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Peggio di Tangentopoli
di Piero Orsatti
Alla Procura di Bari opera un vero e proprio “pool” simile a quello di Mani pulite. Magistrati che sanno “seguire i soldi” e tirano fuori le radici di un “sistema” che ha messo insieme Pd e Pdl
Come 17 anni fa a Milano, le inchieste aperte negli ultimi mesi dalla Procura della Repubblica di Bari (non si può parlare ormai di un solo filone) sono partite da fatti apparentemente marginali, per poi diventare enormi oggetti giudiziari, con innumerevoli diramazioni e con vaste e imprevedibili implicazioni politiche. Diciassette anni fa all’inizio fu un “mariuolo” ad aprire le danze, questa volta un piccolo (o meglio, un ex piccolo) imprenditore, e la sua rete di relazioni è stato il detonatore. Come ai tempi di Tangentopoli e Mario Chiesa con il sistema di piccole e medie tangenti che ruotavano attorno al Pio Albergo Trivulzio, appunto. Qualcuno talmente sicuro di sé da ritrovarsi, dopo innumerevoli errori causati da una presunzione di intoccabilità, al centro dell’attenzione di inquirenti specializzati a “seguire i soldi”. E quando si seguono i soldi non si sa mai fino a dove si possa arrivare. Come ai tempi dell’Antonio Di Pietro in toga, e di Gherardo Colombo e Piercamillo Davigo, una procura compatta e poco incline a farsi condizionare dalla politica, ha scoperchiato oggi il pentolone barese di affari, favori e comportamenti illegali (dall’uso e spaccio di cocaina alla rete di prostituzione, fino ad arrivare al business della sanità). Attenzione però a non confondere i rami di questa intricata vicenda giudiziaria con il “tronco” portante. I collegamenti sono “sistemici”, si accentrano attorno agli affari e agli appalti della sanità. E diventano imponenti con il tentativo di salto a un livello “nazionale” permeabile.
E quindi torniamo all’inizio, al 2001, quando gli investigatori “attenzionarono” (come si usa dire nel gergo poliziesco giudiziario) per la prima volta l’iperattivo Giampaolo Tarantini e suo fratello Claudio. Il suo nome era già saltato fuori durante un’inchiesta della Dda su un clan di Barletta. Poi il giovane imprenditore “tronista” emerse con chiarezza (2003-2004) nei grandi affari che si accentravano attorno alla sanità pugliese ancor prima dell’esplodere della vicenda delle escort, della cocaina e dei festini e festoni organizzati “per la gente che conta” barese e non. C’è una prima inchiesta già conclusa e condotta dal pm Roberto Rossi relativa proprio al periodo 2001-2004, relativa alle forniture sanitarie dell’azienda dei fratelli Tarantini. Ce n’è un’altra, in corso, condotta dal pm Salvatore Nicastro sulle convenzioni stipulate dalla Regione Puglia con le strutture private del barese. E poi, di conseguenza a quella di Nicastro, l’indagine che ha mandato in tilt la giunta regionale pugliese del pm Desirée Digeronimo che ha portato addirittura al sequestro dei bilanci nelle sedi regionali dei partiti del centrosinistra per fatti relativi agli ultimi 4 anni e centrata su presunti intrecci tra affari e politica. Tarantini, a quanto risulta finora, se non motore di tutte queste vicende sarebbe quantomeno il catalizzatore di questi filoni di indagine. Ma non è finita qui. Ci sono, infatti, altri due filoni seguiti dal pm Pino Scelsi, uno relativo alle fornitura di protesi a strutture sanitarie pubbliche, con tanto di perquisizioni al policlinico di Bari, e l’altro, che ha riempito e riempie tuttora le pagine dei giornali ma non i palinsesti televisivi, relativo alle accompagnatrici reclutate da Gianpaolo Tarantini per feste e incontri vip (con tanto di additivi chimici come la cocaina) e che si occupa anche della testimonianza di Patrizia D’Addario che ha raccontato pubblicamente di suoi incontri a palazzo Grazioli a Roma con il premier Silvio Berlusconi. Dalle protesi al procacciamento di escort per feste. Tarantini sarà giovane ma certo non una figura marginale. L’iperattivismo di questo imprenditore pugliese sembrerebbe essere di gran lunga più efficace dell’attività di “mariuoli” di più antica memoria.
Torniamo a questa procura, quella di Bari, e facciamo due conti. Roberto Rossi, Salvatore Nicastro, Desirée Digeronimo, Pino Scelsi. Cos’è? Un pool? Se non lo è, ci assomiglia molto. Pool probabilmente nato per necessità, perché il peso delle inchieste che hanno portato alla ribalta questa procura “periferica”, ovvero quel pezzo delle indagini che parlavano di escort, cocaina, feste e trasferte vip, metteva a rischio di “blocco” l’insieme degli intrecci emersi indagando sui Tarantini. Sono davvero tanti gli aspetti pericolosi che riguardano la vicenda. Tarantini, spregiudicatamente, ha intessuto in questi anni una rete incredibile di rapporti, non solo con Forza Italia (e l’ex governatore Fitto, in particolare, che ne sarebbe stato il suo sponsor principale nell’accreditamento nella “società che conta”) ma anche con pezzi del centrosinistra. Il giovanotto infatti è definito dagli inquirenti «un Giano bifronte» dal punto di vista politico. Non solo Pdl e personaggi vicini al premier nelle frequentazioni dell’uomo al centro dell’ebollizione barese, quindi, ma anche il Pd. Lo dimostrerebbe una cena elettorale – episodio ora agli atti dell’indagine della Digeronimo – del Partito democratico finanziata dall’imprenditore poco prima delle politiche del 2008. Quella sera era presente anche Massimo D’Alema ma rimase solo pochi minuti. A portarlo via, il sindaco barese Michele Emiliano che proprio da pm aveva istruito la prima indagine sui Tarantini. «Quando entrai in quel ristorante e vidi quei signori – ricorda il sindaco di Bari – raggelai. Dissi a Massimo che era inopportuno che noi rimanessimo lì. E andammo via». Un’inchiesta devastante per la coalizione che sostiene la ricandidatura del governatore Niki Vendola quella condotta dalla Digeronimo. Tra manager delle Asl pugliesi, dirigenti della Regione e politici sono circa 20 gli indagati, tra cui anche l’ex assessore alla Sanità Alberto Tedesco che, per questo motivo, nel febbraio scorso si è dimesso dall’incarico in Regione, anche se attualmente è senatore del Pd prendendo il posto dell’ex ministro Paolo De Castro, eletto come parlamentare europeo alle ultime elezioni. Il 30 luglio, ricordiamolo, la procura ha dato mandato ai carabinieri di perquisire le sedi di Pd, Socialisti, Prc, Sinistra e libertà, Moderati per Emiliano e Lista Emiliano. La documentazione richiesta dal pm riguarda il periodo che va dal 2005 fino alle ultime elezioni amministrative al Comune di Bari e l’ipotesi che motiva le acquisizioni e l’illecito finanziamento pubblico ai partiti politici.
Ma già da prima Tarantini sembrava essere travolto da una formidabile passione politica. Per Forza Italia. Questo emerge dalle intercettazioni. Medita di candidarsi al Consiglio regionale nel 2005 ma poi nella notte tra il 14 e il 15 giugno 2004 cambia idea. La ragione è rintracciabile nella sonora sconfitta del centro destra a Bari città. «Fitto ha fatto una figuraccia – confida Tarantini a un’amica -. Meglio lasciare stare». Ma i rapporti con il centrodestra rimangono buoni, anche dopo il breve flirt con il Pd con le cene elettorali del 2008. Tarantini racconta al fratello di un appuntamento a pranzo con Gianni Letta, riceve richieste di appoggio dalla segreteria del ministro Maurizio Gasparri, chiede incontri al ministro Girolamo Sirchia, sostiene il candidato sindaco di centrodestra a Bari. E poi avrebbe puntato a un’altra macchina di erogazioni (spesso in deroga) di soldi e appalti, la Protezione civile guidata da Bertolaso che, risulterebbe dalle intercettazioni, Tarantini voleva assolutamente fra i suoi “amici”. Insomma, a soli 34 anni Tarantini è una vera macchina di relazioni. Ma le relazioni non si fermerebbero a quello, vista anche la sua prima apparizione nel 2001 in un’inchiesta sulla criminalità organizzata di Barletta. Tarantini, a quanto starebbero accertando gli inquirenti, per procacciarsi gli ingenti quantitativi di stupefacenti che, come ha dichiarato il suo ex socio oggi agli arresti domiciliari Massimiliano Verdoscia, servivano a facilitare l’accesso a certi ambienti utili, avrebbe avuto, per forza di cose, contatti con i clan baresi.
INQUIRENTI
Il capo deve andare via
Intanto si è aperta la corsa al successore di Emilio Marzano, procuratore di Bari. Il suo trasferimento, imposto dalla nuova normativa sugli incarichi approvata recentemente su proposta del ministro Angelino Alfano, dovrà avvenire a metà novembre. Una voce che circolava da tempo ma che è stata confermata con la pubblicazione dei bandi a inizio agosto. Si apre di conseguenza la corsa alla successione. Un probabile candidato ai vertici della procura barese è Marco Dinapoli, attuale procuratore aggiunto. Dei vice di Marzano è l’unico a non essere a rischio di dover lasciare l’incarico nei prossimi mesi. Gli altri si sono già mossi o si stanno muovendo. Giovanni Colangelo, sino a pochi mesi fa procuratore aggiunto con delega all’Antimafia, è diventato capo della Procura a Potenza, e Giuseppe Carabba è stato già assegnato alla guida della Procura minorile di Taranto. Intanto il Consiglio superiore della magistratura ha nominato l’attuale procuratore capo di Monza Antonio Pizzi, come prossimo procuratore generale di Bari. La nomina, avvenuta a marzo, diverrà esecutiva nelle prossime settimane. Un cambio di direzione degli uffici, insieme a quello provocato dal trasferimento di Marzano, che non rassicura molto gli uffici del Tribunale di Bari, anche se il curriculum del magistrato brianzolo è di tutto rispetto, visto che si occupò in passato anche del crack del Banco Ambrosiano di Roberto Calvi. Un altro magistrato che sa che seguire i soldi a volte riserva delle grandi sorprese.
Fonte:Piero Orsatti
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di Piero Orsatti
Alla Procura di Bari opera un vero e proprio “pool” simile a quello di Mani pulite. Magistrati che sanno “seguire i soldi” e tirano fuori le radici di un “sistema” che ha messo insieme Pd e Pdl
Come 17 anni fa a Milano, le inchieste aperte negli ultimi mesi dalla Procura della Repubblica di Bari (non si può parlare ormai di un solo filone) sono partite da fatti apparentemente marginali, per poi diventare enormi oggetti giudiziari, con innumerevoli diramazioni e con vaste e imprevedibili implicazioni politiche. Diciassette anni fa all’inizio fu un “mariuolo” ad aprire le danze, questa volta un piccolo (o meglio, un ex piccolo) imprenditore, e la sua rete di relazioni è stato il detonatore. Come ai tempi di Tangentopoli e Mario Chiesa con il sistema di piccole e medie tangenti che ruotavano attorno al Pio Albergo Trivulzio, appunto. Qualcuno talmente sicuro di sé da ritrovarsi, dopo innumerevoli errori causati da una presunzione di intoccabilità, al centro dell’attenzione di inquirenti specializzati a “seguire i soldi”. E quando si seguono i soldi non si sa mai fino a dove si possa arrivare. Come ai tempi dell’Antonio Di Pietro in toga, e di Gherardo Colombo e Piercamillo Davigo, una procura compatta e poco incline a farsi condizionare dalla politica, ha scoperchiato oggi il pentolone barese di affari, favori e comportamenti illegali (dall’uso e spaccio di cocaina alla rete di prostituzione, fino ad arrivare al business della sanità). Attenzione però a non confondere i rami di questa intricata vicenda giudiziaria con il “tronco” portante. I collegamenti sono “sistemici”, si accentrano attorno agli affari e agli appalti della sanità. E diventano imponenti con il tentativo di salto a un livello “nazionale” permeabile.
E quindi torniamo all’inizio, al 2001, quando gli investigatori “attenzionarono” (come si usa dire nel gergo poliziesco giudiziario) per la prima volta l’iperattivo Giampaolo Tarantini e suo fratello Claudio. Il suo nome era già saltato fuori durante un’inchiesta della Dda su un clan di Barletta. Poi il giovane imprenditore “tronista” emerse con chiarezza (2003-2004) nei grandi affari che si accentravano attorno alla sanità pugliese ancor prima dell’esplodere della vicenda delle escort, della cocaina e dei festini e festoni organizzati “per la gente che conta” barese e non. C’è una prima inchiesta già conclusa e condotta dal pm Roberto Rossi relativa proprio al periodo 2001-2004, relativa alle forniture sanitarie dell’azienda dei fratelli Tarantini. Ce n’è un’altra, in corso, condotta dal pm Salvatore Nicastro sulle convenzioni stipulate dalla Regione Puglia con le strutture private del barese. E poi, di conseguenza a quella di Nicastro, l’indagine che ha mandato in tilt la giunta regionale pugliese del pm Desirée Digeronimo che ha portato addirittura al sequestro dei bilanci nelle sedi regionali dei partiti del centrosinistra per fatti relativi agli ultimi 4 anni e centrata su presunti intrecci tra affari e politica. Tarantini, a quanto risulta finora, se non motore di tutte queste vicende sarebbe quantomeno il catalizzatore di questi filoni di indagine. Ma non è finita qui. Ci sono, infatti, altri due filoni seguiti dal pm Pino Scelsi, uno relativo alle fornitura di protesi a strutture sanitarie pubbliche, con tanto di perquisizioni al policlinico di Bari, e l’altro, che ha riempito e riempie tuttora le pagine dei giornali ma non i palinsesti televisivi, relativo alle accompagnatrici reclutate da Gianpaolo Tarantini per feste e incontri vip (con tanto di additivi chimici come la cocaina) e che si occupa anche della testimonianza di Patrizia D’Addario che ha raccontato pubblicamente di suoi incontri a palazzo Grazioli a Roma con il premier Silvio Berlusconi. Dalle protesi al procacciamento di escort per feste. Tarantini sarà giovane ma certo non una figura marginale. L’iperattivismo di questo imprenditore pugliese sembrerebbe essere di gran lunga più efficace dell’attività di “mariuoli” di più antica memoria.
Torniamo a questa procura, quella di Bari, e facciamo due conti. Roberto Rossi, Salvatore Nicastro, Desirée Digeronimo, Pino Scelsi. Cos’è? Un pool? Se non lo è, ci assomiglia molto. Pool probabilmente nato per necessità, perché il peso delle inchieste che hanno portato alla ribalta questa procura “periferica”, ovvero quel pezzo delle indagini che parlavano di escort, cocaina, feste e trasferte vip, metteva a rischio di “blocco” l’insieme degli intrecci emersi indagando sui Tarantini. Sono davvero tanti gli aspetti pericolosi che riguardano la vicenda. Tarantini, spregiudicatamente, ha intessuto in questi anni una rete incredibile di rapporti, non solo con Forza Italia (e l’ex governatore Fitto, in particolare, che ne sarebbe stato il suo sponsor principale nell’accreditamento nella “società che conta”) ma anche con pezzi del centrosinistra. Il giovanotto infatti è definito dagli inquirenti «un Giano bifronte» dal punto di vista politico. Non solo Pdl e personaggi vicini al premier nelle frequentazioni dell’uomo al centro dell’ebollizione barese, quindi, ma anche il Pd. Lo dimostrerebbe una cena elettorale – episodio ora agli atti dell’indagine della Digeronimo – del Partito democratico finanziata dall’imprenditore poco prima delle politiche del 2008. Quella sera era presente anche Massimo D’Alema ma rimase solo pochi minuti. A portarlo via, il sindaco barese Michele Emiliano che proprio da pm aveva istruito la prima indagine sui Tarantini. «Quando entrai in quel ristorante e vidi quei signori – ricorda il sindaco di Bari – raggelai. Dissi a Massimo che era inopportuno che noi rimanessimo lì. E andammo via». Un’inchiesta devastante per la coalizione che sostiene la ricandidatura del governatore Niki Vendola quella condotta dalla Digeronimo. Tra manager delle Asl pugliesi, dirigenti della Regione e politici sono circa 20 gli indagati, tra cui anche l’ex assessore alla Sanità Alberto Tedesco che, per questo motivo, nel febbraio scorso si è dimesso dall’incarico in Regione, anche se attualmente è senatore del Pd prendendo il posto dell’ex ministro Paolo De Castro, eletto come parlamentare europeo alle ultime elezioni. Il 30 luglio, ricordiamolo, la procura ha dato mandato ai carabinieri di perquisire le sedi di Pd, Socialisti, Prc, Sinistra e libertà, Moderati per Emiliano e Lista Emiliano. La documentazione richiesta dal pm riguarda il periodo che va dal 2005 fino alle ultime elezioni amministrative al Comune di Bari e l’ipotesi che motiva le acquisizioni e l’illecito finanziamento pubblico ai partiti politici.
Ma già da prima Tarantini sembrava essere travolto da una formidabile passione politica. Per Forza Italia. Questo emerge dalle intercettazioni. Medita di candidarsi al Consiglio regionale nel 2005 ma poi nella notte tra il 14 e il 15 giugno 2004 cambia idea. La ragione è rintracciabile nella sonora sconfitta del centro destra a Bari città. «Fitto ha fatto una figuraccia – confida Tarantini a un’amica -. Meglio lasciare stare». Ma i rapporti con il centrodestra rimangono buoni, anche dopo il breve flirt con il Pd con le cene elettorali del 2008. Tarantini racconta al fratello di un appuntamento a pranzo con Gianni Letta, riceve richieste di appoggio dalla segreteria del ministro Maurizio Gasparri, chiede incontri al ministro Girolamo Sirchia, sostiene il candidato sindaco di centrodestra a Bari. E poi avrebbe puntato a un’altra macchina di erogazioni (spesso in deroga) di soldi e appalti, la Protezione civile guidata da Bertolaso che, risulterebbe dalle intercettazioni, Tarantini voleva assolutamente fra i suoi “amici”. Insomma, a soli 34 anni Tarantini è una vera macchina di relazioni. Ma le relazioni non si fermerebbero a quello, vista anche la sua prima apparizione nel 2001 in un’inchiesta sulla criminalità organizzata di Barletta. Tarantini, a quanto starebbero accertando gli inquirenti, per procacciarsi gli ingenti quantitativi di stupefacenti che, come ha dichiarato il suo ex socio oggi agli arresti domiciliari Massimiliano Verdoscia, servivano a facilitare l’accesso a certi ambienti utili, avrebbe avuto, per forza di cose, contatti con i clan baresi.
INQUIRENTI
Il capo deve andare via
Intanto si è aperta la corsa al successore di Emilio Marzano, procuratore di Bari. Il suo trasferimento, imposto dalla nuova normativa sugli incarichi approvata recentemente su proposta del ministro Angelino Alfano, dovrà avvenire a metà novembre. Una voce che circolava da tempo ma che è stata confermata con la pubblicazione dei bandi a inizio agosto. Si apre di conseguenza la corsa alla successione. Un probabile candidato ai vertici della procura barese è Marco Dinapoli, attuale procuratore aggiunto. Dei vice di Marzano è l’unico a non essere a rischio di dover lasciare l’incarico nei prossimi mesi. Gli altri si sono già mossi o si stanno muovendo. Giovanni Colangelo, sino a pochi mesi fa procuratore aggiunto con delega all’Antimafia, è diventato capo della Procura a Potenza, e Giuseppe Carabba è stato già assegnato alla guida della Procura minorile di Taranto. Intanto il Consiglio superiore della magistratura ha nominato l’attuale procuratore capo di Monza Antonio Pizzi, come prossimo procuratore generale di Bari. La nomina, avvenuta a marzo, diverrà esecutiva nelle prossime settimane. Un cambio di direzione degli uffici, insieme a quello provocato dal trasferimento di Marzano, che non rassicura molto gli uffici del Tribunale di Bari, anche se il curriculum del magistrato brianzolo è di tutto rispetto, visto che si occupò in passato anche del crack del Banco Ambrosiano di Roberto Calvi. Un altro magistrato che sa che seguire i soldi a volte riserva delle grandi sorprese.
Fonte:Piero Orsatti
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