30 agosto 1868 viene massacrata dalla soldataglia savoiardo-piemontese Michelina Di Cesare eroina leonessa meridionale protagonista della prima guerra civile italiana postunitaria. Dopo essere stata trucidata il corpo di Michelina viene denudato ed esposto con altri cosiddetti “briganti” per sette giorni dalla marmaglia conquistatrice del Sud nella piazza di Mignano
(dal libro Brigantesse di V. Romano)
Il dramma delle donne del brigantaggio si consuma nell'indifferenza, quando non nel disprezzo, nel silenzio dell'opinione pubblica. Gli atti ufficiali dei Carabinieri Reali, quelli delle Prefetture, i fascicoli processuali le accomunano tutte ai loro uomini, non attribuendo mai alle donne del brigantaggio un ruolo di soggetto sociale autonomo.
Le cronache giornalistiche e gli scrittori coevi le descrivono solo come manutengole, amanti, concubine, " ganze", "drude", donne di piacere dei briganti. Ciò ha impedito di prendere in considerazione il fenomeno e non ha consentito uno studio più approfondito sui risvolti sociali e politici della rivolta delle donne meridionali.
Delle "brigantesse" restano oggi solamente le poco foto che la propaganda di regime ha voluto tramandare per una distorta lettura iconografica del brigantaggio.
Così, accanto a "brigantesse" che si sono fatte ritrarre - armi in pugno - in abiti maschili, vi sono le foto ufficiali dopo la cattura e, talora, dopo la morte in una postura innaturale.
Come i loro uomini, trucidati e frettolosamente rivestiti, legati ad un palo o ad una sedia, gli occhi rigidamente spalancati, con in mano i loro fucili e circondati dai loro giustizieri.
Macabro trofeo di una guerra civile occultata.
Emblematiche sono le foto che si conservano di Michelina Di Cesare, una delle pochissime "brigantesse" uccise in combattimento: alcune la ritraggono negli abiti tradizionali che ne risaltano la bellezza mediterranea.
L'ultima, scattatale dopo la morte, mette in evidenza lo scempio fatto sul suo cadavere.
Nelle macabre fattezze di Michelina, sconvolte dalla violenza, si può leggere tutto il dramma e le sofferenze dei contadini del Mezzogiorno.
(V. Romano)
Fonte:Stoirain.net
(dal libro Brigantesse di V. Romano)
Il dramma delle donne del brigantaggio si consuma nell'indifferenza, quando non nel disprezzo, nel silenzio dell'opinione pubblica. Gli atti ufficiali dei Carabinieri Reali, quelli delle Prefetture, i fascicoli processuali le accomunano tutte ai loro uomini, non attribuendo mai alle donne del brigantaggio un ruolo di soggetto sociale autonomo.
Le cronache giornalistiche e gli scrittori coevi le descrivono solo come manutengole, amanti, concubine, " ganze", "drude", donne di piacere dei briganti. Ciò ha impedito di prendere in considerazione il fenomeno e non ha consentito uno studio più approfondito sui risvolti sociali e politici della rivolta delle donne meridionali.
Delle "brigantesse" restano oggi solamente le poco foto che la propaganda di regime ha voluto tramandare per una distorta lettura iconografica del brigantaggio.
Così, accanto a "brigantesse" che si sono fatte ritrarre - armi in pugno - in abiti maschili, vi sono le foto ufficiali dopo la cattura e, talora, dopo la morte in una postura innaturale.
Come i loro uomini, trucidati e frettolosamente rivestiti, legati ad un palo o ad una sedia, gli occhi rigidamente spalancati, con in mano i loro fucili e circondati dai loro giustizieri.
Macabro trofeo di una guerra civile occultata.
Emblematiche sono le foto che si conservano di Michelina Di Cesare, una delle pochissime "brigantesse" uccise in combattimento: alcune la ritraggono negli abiti tradizionali che ne risaltano la bellezza mediterranea.
L'ultima, scattatale dopo la morte, mette in evidenza lo scempio fatto sul suo cadavere.
Nelle macabre fattezze di Michelina, sconvolte dalla violenza, si può leggere tutto il dramma e le sofferenze dei contadini del Mezzogiorno.
(V. Romano)
Fonte:Stoirain.net
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