Secondo una ricerca del Cnr gli abitanti di Gela hanno il sangue pieno di veleni e metalli pesanti. E i tumori superano le medie statistiche. Quale futuro per Gela e le sue sorelle?
In Italia si parla sempre più spesso di “eredità nucleare” e del pesante lascito che pochi anni di industria atomica nazionale hanno portato anche a chi è nato ben dopo la chiusura degli impianti.
Quello dell’eredità nucleare è un tema che va trattato, perchè è una ferita aperta che va richiusa una volta per tutte.L’attuale governo è convinto di poterlo fare con una nuova storia nucleare italiana, vedremo se ci riuscirà…
Nel frattempo, però, c’è un’eredità ben più grande con la quale bisogna fare i conti: quella petrolchimica.
Inquinamento, compromissione degli habitat, danni sanitari ingenti per le popolazioni.
Sono molti i siti italiani che hanno a che fare con questi enormi problemi già oggi che le raffinerie, e le vecchie centrali elettriche che spesso le accompagnano, sono ancora in funzione.
Gela su tutti.Gela la conoscono tutti.
Gela sta messa veramente male: basta guardarla.
Mi ricordo quando, negli anni ottanta, per andare dalla provincia di Ragusa a Palermo, passando da Gela, bisognava chiudere i finestrini dell’automobile, anche in piena estate, perchè la puzza era insopportabile.L’aria era pesantissima e bruciava la gola.Mi sono sempre chiesto come facessero i gelesi a vivere in quel posto, poi crescendo e tornando a Gela ho capito che in città la situazione era molto meno drammatica grazie ai venti che portavano quell’aria pesantissima lontano dall’abitato.
Ma, a quanto pare, i venti non sono bastati a salvare i gelesi…
I dati recentemente forniti dal Cnr, infatti, descrivono una città in ginocchio, devastata nel suo presente e nel suo futuro.Arsenico, rame, piombo, mercurio. Sembra la piccola bottega degli orrori.Invece è il sangue di un gelese su cinque.Il campione studiato dal Cnr non è grandissimo: 262 abitanti tra Gela, Niscemi e Butera. Tutte in provincia di Caltanissetta.
Tuttavia, nonostante i numeri, a differenza di altri studi il buon nome del Cnr è garanzia della serietà della ricerca e della gravità dei risultati: non solo gli operai del petrolchimico Eni e dell’indotto, ma anche casalinghe, impiegati e persino giovani sotto la quarantina…
Gela sta messa male “epidemiologicamente“, i veleni sono diffusi, i tumori sono tutti sopra la media nazionale e specialmente quelli alla pleura, ai polmoni, allo stomaco e all’intestino.D’altronde, con percentuali di arsenico nelle urine superiori di 1.600 volte al limite cosa ci si potrebbe aspettare?Povera Gela.
E povere anche tutte le altre, visto che l’Italia è piena di situazioni simili.Per restare in Sicilia: il comprensorio Augusta-Melilli-Priolo, nella zona orientale, e il comprensorio del Mela, in quella settentrionale.Augusta è un caso emblematico: nel suo specchio di mare, da decenni, passano migliaia e migliaia di petroliere, di navi cisterna che trasportano i prodotti e i sottoprodotti delle raffinerie, navi cargo.Recentemente si è andato a vedere cosa c’è sul fondo della rada di Augusta: tonnellate di mercurio e idrocarburi.Facciamo la bonifica?
Certamente, il Ministero dell’Ambiente ci ha messo pure i soldi: 700 milioni.
Ma non è così semplice: da una parte c’è chi spinge per la bonifica immediata, dall’altra chi afferma che la bonifica si potrebbe tramutare in un ulteriore disasto ambientale: per togliere il mercurio bisogna asportare un paio di metri di fondale e si creerebbero migliaia di tonnelate di fanghi da smaltire, per non parlare della possibilità che, a causa dei lavori di aspirazione del fondale, il mercurio si rimescoli e si disperda…
Altro sito, altro giro: Milazzo-comprensorio del Mela, raffineria e centrale termoelettrica. Come a Gela, come a Priolo.Volete sapere come si vive in quelle zone del messinese?
Rileggetevi il report della Tat…Tutto questo soltanto in Sicilia: se allarghiamo l’orizzonte, senza neanche spostarsi dal sud Italia, emergono realtà non meno preoccupanti.Basti pensare a Taranto o a Brindisi, dove ci sono stati anche recenti problemi giudiziari…
Basta, quanto appena accennato in questo allegrissimo post, per sentirsi autorizzati a parlare di “eredità petrolchimica“?
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