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Ascoli-Le preoccupazioni dei sindacati ascolani sul futuro dello stabilimento Manuli Rubber a Campolungo erano fondate. Con le maestranze collocate in ferie, ieri mattina, la multinazionale ha comunicato alle organizzazioni sindacali nazionali il piano di ristrutturazione aziendale che scatterà simultaneamente negli stabilimenti di Ascoli, Bologna e Milano.
Un piano draconiano che solamente per il sito ascolano comporterà l’apertura della procedura di mobilità per 375 dipendenti. Il totale della forza lavoro si attesta sulle 450 unità per cui non si sa se dai licenziamenti si salveranno i dipendenti della Manuli Oil Marine, un’altra struttura di Campolungo.
La comunicazione dell’apertura della procedura di mobilità non è stata, purtroppo, un fulmine a ciel sereno. Da troppi mesi la multinazionale aveva preferito glissare sui piani di rilancio del sito ascolano nonostante il pressing delle organizzazioni sindacali, a seguito di scioperi e di un lungo periodo di cassa integrazione. Dunque, come si temeva, dopo la pausa estiva, lo stabilimento verrà smantellato mentre un altro colosso come la Pfizer si accinge a mandare a casa altre decine di operai. Dopo l’ennesima chiusura di una grande azienda (Carbon, Ahlstrom sono solo le vittime più eccellenti) è doveroso che le nostre istituzioni comincino a farsi sentire dal governo affinchè la zona ascolana possa beneficiare di quel piano ideato per il rilancio del Meridione la cui crisi non sta risparmiando una zona di confine con il Sud quale è il Piceno. Il prossimo smantellamento della Manuli, salvo ripensamenti dell’ultimo istante, è la cronaca di una chiusura annunciata. L’azienda ormai non dialogava più né con le istituzioni né con i sindacati, oltre a non rispettare i patti sottoscritti nel 2008, a cominciare da quello che prevedeva l’assunzione di 40 nuovi addetti nel giugno scorso. Per questo motivo, tutte le Rsu avevano organizzato assemblee e proclamato manifestazione di protesta per costringere la multinazionale a sedersi al tavolo della trattativa. La chiusura completa per ferie dello stabilimento ad agosto non faceva pensare a niente di positivo per settembre e il presagio aveva fondamento. “La Manuli - commentano alcuni operai - ha rotto i rapporti con i sindacati interni, non dà indicazioni o informazioni circa il futuro del sito produttivo ascolano e soprattutto non tiene fede agli impegni presi con le organizzazioni dei lavoratori, non più tardi del novembre scorso. Tra questi, la mancata assunzione di 40 persone, la mancata assegnazione del premio di risultato, l’assenza di garanzie sul prossimo futuro della fabbrica. E questo senza considerare i 200 ex lavoratori precari dell’azienda, licenziati nei mesi scorsi, che stanno per terminare anche il periodo in cui usufruiscono dell’ indennità di disoccupazione, che consentiva loro di sopravvivere. Ora non ci sarà nemmeno più quella e si può immaginare in quali difficoltà si troveranno quei lavoratori e loro famiglie. L’azienda li ignora, tanto che non ritiene neanche di riassumerne una minima parte e anzi ha rotto i ponti anche con le istituzioni; al recente incontro presso la sede dell’Associazione degli industriali, non c’era l’amministratore delegato, ma solo un manager, che ha detto che il 50% della produzione del gruppo Manuli è già in Cina”. Dopo la comunicazione dell’apertura della procedura di mobilità molti operai temono che con le ferie lunghe e... forzate, lo stabilimento venga spogliato di altri macchinari...
Un piano draconiano che solamente per il sito ascolano comporterà l’apertura della procedura di mobilità per 375 dipendenti. Il totale della forza lavoro si attesta sulle 450 unità per cui non si sa se dai licenziamenti si salveranno i dipendenti della Manuli Oil Marine, un’altra struttura di Campolungo.
La comunicazione dell’apertura della procedura di mobilità non è stata, purtroppo, un fulmine a ciel sereno. Da troppi mesi la multinazionale aveva preferito glissare sui piani di rilancio del sito ascolano nonostante il pressing delle organizzazioni sindacali, a seguito di scioperi e di un lungo periodo di cassa integrazione. Dunque, come si temeva, dopo la pausa estiva, lo stabilimento verrà smantellato mentre un altro colosso come la Pfizer si accinge a mandare a casa altre decine di operai. Dopo l’ennesima chiusura di una grande azienda (Carbon, Ahlstrom sono solo le vittime più eccellenti) è doveroso che le nostre istituzioni comincino a farsi sentire dal governo affinchè la zona ascolana possa beneficiare di quel piano ideato per il rilancio del Meridione la cui crisi non sta risparmiando una zona di confine con il Sud quale è il Piceno. Il prossimo smantellamento della Manuli, salvo ripensamenti dell’ultimo istante, è la cronaca di una chiusura annunciata. L’azienda ormai non dialogava più né con le istituzioni né con i sindacati, oltre a non rispettare i patti sottoscritti nel 2008, a cominciare da quello che prevedeva l’assunzione di 40 nuovi addetti nel giugno scorso. Per questo motivo, tutte le Rsu avevano organizzato assemblee e proclamato manifestazione di protesta per costringere la multinazionale a sedersi al tavolo della trattativa. La chiusura completa per ferie dello stabilimento ad agosto non faceva pensare a niente di positivo per settembre e il presagio aveva fondamento. “La Manuli - commentano alcuni operai - ha rotto i rapporti con i sindacati interni, non dà indicazioni o informazioni circa il futuro del sito produttivo ascolano e soprattutto non tiene fede agli impegni presi con le organizzazioni dei lavoratori, non più tardi del novembre scorso. Tra questi, la mancata assunzione di 40 persone, la mancata assegnazione del premio di risultato, l’assenza di garanzie sul prossimo futuro della fabbrica. E questo senza considerare i 200 ex lavoratori precari dell’azienda, licenziati nei mesi scorsi, che stanno per terminare anche il periodo in cui usufruiscono dell’ indennità di disoccupazione, che consentiva loro di sopravvivere. Ora non ci sarà nemmeno più quella e si può immaginare in quali difficoltà si troveranno quei lavoratori e loro famiglie. L’azienda li ignora, tanto che non ritiene neanche di riassumerne una minima parte e anzi ha rotto i ponti anche con le istituzioni; al recente incontro presso la sede dell’Associazione degli industriali, non c’era l’amministratore delegato, ma solo un manager, che ha detto che il 50% della produzione del gruppo Manuli è già in Cina”. Dopo la comunicazione dell’apertura della procedura di mobilità molti operai temono che con le ferie lunghe e... forzate, lo stabilimento venga spogliato di altri macchinari...
Fonte:Corriere Adriatico del 04/08/2009
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I carabinieri intervengono alla Manuli
Clima teso in fabbrica. Produzione dimezzata alla Ykk dove si teme per il posto di 200 operai
Ascoli E’ ancora teso il clima allo stabilimento della Manuli a Campolungo. E per placare gli animi ieri mattina sono dovuti intervenire i carabinieri. I militari dell’Arma sono stati chiamati da alcuni sindacalisti dopo che la proprietà aveva negato l’accesso ai tecnici manutentori che ogni anno, durante il periodo feriale, registrano gli impianti della fabbrica in previsione della ripresa dell’attività produttiva. Dopo l’apertura della procedura di mobilità per 375 operai della Manuli da parte della multinazionale era logico che non ci fosse più bisogno della manutenzione degli impianti ma almeno i tecnici potevano essere avvertiti prima. I sindacalisti hanno chiesto ai carabinieri di mettere a verbale quanto accaduto.
Ieri mattina, hanno invece ripreso a lavorare i dipendenti della Manuli Oil Marine e anche qui ci sono stati dei problemi. Questa azienda, a differenza della Manuli Rubber, non è stata interessata dal piano di smobilitazione ma i suoi dipendenti hanno voluto comunque esprimere la loro solidarietà ai colleghi licenziati con un’ora di sciopero e un’assemblea di fabbrica che saranno ripetuti il 31 agosto. Ai rappresentanti sindacali è stato però negato l’accesso in fabbrica per poter controllare i comunicati della proprietà esposti in bacheca e non è escluso che le organizzazioni possano decidere di adire le vie legali.
E purtroppo l’effetto dirompente della crisi Manuli potrebbe mietere altre vittime tra i lavoratori fra poche settimane. Da alcuni giorni, infatti, circolano voci che al momento non possono trovare conferma, circa un imminente piano di ristrutturazione alla Ykk che produce cursori per cerniere lampo.
A marzo la multinazionale ha collocato in cassa integrazione ordinaria per tredici settimane i suoi duecento dipendenti a causa della contrazione del volume di affari legato alla recessione mondiale e stante la difficile ripresa è ipotizzabile un drastico provvedimento per ridurre ulteriormente i costi. La proprietà ha infatti annunciato che c’è stata e probabilmente ci sarà ancora una riduzione del 60% dell’orario di lavoro a causa di un preoccupante calo della produzione per la crisi mondiale.
A settembre scadrà la cassa integrazione ordinaria e molti temono che la Ykk potrebbe seguire l’esempio della Manuli aprendo la procedura di mobilità per una consistente fetta del suo organico. Lettere di mobilità che in questi giorni sono state invece spedite a quasi tutti i 40 dipendenti della Pfizer interessati dal provvedimento annunciato a giugno. Si profila dunque un autunno caldo con gli operai dell’Ascolano sulla graticola chissà per quanti mesi ancora.
Fonte:Corriere Adriatico del 18/08/2009
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Il sindaco: “I lavoratori devono mantenere i nervi saldi. Le istituzioni sono al loro fianco”
Manuli, direttore assediato in spiaggia
Bertotto abbandona lo chalet scortato dalle forze dell’ordine dopo la protesta degli operai
Ascoli Chiuso per circa un’ora in una cabina dello stabilimento balneare Da Luigi a San Benedetto del Tronto e poi scortato fuori dallo chalet dagli agenti della Digos e dai carabinieri sotto l’applauso ironico di circa una trentina di lavoratori della Manuli. Non siamo ancora ai livelli del sequestro del direttore della filiale francese dell'azienda farmaceutica americana 3M da parte di operai in sciopero nella fabbrica di Loiret ma certamente la protesta di una frangia dei dipendenti della Manuli sta salendo di tono. La vicenda dei 375 licenziamenti rischia di degenerare.
“E non sarà l’ultima - annuncia Piero Morganti, sindacalista dell’Ugl che assieme ad Andrea Quaglietti del Sdl ha organizzato la protesta - perchè purtroppo dei quasi quattrocento operai licenziati alla Manuli non interessa quasi a nessuno”.
Gli operai della Manuli da giorni erano informati che il direttore dello stabilimento, l’ingegner Bertotto, era in villeggiatura a San Benedetto del Tronto. “Bel comportamento - aggiunge Morganti - noi sotto il sole davanti ai cancelli della Manuli a manifestare con il fiato sul collo della banca per la rata del mutuo da pagare e con la preoccupazione di non sapere come sfamare i figli e lui in spiaggia a godersi la vacanza dopo averci licenziato. Non è giusto”.
Alle 11 in punto gli operai sono giunti all’ingresso dello stabilimento balneare e hanno esposto uno striscione: “Bertotto al mare e noi licenziati con il mutuo da pagare”. Il direttore dello stabilimento della Manuli è stato subito avvertito della presenza degli operai e temendo reazioni incontrollate ha richiesto l’intervento delle forze dell’ordine che poi hanno provveduto a farlo allontanare. Non ci sono stati disordini.
L’eclatante protesta non è piaciuta a tutti a cominciare dal sindaco Guido Castelli che non vuole gettare benzina sul fuoco adesso che la trattativa è ancora aperta. “I lavoratori della Manuli - ha detto il primo cittadino - devono mantenere i nervi saldi perchè sono dalla parte della ragione ma l’importante è che la mobilitazione avvenga vicino alla fabbrica tenendo conto che hanno le istituzioni vicine”. E anche una parte del sindacato è contrario a queste manifestazioni eclatanti che rischiano di irrigidire ulteriormente la multinazionale immaginando che dietro questa protesta ci sia solo una battaglia delle tessere di Ugl e Sdl. “Siamo dispiaciuti se una parte del sindacato non condivide la nostra azione di protesta perchè il futuro di 375 operai riguarda tutti - replica Morganti - Siamo convinti che questa iniziativa serva per mantenere i riflettori della pubblica opinione sul caso Manuli. Non vorremmo che accada quanto è successo ad Ostia dove i rappresentanti nazionali di Cgil, Cisl e Uil se ne stavano al mare”.
E ora quale sarà la prossima mossa? “L’amministratore Grandi ci deve ricevere prima del 31 agosto quando dovrebbe riprendere la produzione, in condizioni di insicurezza per la mancata manutenzione degli impianti e senza la garanzia del posto di lavoro. Se la multinazionale non vuole confrontarsi con noi ne vedrete delle belle...”.
Fonte: Corriere Adriatico del 19/08/2009
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Manuli, i sindaci si mobilitano
Un consiglio comunale aperto il 30 agosto sulla crisi picena
Ascoli L’Amministrazione comunale di Castel di Lama, dopo accordi verbali con le organizzazioni sindacali, lancia la proposta all'Unione dei Comuni della Vallata del Tronto, ai sindaci di Ascoli e San Benedetto del Tronto, e a tutti gli amministratori locali, rappresentanti delle forze sociali e sindacali, di tenere la mattina di domenica 30 agosto, un consiglio comunale aperto sulla vicenda della Manuli. Castel di Lama, se le dure decisioni confermate dal Gruppo milanese venissero attuate come preannunciato, sarebbe uno dei centri più direttamente colpiti, avendo tra i residenti ben 100 operai che lavorano nello stabilimento di Campolungo, oltre ad altri che sono dipendenti di aziende minori dell'indotto, e che verrebbero anche a perdere il lavoro nel caso la Manuli cessasse l'attività produttiva. Con effetti dirompenti non solo diretti, cioè per il reddito delle famiglie interessate dalla mobilità e poi dal licenziamento, ma anche per tutto il commercio, i servizi e le attività economiche dell'intera cittadina, oltre che di una buona parte del comprensorio. E' per tutti questi motivi che il sindaco Patrizia Rossini, l'assessore Francesco Ruggeri ed altri componenti della Giunta comunale, nelle ultime settimane hanno seguito con particolare attenzione la situazione, facendo più volte visita ai lavoratori in assemblea permanente davanti ai cancelli della fabbrica, per cercare di sostenerli nella loro lotta per la difesa dei posti di lavoro. Intanto prosegue il picchetto dei lavoratori della Manuli davanti allo stabilimento presidiato, all’interno, da vigilantes ingaggiati dall’azienda.
Fonte:Il quotidiano .it del 22/08/2009
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