente di essere una “persona a disposizione del clan dei Casalesi”.
Il boss Berando Cirillo afferma che Cosentino gli fu presentato negli anni ‘80 come uno dei rappresentanti del Clan Bidognetti nel mondo istituzionale e che quindi la sua candidatura alla provincia doveva essere favorita.
Il pentito Michele Froncillo lo accusa di avere legami con il boss Raffaele Letizia.
Il pentito Domenico Frascogna afferma che Nicola Cosentino era la persona designata per recapitare i messaggi diretti a Sandokan, lo storico boss degli Schiavone.
Sotto osservazione sono anche i rapporti dell’onorevole con i fratelli Orsi, proprietari della società ECO4 e esponenti di spicco dell’imprenditoria camorrista.
Il pentito Vassallo ha accusato l’onorevole di aver un ruolo di primo piano nel riciclaggio abusivo di rifiuti tossici e che l’onorevole Cosentino ha ricevuto, davanti a lui, una busta contenente una tangente di 50mila euro.
Cosentino è attualmente indagato dalla magistratura.
Non si capisce perché tutte queste vicende, che sono supportate da solidi indizi, restano ai margini della cronaca giudiziaria italiana mentre la notizia che comuni cittadini alzano la testa e protestano, come sta accadendo in questi mesi in molte comunità interessate direttamente alle vicende legate alle discariche, venga riportato da molti media usando termini di biasimo verso la cittadinanza.
Sembra che venga moralmente accettato che una comunità intera possa venir intimorita con l’utilizzo dell’esercito per le strade da parte di quello stesso governo che viene rappresentato localmente da uomini in forte odore di camorra.
Fonte:Domani.Arcoiris.tv
Nicola Casentino, alias “nick ‘o americano”, coordinatore regionale Pdl, deputato e sottosegretario economia finanze: è parente di un boss dei casalesi. Un pentito racconta come gli ha raccolto i voti.
Luigi Cesaro, deputato alla Camera Pdl. Nel 1988 latitante per evitare l’arresto: truffa ai danni dello stato. Assessore al tesoro di un comune sciolto per mafia dal ministro Scotti, oggi sottosegretario governo Berlusconi.
Angelo Brancaccio, consigliere regionale, vice segretario Udeur: nel 2007 arrestato per estorsione, falso, peculato.
Roberto Conte, ex consigliere regionale Pd: un boss racconta come è stato votato in cambio di appalti.
“La Campania è in mano alla camorra”. Questo gravissimo allarme non viene lanciato da una persona qualunque ma da un professionista dell’anti-camorra: il giudice per le indagini preliminari Tullio Morello, Presidente della Giunta Regionale dell’Associazione Nazionale Magistrati di Napoli.
Anche il pm Giovanni Melillo è della stessa opinione; nella relazione della Procura Nazionale Antimafia diffusa nel 2008 il giudice afferma che la camorra è diventata parte integrante dell’economia campana e aggiunge che questa condizione è stata resa possibile grazie al progressivo instaurarsi di uno stretto intreccio tra esponenti della camorra e della pubblica amministrazione. Una sinergia malata che permette alla malavita di rendersi praticamente invisibile allo sguardo altrui.
In teoria la camorra e gli eventi ad essa legati dovrebbero essere affrontati e combattuti dalle istituzioni, malauguratamente in questo frangente questa soluzione non è proponibile in quanto proprio la malavita organizzata, attraverso la politica, governa, decide, comanda e alimenta questa assurda situazione.
Forse è il caso di dirlo senza usare troppi giri di parole: oggi in Campania camorra e politica troppo spesso coincidono.
Per poter uscire da questa impasse e tornare a sperare di riuscire a demolire il sistema camorra è importante che la questione morale diventi una priorità. Solo quando questo obiettivo sarà stato raggiunto si potranno affrontare e risolvere problemi più direttamente legati alla malavita come la dilagante microcriminalità o l’annoso problema legato al ciclo dei rifiuti.
Elencare tutti i casi in cui si configura un ipotesi, e a volte la certezza, di un accordo tra poteri politici e camorra, sarebbe un impresa titanica. Quello che è fattibile è presentare alcuni casi emblematici che stanno vedendo la luce in questo periodo.
ANGELO BRANCACCIO
Consigliere regionale nonché vice segretario vicario dell’UDEUR in Campania.
L’8 maggio del 2007, quando era sindaco di Orta di Atella (Caserta), fu arrestato per i reati di estorsione, falso e peculato. Dopo appena un mese ricevette un secondo mandato d’arresto per abuso d’ufficio, abuso edilizio, scempio ambientale, corruzione e favoreggiamento. Nell’inchiesta confluirono anche altre indagini: una per lesioni personali e minacce che Brancaccio rivolse ai danni di un consigliere comunale di Rifondazione, una per contatti con la camorra del clan dei Casalesi ed un altra per minacce e pressioni ad amministratori e imprenditori”concorrenti”, tutto avvalendosi dell’ausilio della camorra. Dopo aver scontato 20 giorni di carcere e due mesi di arresti domiciliari, l’ex sindaco di Orta di Atella tornò un uomo libero agli inizi del settembre 2007. Poco dopo fu riammesso anche in consiglio regionale.
Venne arrestato nuovamente nel maggio 2008, nel corso di un’operazione compiuta dai Carabinieri del comando provinciale di Caserta su disposizione della Procura della Repubblica di Santa Maria Capua Vetere in collaborazione con la Direzione Distrettuale Antimafia di Napoli. L’accusa fu di estorsione, corruzione, peculato, reati contro la pubblica amministrazione e contro il patrimonio.
Con questi capi d’imputazione Brancaccio è stato rinviato a giudizio per il 17 novembre prossimo davanti alla II sezione penale del tribunale di Santa Maria Capua Vetere.
Nei giorni scorsi l’onorevole ha annunciato di voler lasciare l’incarico alla regione per tornare alla provincia, così da poter seguire il territorio più da vicino.
ROBERTO CONTE
Ex-consigliere regionale della regione Campania nelle file del PD.
Il capo clan Giuseppe Misso, attualmente detenuto nel carcere di Rebibbia, afferma che i voti necessari all’elezione di Conte per compiere il salto di qualità da membro della provincia di Napoli a componente del consiglio della regione Campania furono procurati dalla camorra che, come si sa, detiene il controllo sul voto di molti cittadini. L’onorevole, in cambio del favore elettorale, avrebbe promesso l’assegnazione di numerosi appalti a ditte segnalate dai clan.
Il tribunale di Napoli il 4 giugno 2009 ha emesso la sentenza di colpevolezza per il reato di concorso esterno in associazione mafiosa e ha condannato il consigliere alla pena di due anni e otto mesi di reclusione.
A seguito di questa sentenza Roberto Conte è stato sospeso dalla carica di consigliere regionale a decorrere dalla data del 7 settembre 2009.
LUIGI CESARO
Deputato alla Camera con il PdL, presidente della provincia di Napoli
Nel 1988, mentre ricopriva la carica di assessore al bilancio del Comune di Sant’Antimo, suo paese natale, sfuggì all’arresto che era stato spiccato a seguito di una truffa ai danni dello Stato perpetrata in accordo con i clan locali, dandosi latitante.
Terminato il periodo di latitanza riuscì a riabilitarsi e rientrò nel consiglio comunale di Sant’Antimo in qualità di assessore al tesoro. Nel 1991 fu nuovamente coinvolto nelle indagini per lo scioglimento per infiltrazioni di tipo mafioso del Comune. Di nuovo il politico si rende irreperibile. Nella relazione che sancisce lo scioglimento firmato dal ministro dell’interno Vincenzo Scotti si legge “ visto che il consiglio comunale … presenta collegamenti diretti ed indiretti tra parte dei componenti del consesso e la criminalità organizzata … constatato che la chiara contiguità degli amministratori con la criminalità organizzata ha creato una perdurante situazione drammatica nella vita amministrativa e politica dell’ente … la cointeressenza tra amministratori pubblici e malavita si coglie soffermandosi sugli accordi in materia di appalti tra il clan dei Verde, che operano attraverso la cooperativa “raggio di sole” di cui sono soci i fratelli Aniello, Raffaele e Luigi Cesaro”.
Il pentito di camorra Gaetano Vassallo, l’imprenditore che per vent’anni ha gestito il traffico di rifiuti tossici per conto dei boss casalesi, afferma che l’onorevole Cesaro è stata persona di fiducia dell’ex boss Francesco Bidognetti, alias Cicciotto ‘e Mezzanotte, il super boss condannato all’ergastolo nel processo Spartacus. Vassalo dice “Mi spiegarono che Luigi Cesaro doveva iniziare i lavori presso la Texas di Aversa e che in quell’occasione si era quantificata la mazzetta che il Cesaro doveva pagare al clan. Inoltre gli stessi avevano parlato con il Cesaro per la spartizione degli utili e dei capannoni che si dovevano costruire a Lusciano attraverso la ditta del Cesaro sponsorizzata dal clan Bidognetti”.
Le indagini della Direzione distrettuale antimafia di Napoli hanno trovato numerose conferme al quadro delineato da Vassallo e Cesaro è attualmente indagato nell’ambito del maxi-processo per lo scandalo dei rifiuti in Campania.
NICOLA COSENTINO (alias Nick ’o Americano)
Deputato alla Camera è coordinatore regionale de Il Popolo della Libertà in Campania e sottosegretario di Stato all’economia e alle finanze.
E’ parente acquisito del boss del clan dei casalesi Giuseppe Russo, detto Peppe O’ Padrino. Nel 2000 il pentito Carmine Schiavone racconta ai magistrati dell’Antimafia di essere un intimo amico dell’onorevole e di essere intervenuto personalmente per assicurargli i voti procacciati dalla camorra. Queste accuse non devono essere completamente destituite di fondamento in quanto i giudici le hanno usate come motivazione nella condanna a carico dello stesso Carmine Schiavone. Nella relazione della Corte d’assise si legge: “Gli appoggi del clan si sarebbero divisi tra Aldo Riccardi e Nicola Cosentino, candidato nelle liste del Psdi, sostenuto personalmente da Carmine Schiavone”. E aggiungono che “il sodalizio era prevalentemente interessato a determinare la formazione di amministratori locali, attraverso cui esercitare il controllo degli appalti pubblici”.Il sodalizio, ovviamente, sono i casalesi.
Sono di questo periodo le incredibili affermazioni dell’onorevole Cosentino che pubblicamente afferma “Anticamorra spesso nelle nostre parti ha il significato di lasciare le cose come stanno, senza dare un futuro di investimenti alle nostre terre. Casale deve potere attrarre investimenti, ma dico al partito anticamorra che colpire indistintamente coloro che fanno non ha senso. Se bisogna fare, bisogna capire che questa è una terra difficile…”
Alle accuse mosse da Schiavone nei confronti di Nicola Cosentino ne sono succedute altre. Il boss Dario De Simone lo accusa apertamente di essere una “persona a disposizione del clan dei Casalesi”.
Il boss Berando Cirillo afferma che Cosentino gli fu presentato negli anni ‘80 come uno dei rappresentanti del Clan Bidognetti nel mondo istituzionale e che quindi la sua candidatura alla provincia doveva essere favorita.
Il pentito Michele Froncillo lo accusa di avere legami con il boss Raffaele Letizia.
Il pentito Domenico Frascogna afferma che Nicola Cosentino era la persona designata per recapitare i messaggi diretti a Sandokan, lo storico boss degli Schiavone.
Sotto osservazione sono anche i rapporti dell’onorevole con i fratelli Orsi, proprietari della società ECO4 e esponenti di spicco dell’imprenditoria camorrista.
Il pentito Vassallo ha accusato l’onorevole di aver un ruolo di primo piano nel riciclaggio abusivo di rifiuti tossici e che l’onorevole Cosentino ha ricevuto, davanti a lui, una busta contenente una tangente di 50mila euro.
Cosentino è attualmente indagato dalla magistratura.
Non si capisce perché tutte queste vicende, che sono supportate da solidi indizi, restano ai margini della cronaca giudiziaria italiana mentre la notizia che comuni cittadini alzano la testa e protestano, come sta accadendo in questi mesi in molte comunità interessate direttamente alle vicende legate alle discariche, venga riportato da molti media usando termini di biasimo verso la cittadinanza.
Sembra che venga moralmente accettato che una comunità intera possa venir intimorita con l’utilizzo dell’esercito per le strade da parte di quello stesso governo che viene rappresentato localmente da uomini in forte odore di camorra.
Fonte:Domani.Arcoiris.tv
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