di Paolo Andruccioli
“Attenzione, la questione meridionale non esiste. O almeno non esiste come fatto separato dalla questione dello sviluppo italiano. Il problema dello sviluppo del Sud d’Italia è un problema nazionale ed europeo. È quindi sbagliato continuare ad affrontarlo separatamente da tutto il resto. Anche il sindacato dovrebbe lanciare una grande iniziativa in questo senso”. La Banca per il Sud di Tremonti? “Non ho capito ancora bene di che cosa si tratti realmente, ma non credo proprio che sia sufficiente creare una banca cooperativa delle banche cooperative”. Continuare con gli incentivi alle imprese? “Ritengo sbagliato continuare ad usare esclusivamente la leva delle agevolazioni fiscali e del credito di imposta a pioggia. Il vero segreto di una politica di sviluppo moderna sta nel coordinamento e nell’integrazione degli interventi per la creazione di beni e servizi pubblici di qualità. Se si punta solo sull’insegnamento e non si hanno poi scuole con le palestre o con i laboratori scientifici, la politica è destinata a essere meno incisiva”. E le gabbie salariali? “Un’idea completamente sbagliata”.
Gianfranco Viesti, docente di Economia applicata all’Università di Bari, assessore in Puglia e autore di numerosi testi (sottovalutati) sul Mezzogiorno e sui suoi tanti tradimenti, non usa mezzi termini nel descrivere lo stato del paese partendo dal suo meridione. “Il 2009 sarà ricordato come l’anno peggiore nella storia del Sud. Ma presto ci saranno grandi cambiamenti perché così l’Italia non può reggere ed è anche assurdo continuare a parlare di secessione senza capirne gli altissimi prezzi”. Vediamo dunque di fare pulizia di qualche luogo comune e di concentrare l’attenzione sugli interventi.
Rassegna Professore, uno dei temi ricorrenti degli ultimi anni riguarda lo squilibrio (presunto) delle risorse destinate alle diverse aree del paese. Si consolida l’idea che al Sud vengano destinate troppe risorse e che lo stesso Sud non ricambi il “favore”. Eminenti commentatori propongono tagli drastici. Ma come stanno davvero le cose?
Viesti Le informazioni ufficiali dicono che per quanto riguarda il capitolo spesa pubblica corrente (senza calcolare gli interessi sul debito che vanno tutti al Nord), la spesa pro-capite del Sud è nettamente inferiore alla media nazionale. Questo dipende dalla composizione della spesa. E dato che la spesa sociale italiana è caratterizzata soprattutto dalla spesa previdenziale (anch’essa concentrata soprattutto nel Centro-Nord), il Sud è penalizzato anche in questo senso. Se invece si vuole ignorare il dettato costituzionale (che prevede il diritto all’istruzione per tutti, tanto per fare un esempio) e si legano i dati al Pil territoriale, come ha fatto di recente Alesina sul Sole 24 Ore, allora è chiaro che al Sud c’è troppa spesa e si può ritenere che gli insegnanti vengano pagati troppo rispetto a quelli del Nord dove il costo della vita si dice sia più alto. Ma questo diventa allora un problema di impostazione politica (leghista) e non più di economia.
Rassegna Ma anche secondo Bankitalia al Nord la vita costa più cara. E a questo si sono attaccati quelli della Lega per chiedere il ritorno alle gabbie salariali…
Viesti Le stime di Banca di Italia sul costo della vita sono utili. Ma anche ipotizzando una uguale qualità dei servizi offerti, è necessario poi distinguere la situazione sociale reale zona per zona. Per quanto riguarda l’idea delle gabbie salariali la ritengo completamente sbagliata. I salari devono essere collegati alla produttività e trattati dalle parti sociali e non decisi dall’alto da non si sa bene quale autorità
Rassegna È indubbio però che alla base della questione meridionale ci siano ragioni strutturali. Quali sono stati secondo lei i passaggi storici decisivi che hanno determinato la situazione attuale?
Viesti Sono stati due i punti di svolta storici che hanno determinato il mancato sviluppo del Sud. Il primo è stato a cavallo tra l’800 e il ‘900 quando nello sforzo di industrializzazione l’Italia al tempo di Nitti ha puntato esclusivamente sul Nord per ragioni geografiche (c’era abbondanza d’acqua, c’erano le pianure…). Il secondo passaggio è stato quello della fine degli anni 70, inizio anni 80 del novecento, quando l’obiettivo di uno sviluppo del Sud è passato in secondo piano per privilegiare la difesa dell’apparato industriale del Nord.
Rassegna Avendo chiarito i termini reali nella gestione delle risorse nella spesa, quali sono state secondo lei le cose che non hanno funzionato nel passato recente a livello di investimenti nel Sud? E che giudizio dà delle politiche di incentivazione fiscale a favore delle imprese?
Viesti Le politiche degli ultimi dieci anni sono state discrete, anche se insufficienti. Vedo tre problemi fondamentali. Il primo riguarda la limitatezza delle risorse, come risulta da tutti i dati disponibili. Anche per esperienza diretta come assessore, ricordo che spesso si è costretti a usare i fondi aggiuntivi per coprire le spese ordinarie come la manutenzione delle scuole. Secondo me è stato invece fatto troppo sotto forma d’incentivi. C’è stata una spesa altissima. Io non sono contro a priori, ma la spesa per incentivi alle imprese è stata comunque troppo alta. Il secondo è un problema di qualità. Non è vero che i soldi che sono stati investiti al Sud sono soldi sprecati, ma è vero che in mancanza di una vera integrazione tra gli interventi i risultati non si vedono. È anche sbagliato (terzo problema) puntare come si sta facendo ora solo sulle grandi opere tipo il Ponte sullo Stretto, i cui effetti sono quantomeno dubbi. Si possono pensare anche tanti piccoli interventi; ma l’essenziale è che siano integrati tra loro. C’è anche da considerare che le opere pubbliche hanno tempi lunghi di realizzazione (10-12 anni). Prendiamo per esempio la Salerno-Reggio Calabria: sono stati spesi tanti soldi, ma non sono stati soldi buttati. Però finché l’opera non arriva a compimento non se ne hanno gli effetti positivi.
Rassegna Mentre parliamo di lavori e progetti, c’è chi parla apertamente di una secessione più o meno dolce. E chi sostiene che la secessione – dopo la riforma federalista – ha già preso il via. Ma quali ne sarebbero le conseguenze? A chi conviene un paese separato in casa e quali sarebbero cioè i costi effettivi del divorzio tra Nord e Sud?
Viesti Ognuno parte dalle proprie convinzioni. Per quanto mi riguarda io sono un convinto europeista e quindi sono contrario ai confini. Un’eventuale secessione avrebbe inoltre dei costi molto alti per tutti: si pensi alla questione del debito pubblico. In generale io penso che dividere comporti sempre una scelta antieconomica. Unire, al contrario, aiuta tutti.
Rassegna Chi pensa alla divisione e alla separazione tra Nord e Sud usa spesso l’argomento della presenza della criminalità organizzata. Che rapporto esiste tra questa realtà e i ritardi delle Regioni del Sud? È la questione dell’uovo e della gallina? Viene cioè prima la criminalità e poi il ritardo o viceversa?
Viesti Il problema del rapporto tra sottosviluppo e criminalità è complesso; i due elementi si influenzano ma non si spiegano da soli. E non sono questione solo del Sud. Si tratta anche qui di un problema nazionale. Non è un caso infatti che l’Antimafia abbia riportato all’attenzione il ruolo di Milano come capitale della ‘ndrangheta. Non si tratta di fenomeni locali. Il problema deve essere affrontato a livello nazionale ed europeo. È anche evidente che la battaglia deve partire dagli stessi meridionali (e già lo si sta facendo). Noi meridionali dobbiamo affrontare i temi della collusione con le mafie, la corruzione e tutti gli altri fenomeni che caratterizzano la presenza della criminalità organizzata.
Rassegna Proprio in un contesto di politiche europee, come si può ripensare oggi una moderna politica per il Sud dell’Italia senza ripetere gli errori del passato? Che cosa pensa di un possibile ritorno di una nuova versione della Cassa per il Mezzogiorno?
Viesti Una moderna politica per il Sud è quella che è stata impostata negli ultimi 10 anni. Si tratta di portare avanti politiche di contesto: sicurezza, sviluppo, legalità, efficienza della pubblica amministrazione. Si deve puntare alla modernizzazione del contesto nel suo complesso, non a trasferimenti compensativi verso i singoli. Si tratta di fornire beni e servizi alla collettività, sia alle imprese che ai cittadini. Le opere pubbliche sono solo una parte di questa politica di contesto, ma deve essere chiaro che si tratta solo di un aspetto. Per questo credo sia anche sbagliato continuare a mettere l’enfasi sulla fiscalità di vantaggio o sul credito di imposta a pioggia. Per quanto riguarda la Cassa del Mezzogiorno ricordo che gli interventi sono stati positivi fino alla fine degli anni 70. Poi gli anni 80 sono stati i peggiori, quando si è sviluppata una spesa pubblica facile, eravamo al crepuscolo della Prima Repubblica. Ancora una volta non è questione solo del Sud. Si pensi a cosa hanno fatto in quegli anni le Ferrovie dello Stato. Oggi la Cassa è solo un ricordo del passato e io penso che la soluzione sia nelle politiche di sviluppo ordinarie e multilivello (Comuni, Regioni, Stato). Non credo al potere salvifico di istituzioni centrali. Non ci sono scorciatoie. Il problema è il coordinamento delle politiche e delle istituzioni. Uno strumento molto positivo, per esempio, è l’accordo di Programma Quadro che permette di coordinare le politiche e le risorse.
Rassegna Se si pensa allo sviluppo si pensa ovviamente ai soggetti imprenditoriali. Esiste una specificità meridionale nei rapporti tra classi politiche dirigenti e classi imprenditoriali? Che tipo di imprenditorialità ha sviluppato il Mezzogiorno negli ultimi anni?
Viesti Il Sud soffre di un male nazionale. In particolare per quanto riguarda rapporti a volte scorretti tra politica e impresa. Nel Sud questi problemi sono accentuati e influiscono sullo sviluppo di una classe imprenditoriale sana; che comunque esiste: è quella che sa stare sul mercato. La distorsione dei rapporti tra politica ed economia si vede a livello nazionale e non solo nel Sud. Basti pensare – come esempio – al caso delle concessioni autostradali. Niente d’illegale, per carità, ma è evidente che esiste una distorsione nel trasferimento di grandi profitti dallo Stato ai privati. Gli imprenditori sono deboli quando non sono sane le forme di intermediazione. Io penso che sia necessario uno Stato forte, ma leggero, che sappia regolare, ma senza intervenire in modo eccessivo. Anche qui bisogna però stare attenti ai luoghi comuni. In genere si descrive il Sud come un tutto unico. Spesso leggiamo articoli sul Corriere della Sera che parlano delle distorsioni del Sud come se la Sicilia fosse paragonabile alla Puglia. In realtà si tratta di due realtà completamente diverse. La Sicilia è la regione con la maggiore presenza pubblica in Italia. La Puglia è la regione che insieme al Veneto fa registrare il minor grado di presenza pubblica. In Puglia registriamo la minore spesa pubblica e i dipendenti di regioni ed enti locali rispetto alla popolazione sono i meno numerosi in Italia; sono anzi troppo pochi. In Sicilia la spesa è altissima e i dipendenti pubblici sono troppi. Per questo è sempre pericoloso rilanciare acriticamente i luoghi comuni.
Rassegna Delle imprese e degli imprenditori meridionali abbiamo parlato. Esiste invece anche una specificità sindacale? C’è una impronta meridionalistica nella storia del sindacato confederale, visto che uno dei massimi dirigenti della Cgil è stato Giuseppe Di Vittorio?
Viesti Negli anni il sindacato confederale ha dato prova nel Sud di grande flessibilità nella gestione delle vertenze e nella concertazione. Registro però posizioni conservative soprattutto nei settori del pubblico impiego. In generale credo ci sia da affrontare un problema politico. Anche il sindacato ha infatti difficoltà a pensare al Sud come ad una grande questione nazionale. Anche la Cgil tende a concentrare la sua iniziativa nelle regioni del Sud senza collegarla alle iniziative per il Nord. Mi piacerebbe vedere iniziative dei metalmeccanici bresciani o della Cgil emiliana sul Sud. Il tema del Meridione si deve cominciare ad affrontare insieme, si ricominci a confrontarsi da situazioni diverse su una questione che è appunto di portata nazionale.
Rassegna Qual è il suo giudizio sulle iniziative di investimento di capitali privati nel Sud, anche a partire dalla recente esperienza della Fondazione per il Sud? E che cosa dobbiamo pensare della Banca del Sud che dovrebbe nascere – come propone il ministro Tremonti – sulla rete delle Bcc?
Viesti La Fondazione per il Sud è stata un’idea buona, ma si tratta come è evidente di una piccola realtà. È sicuramente un esperimento positivo e ci ricorda che in Italia esistono le Fondazioni ex bancarie che dispongono di ingenti risorse, ma sono concentrate quasi tutte al Centro-Nord. Nelle altre realtà le Fondazioni svolgono un ruolo molto importante. Basti citare l’esempio del San Paolo in Piemonte o della Fondazione Cariplo. Si tratta di istituti con risorse cospicue che mettono a disposizione del territorio con un’alta qualità degli interventi. La Fondazione per il Sud è quindi una buona idea, ma è ancora troppo piccola rispetto a quello che ci vorrebbe. Il Sud ha bisogno di un soggetto finanziario forte. Può essere la Banca del Sud? Io personalmente non ho ancora ben capito che cosa sarà questa Banca del Sud. L’ultima mossa di Tremonti a proposito delle Banche di credito cooperativo è di un minimo di interesse, ma non è questa – credo – la soluzione. Ci vuole un soggetto in grado di finanziarie operazioni di lungo periodo e non mi pare che possa essere questa Banca del Sud che nasca come una sorta di banca cooperativa da banche di credito cooperativo. Ma vedremo meglio gli sviluppi.
Rassegna A proposito di sviluppi futuri. Se lei potesse disporre di una palla di vetro che Italia immagina per i prossimi anni?
Viesti Se potessimo immaginarci come osservatori nel 2014 e pensassimo di guardare indietro, vedremmo una Italia irriconoscibile. Io penso cioè che ci saranno profondi cambiamenti nel prossimo futuro. Il paese, così come è messo oggi a partire dal suo presidente del Consiglio, non regge. Si tratta di un paese troppo instabile. Vedremo dei cambiamenti davvero rilevanti e in questo momento non so valutare di che natura. Ma è certo che ci saranno, anche per quanto riguarda il Sud. Io credo che il 2009, per il Mezzogiorno, sia stato davvero l’anno peggiore nella sua storia. Si è toccato il fondo.
Fonte:Rassegna.it
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Gianfranco Viesti, docente di Economia applicata all’Università di Bari, assessore in Puglia e autore di numerosi testi (sottovalutati) sul Mezzogiorno e sui suoi tanti tradimenti, non usa mezzi termini nel descrivere lo stato del paese partendo dal suo meridione. “Il 2009 sarà ricordato come l’anno peggiore nella storia del Sud. Ma presto ci saranno grandi cambiamenti perché così l’Italia non può reggere ed è anche assurdo continuare a parlare di secessione senza capirne gli altissimi prezzi”. Vediamo dunque di fare pulizia di qualche luogo comune e di concentrare l’attenzione sugli interventi.
Rassegna Professore, uno dei temi ricorrenti degli ultimi anni riguarda lo squilibrio (presunto) delle risorse destinate alle diverse aree del paese. Si consolida l’idea che al Sud vengano destinate troppe risorse e che lo stesso Sud non ricambi il “favore”. Eminenti commentatori propongono tagli drastici. Ma come stanno davvero le cose?
Viesti Le informazioni ufficiali dicono che per quanto riguarda il capitolo spesa pubblica corrente (senza calcolare gli interessi sul debito che vanno tutti al Nord), la spesa pro-capite del Sud è nettamente inferiore alla media nazionale. Questo dipende dalla composizione della spesa. E dato che la spesa sociale italiana è caratterizzata soprattutto dalla spesa previdenziale (anch’essa concentrata soprattutto nel Centro-Nord), il Sud è penalizzato anche in questo senso. Se invece si vuole ignorare il dettato costituzionale (che prevede il diritto all’istruzione per tutti, tanto per fare un esempio) e si legano i dati al Pil territoriale, come ha fatto di recente Alesina sul Sole 24 Ore, allora è chiaro che al Sud c’è troppa spesa e si può ritenere che gli insegnanti vengano pagati troppo rispetto a quelli del Nord dove il costo della vita si dice sia più alto. Ma questo diventa allora un problema di impostazione politica (leghista) e non più di economia.
Rassegna Ma anche secondo Bankitalia al Nord la vita costa più cara. E a questo si sono attaccati quelli della Lega per chiedere il ritorno alle gabbie salariali…
Viesti Le stime di Banca di Italia sul costo della vita sono utili. Ma anche ipotizzando una uguale qualità dei servizi offerti, è necessario poi distinguere la situazione sociale reale zona per zona. Per quanto riguarda l’idea delle gabbie salariali la ritengo completamente sbagliata. I salari devono essere collegati alla produttività e trattati dalle parti sociali e non decisi dall’alto da non si sa bene quale autorità
Rassegna È indubbio però che alla base della questione meridionale ci siano ragioni strutturali. Quali sono stati secondo lei i passaggi storici decisivi che hanno determinato la situazione attuale?
Viesti Sono stati due i punti di svolta storici che hanno determinato il mancato sviluppo del Sud. Il primo è stato a cavallo tra l’800 e il ‘900 quando nello sforzo di industrializzazione l’Italia al tempo di Nitti ha puntato esclusivamente sul Nord per ragioni geografiche (c’era abbondanza d’acqua, c’erano le pianure…). Il secondo passaggio è stato quello della fine degli anni 70, inizio anni 80 del novecento, quando l’obiettivo di uno sviluppo del Sud è passato in secondo piano per privilegiare la difesa dell’apparato industriale del Nord.
Rassegna Avendo chiarito i termini reali nella gestione delle risorse nella spesa, quali sono state secondo lei le cose che non hanno funzionato nel passato recente a livello di investimenti nel Sud? E che giudizio dà delle politiche di incentivazione fiscale a favore delle imprese?
Viesti Le politiche degli ultimi dieci anni sono state discrete, anche se insufficienti. Vedo tre problemi fondamentali. Il primo riguarda la limitatezza delle risorse, come risulta da tutti i dati disponibili. Anche per esperienza diretta come assessore, ricordo che spesso si è costretti a usare i fondi aggiuntivi per coprire le spese ordinarie come la manutenzione delle scuole. Secondo me è stato invece fatto troppo sotto forma d’incentivi. C’è stata una spesa altissima. Io non sono contro a priori, ma la spesa per incentivi alle imprese è stata comunque troppo alta. Il secondo è un problema di qualità. Non è vero che i soldi che sono stati investiti al Sud sono soldi sprecati, ma è vero che in mancanza di una vera integrazione tra gli interventi i risultati non si vedono. È anche sbagliato (terzo problema) puntare come si sta facendo ora solo sulle grandi opere tipo il Ponte sullo Stretto, i cui effetti sono quantomeno dubbi. Si possono pensare anche tanti piccoli interventi; ma l’essenziale è che siano integrati tra loro. C’è anche da considerare che le opere pubbliche hanno tempi lunghi di realizzazione (10-12 anni). Prendiamo per esempio la Salerno-Reggio Calabria: sono stati spesi tanti soldi, ma non sono stati soldi buttati. Però finché l’opera non arriva a compimento non se ne hanno gli effetti positivi.
Rassegna Mentre parliamo di lavori e progetti, c’è chi parla apertamente di una secessione più o meno dolce. E chi sostiene che la secessione – dopo la riforma federalista – ha già preso il via. Ma quali ne sarebbero le conseguenze? A chi conviene un paese separato in casa e quali sarebbero cioè i costi effettivi del divorzio tra Nord e Sud?
Viesti Ognuno parte dalle proprie convinzioni. Per quanto mi riguarda io sono un convinto europeista e quindi sono contrario ai confini. Un’eventuale secessione avrebbe inoltre dei costi molto alti per tutti: si pensi alla questione del debito pubblico. In generale io penso che dividere comporti sempre una scelta antieconomica. Unire, al contrario, aiuta tutti.
Rassegna Chi pensa alla divisione e alla separazione tra Nord e Sud usa spesso l’argomento della presenza della criminalità organizzata. Che rapporto esiste tra questa realtà e i ritardi delle Regioni del Sud? È la questione dell’uovo e della gallina? Viene cioè prima la criminalità e poi il ritardo o viceversa?
Viesti Il problema del rapporto tra sottosviluppo e criminalità è complesso; i due elementi si influenzano ma non si spiegano da soli. E non sono questione solo del Sud. Si tratta anche qui di un problema nazionale. Non è un caso infatti che l’Antimafia abbia riportato all’attenzione il ruolo di Milano come capitale della ‘ndrangheta. Non si tratta di fenomeni locali. Il problema deve essere affrontato a livello nazionale ed europeo. È anche evidente che la battaglia deve partire dagli stessi meridionali (e già lo si sta facendo). Noi meridionali dobbiamo affrontare i temi della collusione con le mafie, la corruzione e tutti gli altri fenomeni che caratterizzano la presenza della criminalità organizzata.
Rassegna Proprio in un contesto di politiche europee, come si può ripensare oggi una moderna politica per il Sud dell’Italia senza ripetere gli errori del passato? Che cosa pensa di un possibile ritorno di una nuova versione della Cassa per il Mezzogiorno?
Viesti Una moderna politica per il Sud è quella che è stata impostata negli ultimi 10 anni. Si tratta di portare avanti politiche di contesto: sicurezza, sviluppo, legalità, efficienza della pubblica amministrazione. Si deve puntare alla modernizzazione del contesto nel suo complesso, non a trasferimenti compensativi verso i singoli. Si tratta di fornire beni e servizi alla collettività, sia alle imprese che ai cittadini. Le opere pubbliche sono solo una parte di questa politica di contesto, ma deve essere chiaro che si tratta solo di un aspetto. Per questo credo sia anche sbagliato continuare a mettere l’enfasi sulla fiscalità di vantaggio o sul credito di imposta a pioggia. Per quanto riguarda la Cassa del Mezzogiorno ricordo che gli interventi sono stati positivi fino alla fine degli anni 70. Poi gli anni 80 sono stati i peggiori, quando si è sviluppata una spesa pubblica facile, eravamo al crepuscolo della Prima Repubblica. Ancora una volta non è questione solo del Sud. Si pensi a cosa hanno fatto in quegli anni le Ferrovie dello Stato. Oggi la Cassa è solo un ricordo del passato e io penso che la soluzione sia nelle politiche di sviluppo ordinarie e multilivello (Comuni, Regioni, Stato). Non credo al potere salvifico di istituzioni centrali. Non ci sono scorciatoie. Il problema è il coordinamento delle politiche e delle istituzioni. Uno strumento molto positivo, per esempio, è l’accordo di Programma Quadro che permette di coordinare le politiche e le risorse.
Rassegna Se si pensa allo sviluppo si pensa ovviamente ai soggetti imprenditoriali. Esiste una specificità meridionale nei rapporti tra classi politiche dirigenti e classi imprenditoriali? Che tipo di imprenditorialità ha sviluppato il Mezzogiorno negli ultimi anni?
Viesti Il Sud soffre di un male nazionale. In particolare per quanto riguarda rapporti a volte scorretti tra politica e impresa. Nel Sud questi problemi sono accentuati e influiscono sullo sviluppo di una classe imprenditoriale sana; che comunque esiste: è quella che sa stare sul mercato. La distorsione dei rapporti tra politica ed economia si vede a livello nazionale e non solo nel Sud. Basti pensare – come esempio – al caso delle concessioni autostradali. Niente d’illegale, per carità, ma è evidente che esiste una distorsione nel trasferimento di grandi profitti dallo Stato ai privati. Gli imprenditori sono deboli quando non sono sane le forme di intermediazione. Io penso che sia necessario uno Stato forte, ma leggero, che sappia regolare, ma senza intervenire in modo eccessivo. Anche qui bisogna però stare attenti ai luoghi comuni. In genere si descrive il Sud come un tutto unico. Spesso leggiamo articoli sul Corriere della Sera che parlano delle distorsioni del Sud come se la Sicilia fosse paragonabile alla Puglia. In realtà si tratta di due realtà completamente diverse. La Sicilia è la regione con la maggiore presenza pubblica in Italia. La Puglia è la regione che insieme al Veneto fa registrare il minor grado di presenza pubblica. In Puglia registriamo la minore spesa pubblica e i dipendenti di regioni ed enti locali rispetto alla popolazione sono i meno numerosi in Italia; sono anzi troppo pochi. In Sicilia la spesa è altissima e i dipendenti pubblici sono troppi. Per questo è sempre pericoloso rilanciare acriticamente i luoghi comuni.
Rassegna Delle imprese e degli imprenditori meridionali abbiamo parlato. Esiste invece anche una specificità sindacale? C’è una impronta meridionalistica nella storia del sindacato confederale, visto che uno dei massimi dirigenti della Cgil è stato Giuseppe Di Vittorio?
Viesti Negli anni il sindacato confederale ha dato prova nel Sud di grande flessibilità nella gestione delle vertenze e nella concertazione. Registro però posizioni conservative soprattutto nei settori del pubblico impiego. In generale credo ci sia da affrontare un problema politico. Anche il sindacato ha infatti difficoltà a pensare al Sud come ad una grande questione nazionale. Anche la Cgil tende a concentrare la sua iniziativa nelle regioni del Sud senza collegarla alle iniziative per il Nord. Mi piacerebbe vedere iniziative dei metalmeccanici bresciani o della Cgil emiliana sul Sud. Il tema del Meridione si deve cominciare ad affrontare insieme, si ricominci a confrontarsi da situazioni diverse su una questione che è appunto di portata nazionale.
Rassegna Qual è il suo giudizio sulle iniziative di investimento di capitali privati nel Sud, anche a partire dalla recente esperienza della Fondazione per il Sud? E che cosa dobbiamo pensare della Banca del Sud che dovrebbe nascere – come propone il ministro Tremonti – sulla rete delle Bcc?
Viesti La Fondazione per il Sud è stata un’idea buona, ma si tratta come è evidente di una piccola realtà. È sicuramente un esperimento positivo e ci ricorda che in Italia esistono le Fondazioni ex bancarie che dispongono di ingenti risorse, ma sono concentrate quasi tutte al Centro-Nord. Nelle altre realtà le Fondazioni svolgono un ruolo molto importante. Basti citare l’esempio del San Paolo in Piemonte o della Fondazione Cariplo. Si tratta di istituti con risorse cospicue che mettono a disposizione del territorio con un’alta qualità degli interventi. La Fondazione per il Sud è quindi una buona idea, ma è ancora troppo piccola rispetto a quello che ci vorrebbe. Il Sud ha bisogno di un soggetto finanziario forte. Può essere la Banca del Sud? Io personalmente non ho ancora ben capito che cosa sarà questa Banca del Sud. L’ultima mossa di Tremonti a proposito delle Banche di credito cooperativo è di un minimo di interesse, ma non è questa – credo – la soluzione. Ci vuole un soggetto in grado di finanziarie operazioni di lungo periodo e non mi pare che possa essere questa Banca del Sud che nasca come una sorta di banca cooperativa da banche di credito cooperativo. Ma vedremo meglio gli sviluppi.
Rassegna A proposito di sviluppi futuri. Se lei potesse disporre di una palla di vetro che Italia immagina per i prossimi anni?
Viesti Se potessimo immaginarci come osservatori nel 2014 e pensassimo di guardare indietro, vedremmo una Italia irriconoscibile. Io penso cioè che ci saranno profondi cambiamenti nel prossimo futuro. Il paese, così come è messo oggi a partire dal suo presidente del Consiglio, non regge. Si tratta di un paese troppo instabile. Vedremo dei cambiamenti davvero rilevanti e in questo momento non so valutare di che natura. Ma è certo che ci saranno, anche per quanto riguarda il Sud. Io credo che il 2009, per il Mezzogiorno, sia stato davvero l’anno peggiore nella sua storia. Si è toccato il fondo.
Fonte:Rassegna.it
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