domenica 5 luglio 2009

Quel treno per Cosentino



Di Andrea Palladino

Il convoglio esploso, della mutltinazionale Exxon, era partito da Novara ed era diretto alla Aversana Petroli, l'azienda del padre del sottosegretario all'Economia, con sede principale a Casal di Principe.


Proprietaria dei vagoni era invece la società austriaca Gatx. L'inchiesta dovrà ora provare a ricostruire la catena delle responsabilità.

II groviglio dei vagoni del treno deragliato ed esploso a Viareggio, l'ammasso dei corpi delle 14 vittime e dei 40 feriti, le fiamme che per ore hanno avvolto intere case hanno avuto l'effetto di un risveglio brusco, inatteso. C'è però un groviglio per ora nascosto, ancora più crudele e doloroso, e in buona parte annunciato.

È quello delle responsabilità, della verità, dei nomi di chi ha deciso di abbassare i costì, di ottimizzare i profitti, di esternalizzare il cuore stesso della produzione di un paese.
È il made in Italy che si è liquefatto a Viareggio la notte scorsa, tra le ruote di un treno partito dalla multinazionale Exxon e diretto alla Aversana Petroli della famiglia Cosentino, in provincia di Caserta.

Ricostruire la catena delle responsabilità non sarà facile.
Immaginiamo, però, di essere alla guida del convoglio 50325, partito da San Martino Trecate, in provincia di Novara, e diretto allo scalo merci di Gricignano di Aversa, in provincia di Caserta, su quell'asse che congiunge il nord che produce e la Campania che distribuisce, commercializza, rivende.
Un carico di Gpl, uno dei gas più infiammabili e pericolosi, spiegano gli esperti. Era diretto nella zona industriale compresa tra Gricignano e Teverola.

Ad accoglierlo - secondo quanto siamo in grado di ricostruire - era l'azienda casertana Aversana Petroli, con sede principale a Casal di Principe e deposito a pochi metri dallo scalo merci della stazione Fs.

Un'azienda guidata da Luigi Cosentino, padre di Nicola Cosentino, deputato, coordinatore del Pdl della Campania e sottosegretario all'economia.

Lo stesso politico accusato da quattro pentiti di avere forti legami con i Casalesi e per il quale l'allora segretario pd Walter Veltroni chiese le dimissioni immediate (anche se in aula un pezzo del partito votò contro la sfiducia chiesta a gran voce anche dall'Idv).

Da questa stazione dell'agro aversano parte un binario, che esce dall'area delle ferrovie dello stato, per entrare nella zona industriale, dove a guardare i capannoni che nascono come funghi la crisi sembra non esistere.

«Nessuno ha accesso a quella zona privata e da queste parti non si fa manutenzione, solo un controllo dei freni», spiegano alcuni ferrovieri - sotto la garanzia dell'anonimato - che lavorano nel trasporto merci.

È una delle tante zone che inizia a sottrarsi allo storico controllo delle Fs, dopo la privatizzazione e la liberalizzazione selvaggia degli ultimi anni.
Se negli anni '90 esistevano un migliaio di scali merci dell'azienda pubblica, oggi le ferrovie controllano solo 199 punti.

Sparisce il servizio di manutenzione, si riduce vertiginosamente il controllo globale sulla logistica, entrano società private, come la multinanionale Gatx, proprietaria dei vagoni deragliati a Viareggio. Non solo.

È la stessa commissione europea - con alla guida della direzione trasporti Antonio Tajani, del Pdl - a spingere ulteriormente per la liberalizzazione del settore.

I fondi Fas dell'Unione europea in Campania non sono andati per migliorare gli scali merci delle ferrovie dello stato, per evitare magari altri incidenti, ma alla nascente società privata del re dell'ingrosso di Noia Giovanni Punzo, di Luca Montezemolo e Raniero Della Valle.

Soldi comunitari, 40 milioni di euro, che saranno destinati - secondo quanto annunciato da Punzo -per le officine del polo ferroviario privato in costruzione all'interno del Cis di Noia.

Ieri, con negli occhi ancora, i corpi bruciali, nessuno voleva parlare di responsabilità.
L'amministratore delegato delle ferrovie Moretti precisa che le Fs non c'entrano nulla e che non c'è stato nessuno errore dei macchinisti.
In sostanza loro hanno dato la rete, quello che accade con i treni privati che ci viaggiano non li riguarda.
La multinazionale Gatx spiega che, anche se i vagoni deragliati a Viareggio sono loro, per una strana normativa internazionale i controlli spetterebbero a chi li usa.
«Noi semplicemente affittiamo i treni», spiega il numero due della società Werner Mitteregger da Vienna.
«Sono sempre mezzi relativamente nuovi, che vengono debitamente controllati prima di'essere consegnati al cliente che li prende in affitto», conclude, passando la palla a qualcun altro.

Scoprire chi sia il responsabile del trasporto del Gpl partito da Novara non è per nulla facile. Parlando con le società di logistica che hanno sede a Gricignano di Aversa si ottiene solo una lunga fila di non so.
Solo alla fine esce fuori il nome del destinatario del carico, la Aversana Petroli dei Cosentino. Dal deposito di Gpl della compagnia confermano telefonicamente che i vagoni deragliati erano diretti a loro. Ma non vanno oltre, nessuno vuole commentare.
Dalla sede di Casal di Principe spiegano che solo Luigi Cosentino può spiegare le cose.
In azienda, però, ieri pomeriggio non c'era. Peccato, avrebbe potuto raccontare chi ha organizzato il trasporto, chi è la società che la Gatx di Vienna sta indicando. È vano anche il tentativo di avere almeno un commento sulle norme europee ed internazionali che regolano il trasporto.
Non parla il ministero dei Trasporti, nulla dall'ufficio stampa delle Ferrovie dello stato, silenzio dalle associazioni di categoria.

Fonte:Il Manifesto del 01/07/2009 pag.4
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Viareggio, gpl per Cosentino

di Gianluca Di Feo


Il carico di gas era diretto alla Aversana Petroli, nel Casertano. L'azienda della famiglia del sottosegretario all'Economia gestita dai suoi fratelli

carico di Gpl che ha provocato il disastro di Viareggio era diretto all'Aversana Petroli di Casal di Principe. Si tratta dell'azienda appartenente alla famiglia del sottosegretario all'Economia Nicola Cosentino, leader campano del Popolo della libertà. 'L'espresso' ha contattato la ditta per chiedere un commento, senza ricevere risposta. Ma in ogni caso le Ferrovie dello Stato tendono a escludere responsabilità legali dell'acquirente del gas. Se, come dichiarato dai vertici della Gtx, la ditta di trasporti austriaca proprietaria del convoglio, è il cliente a doversi occupare del treno durante il viaggio "come accade con un'auto presa in affitto", ciò non riguarda gli incidenti provocati da guasti.

La vicenda viene ricostruita da L'espresso nel prossimo numero in edicola venerdì. I 14 vagoni di Gpl erano diretti allo scalo di Gricignano d'Aversa, nel Casertano, a pochi chilometri da Casal di Principe. L'Aversana Petroli riceve in media un carico a settimana, che poi viene distribuito alle stazioni di rifornimento della provincia di Caserta e di Napoli. Si tratta della principale azienda della famiglia Cosentino: 80 milioni di euro di fatturato, fondata nel 1975 da papà Silvio 'o Americano', come lo chiamavano tutti per i rapporti di affari con gli Alleati nel primo dopoguerra. Poi il gruppo si è ingrandito e ora è composto da Aversana gas, Aversana Petroli; Ip Service (pompe di benzina); Immobiliare 6C e Agripont. La gestione è nelle mani dei fratelli Mario, Giovanni e Antonio Cosentino.

Nel 1997 la Prefettura di Caserta negò all'Aversana il certificato antimafia per un appalto pubblico. Mario Cosentino, fratello del sottosegretario, è infatti sposato con Mirella Russo sorella di Giuseppe Russo, alias 'Peppe 'u Padrino', condannato all'ergastolo per associazione mafiosa e omicidio. Anche Tar e Consiglio di Stato hanno poi confermato il no al documento.

Nonostante le sentenze, il certificato venne infine concesso dal prefetto di Caserta Elena Stasi, poi eletta alla Camera con il Pdl.

Quattro pentiti di camorra nell'ultimo anno hanno parlato di rapporti tra Nicola Cosentino e i boss casalesi: relazioni negate dal sottosegretario.

Fonte:
L'Espresso del 01/07/2009
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Treni a orologeria






Di Tommaso Cerno e Fabrizio Gatti


Cattive condizioni dei mezzi. Scarsi controlli. Personale carente. Per il trasporto merci l'allarme era scattato da molti mesi. Ma è rimasto inascoltato. Fino alla spaventosa tragedia di Viareggio

Siamo tutti in pericolo. Così come sono fatti, i convogli con sostanze infiammabili sono bombe viaggianti. Il disastro di Viareggio poteva succedere prima. Oppure altrove. E potrebbe ripetersi. Lo dicono ora i dipendenti di Trenitalia, con il rischio di essere licenziati. Ma dal 2008 lo afferma anche un arbitro al di sopra delle parti: la direzione tecnica di Rete ferroviaria italiana. È tutto scritto in un rapporto dell'ufficio monitoraggio del Cesifer, la struttura operativa che fino allo scorso anno si occupava delle certificazioni sulla sicurezza delle imprese ferroviarie. "Una attenzione particolare", è scritto nel dossier, "va posta in merito alle non conformità rilevate sul materiale rotabile merci per il trasporto di merci pericolose".

Il fuoco che ha spogliato gli alberi e le strade intorno alla stazione, l'eroismo di Hamza, 17 anni, rapito dalle fiamme mentre cercava di salvare la sorellina, i morti, i feriti, le case incenerite, la stagione turistica azzoppata nella capitale della Versilia. C'erano le premesse di tutto questo nel documento consegnato lo scorso anno dal Cesifer all'Agenzia nazionale per la sicurezza ferroviaria. "Dalle evidenze iniziali c'è stato un cedimento strutturale nel primo carro: si è spezzato l'asse", sostiene fin da subito Mauro Moretti, amministratore delegato di Ferrovie dello Stato, la holding che controlla sia Trenitalia, responsabile dei trasporti passeggeri e merci, sia Rete ferroviaria italiana, titolare delle infrastrutture. La rottura dell'asse è stata poi confermata dalla squadra di tecnici della polizia ferroviaria diretta dall'ispettore Angelo Laurino. Il cedimento, secondo Moretti, è avvenuto nel primo vagone dietro la locomotiva. Il carro cisterna era stato costruito in Polonia, immatricolato come tutti gli altri deragliati in Germania, venduto a una compagnia americana e gestito da una società di Vienna. Dopo la rottura la cisterna si è staccata dalla motrice e si è rovesciata sulla massicciata. Un picchetto di ferro piantato lungo i binari ha forato il grande serbatoio disperdendo il gas in tutta la zona della stazione di Viareggio.

Responsabile del trasporto però era Trenitalia. Sua era la locomotiva e suoi i due macchinisti sopravvissuti al disastro. "Il controllo dello stato e della sicurezza dei carri al momento della spedizione è competenza dell'impresa ferroviaria che fa il trasporto. In questo caso Trenitalia", spiega un funzionario della società: "I carri che arrivano dall'estero sono certificati da officine straniere riconosciute dagli enti dove è avvenuta l'immatricolazione. Certo, una rottura preesistente non può essere scoperta durante i controlli prima della partenza. Trenitalia come trasportatore è responsabile solo della parte trainante e frenante. Una crepa nel metallo è invisibile agli ispettori. Se a Viareggio è andata così, sarà una questione tra giudici e avvocati".

Criticata dal rapporto del Cesifer è proprio l'attività di verifica e di composizione dei convogli merci. Osservazioni che riguardano sia Trenitalia, che da sola l'anno scorso ha trasportato l'85,2 per cento delle merci su rotaia, sia alcune delle 21 aziende private alle quali resta il 14,8 per cento del cargo in Italia. Il dossier è esplicito: "Le più importanti aree di criticità emerse nel corso dell'analisi dei dati e delle anormalità di tutte le imprese certificate, sono legate alle seguenti attività: manovra e formazione dei treni, con particolare riguardo alle condizioni di accettazione dei convogli, alla corrispondenza tra dati reali del treno e quelli indicati sui documenti di scorta". Allarme anche per il mancato addestramento dei dipendenti: "Sono molte le non conformità rilevate nei confronti del personale di formazione dei treni, sia legate alle abilitazioni che al comportamento". Criticità anche nelle operazioni di verifica e controllo dei carichi dei carri. "Tale condizione di criticità", osservano i tecnici di Rete ferroviaria italiana, "si inserisce in una necessità più generale che deve portare a una più efficace adozione dei processi e procedure legate ai principi di gestione della sicurezza". Il risultato di questa denuncia è stata la riduzione dei controlli. Soprattutto per Trenitalia che si è vista dimezzare le ispezioni: dalle 52.265 del 2005 alle 27.143 del 2007. Mentre i controlli alle imprese ferroviarie private sono passati nello stesso periodo da 19.454 a 15.491.

"L'allarme sicurezza esiste", dice Giacomo Di Patrizi, presidente di FerCargo, associazione che riunisce da febbraio un gruppo di gestori privati: "L'Agenzia nazionale non ha un mandato vero dal ministero, né una reale autonomia di intervento. C'è chi opera, ma dall'altra parte deve esserci chi controlla. A volte, invece, questi controlli sono meno efficienti proprio con Trenitalia. Chi mette in discussione la privatizzazione sbaglia, forse il problema andrebbe ribaltato".

Nelle ispezioni del 2007 Trenitalia è stata superata da ben quattro ditte private. L'azienda di Stato è stata bocciata con un bollino rosso sulla conformità del personale per la formazione dei treni. E rinviata con due bollini gialli nell'esame della conformità del materiale rotabile passeggeri e merci. L'allarme riguarda proprio il trasporto di sostanze tossiche o infiammabili: "Soprattutto relativamente ai trasporti di Trenitalia spa", rivela il rapporto.

Soltanto pochi giorni prima del disastro a Viareggio, un altro treno merci gestito da Trenitalia era deragliato sempre in Toscana, tra Vaiano e Prato. Quel giorno, il 22 giugno, l'incidente ha diviso per ore l'Italia in due. E anche lì tutto sarebbe stato innescato da un carro cisterna carico di acido cloridrico che una volta uscito dai binari ha rischiato di andare a sbattere contro un treno passeggeri. Il carro era intestato alla Sogetank, una società di Genova: "L'inchiesta stabilirà se l'incidente è avvenuto per un cedimento di una ruota o la deformazione dei binari", spiega un manager della società.

Ogni anno i treni merci in Italia trasportano quasi un milione 700 mila tonnellate di prodotti petroliferi e un milione 400 mila di prodotti chimici. E altre volte si è andati vicini al disastro. Come il 13 dicembre 2006 ad Avio, in provincia di Trento, quando un treno merci tamponò a 110 chilometri orari un altro merci fermo al semaforo rosso. In quei giorni il capo della Protezione civile, Guido Bertolaso, disse che c'era stato il rischio di una Bhopal italiana, ricordando la strage per la fuga di isocianato di metile dallo stabilimento di pesticidi della Union Carbide in India, che nel 1984 provocò la morte di 2.200 persone subito e altre diecimila nelle successive 72 ore. "La sostanza trasportata dal convoglio era molto simile alla sostanza che aveva provocato la tragedia di Bhopal", disse in quei giorni Bertolaso a Repubblica.tv: "Una sostanza che varia di fatto per una molecola... Quello che succede nel trasporto di queste merci sia su camion sia su treno non è sufficiente a garantire la tranquillità dei nostri cittadini. Quando ci sono dei rischi seri, bisogna che la gente sia informata". Il pericolo era dovuto anche alla presenza sullo stesso treno di altre sostanze altamente infiammabili. Un rischio altissimo tanto che la Provincia autonoma di Trento revocò lo stato di emergenza solamente dopo tre giorni.

Proprio in queste settimane l'Agenzia nazionale per la sicurezza ferroviaria, istituita sul modello dell'Agenzia per la sicurezza del volo, sta raccogliendo i dati per il rapporto sul 2008. Basta aprire il sito dell'Ansf e cliccare su organigramma per scoprire quante sono le risorse messe a disposizione dal ministero dei Trasporti per garantire la sicurezza in Italia: tre ingegneri. Ma l'ultima relazione annuale dell'agenzia conclude con ottimismo: "Il trasporto ferroviario, in particolare quello svolto sulle linee gestite da Rete ferroviaria italiana, continua ad essere la modalità di gran lunga più sicura in Italia". Infatti gli uomini, le donne, i bambini di Viareggio sono morti senza nemmeno salire su un treno.

Fonte:
L'Espresso del 02 luglio 2009
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Di Andrea Palladino

Il convoglio esploso, della mutltinazionale Exxon, era partito da Novara ed era diretto alla Aversana Petroli, l'azienda del padre del sottosegretario all'Economia, con sede principale a Casal di Principe.


Proprietaria dei vagoni era invece la società austriaca Gatx. L'inchiesta dovrà ora provare a ricostruire la catena delle responsabilità.

II groviglio dei vagoni del treno deragliato ed esploso a Viareggio, l'ammasso dei corpi delle 14 vittime e dei 40 feriti, le fiamme che per ore hanno avvolto intere case hanno avuto l'effetto di un risveglio brusco, inatteso. C'è però un groviglio per ora nascosto, ancora più crudele e doloroso, e in buona parte annunciato.

È quello delle responsabilità, della verità, dei nomi di chi ha deciso di abbassare i costì, di ottimizzare i profitti, di esternalizzare il cuore stesso della produzione di un paese.
È il made in Italy che si è liquefatto a Viareggio la notte scorsa, tra le ruote di un treno partito dalla multinazionale Exxon e diretto alla Aversana Petroli della famiglia Cosentino, in provincia di Caserta.

Ricostruire la catena delle responsabilità non sarà facile.
Immaginiamo, però, di essere alla guida del convoglio 50325, partito da San Martino Trecate, in provincia di Novara, e diretto allo scalo merci di Gricignano di Aversa, in provincia di Caserta, su quell'asse che congiunge il nord che produce e la Campania che distribuisce, commercializza, rivende.
Un carico di Gpl, uno dei gas più infiammabili e pericolosi, spiegano gli esperti. Era diretto nella zona industriale compresa tra Gricignano e Teverola.

Ad accoglierlo - secondo quanto siamo in grado di ricostruire - era l'azienda casertana Aversana Petroli, con sede principale a Casal di Principe e deposito a pochi metri dallo scalo merci della stazione Fs.

Un'azienda guidata da Luigi Cosentino, padre di Nicola Cosentino, deputato, coordinatore del Pdl della Campania e sottosegretario all'economia.

Lo stesso politico accusato da quattro pentiti di avere forti legami con i Casalesi e per il quale l'allora segretario pd Walter Veltroni chiese le dimissioni immediate (anche se in aula un pezzo del partito votò contro la sfiducia chiesta a gran voce anche dall'Idv).

Da questa stazione dell'agro aversano parte un binario, che esce dall'area delle ferrovie dello stato, per entrare nella zona industriale, dove a guardare i capannoni che nascono come funghi la crisi sembra non esistere.

«Nessuno ha accesso a quella zona privata e da queste parti non si fa manutenzione, solo un controllo dei freni», spiegano alcuni ferrovieri - sotto la garanzia dell'anonimato - che lavorano nel trasporto merci.

È una delle tante zone che inizia a sottrarsi allo storico controllo delle Fs, dopo la privatizzazione e la liberalizzazione selvaggia degli ultimi anni.
Se negli anni '90 esistevano un migliaio di scali merci dell'azienda pubblica, oggi le ferrovie controllano solo 199 punti.

Sparisce il servizio di manutenzione, si riduce vertiginosamente il controllo globale sulla logistica, entrano società private, come la multinanionale Gatx, proprietaria dei vagoni deragliati a Viareggio. Non solo.

È la stessa commissione europea - con alla guida della direzione trasporti Antonio Tajani, del Pdl - a spingere ulteriormente per la liberalizzazione del settore.

I fondi Fas dell'Unione europea in Campania non sono andati per migliorare gli scali merci delle ferrovie dello stato, per evitare magari altri incidenti, ma alla nascente società privata del re dell'ingrosso di Noia Giovanni Punzo, di Luca Montezemolo e Raniero Della Valle.

Soldi comunitari, 40 milioni di euro, che saranno destinati - secondo quanto annunciato da Punzo -per le officine del polo ferroviario privato in costruzione all'interno del Cis di Noia.

Ieri, con negli occhi ancora, i corpi bruciali, nessuno voleva parlare di responsabilità.
L'amministratore delegato delle ferrovie Moretti precisa che le Fs non c'entrano nulla e che non c'è stato nessuno errore dei macchinisti.
In sostanza loro hanno dato la rete, quello che accade con i treni privati che ci viaggiano non li riguarda.
La multinazionale Gatx spiega che, anche se i vagoni deragliati a Viareggio sono loro, per una strana normativa internazionale i controlli spetterebbero a chi li usa.
«Noi semplicemente affittiamo i treni», spiega il numero due della società Werner Mitteregger da Vienna.
«Sono sempre mezzi relativamente nuovi, che vengono debitamente controllati prima di'essere consegnati al cliente che li prende in affitto», conclude, passando la palla a qualcun altro.

Scoprire chi sia il responsabile del trasporto del Gpl partito da Novara non è per nulla facile. Parlando con le società di logistica che hanno sede a Gricignano di Aversa si ottiene solo una lunga fila di non so.
Solo alla fine esce fuori il nome del destinatario del carico, la Aversana Petroli dei Cosentino. Dal deposito di Gpl della compagnia confermano telefonicamente che i vagoni deragliati erano diretti a loro. Ma non vanno oltre, nessuno vuole commentare.
Dalla sede di Casal di Principe spiegano che solo Luigi Cosentino può spiegare le cose.
In azienda, però, ieri pomeriggio non c'era. Peccato, avrebbe potuto raccontare chi ha organizzato il trasporto, chi è la società che la Gatx di Vienna sta indicando. È vano anche il tentativo di avere almeno un commento sulle norme europee ed internazionali che regolano il trasporto.
Non parla il ministero dei Trasporti, nulla dall'ufficio stampa delle Ferrovie dello stato, silenzio dalle associazioni di categoria.

Fonte:Il Manifesto del 01/07/2009 pag.4
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Viareggio, gpl per Cosentino

di Gianluca Di Feo


Il carico di gas era diretto alla Aversana Petroli, nel Casertano. L'azienda della famiglia del sottosegretario all'Economia gestita dai suoi fratelli

carico di Gpl che ha provocato il disastro di Viareggio era diretto all'Aversana Petroli di Casal di Principe. Si tratta dell'azienda appartenente alla famiglia del sottosegretario all'Economia Nicola Cosentino, leader campano del Popolo della libertà. 'L'espresso' ha contattato la ditta per chiedere un commento, senza ricevere risposta. Ma in ogni caso le Ferrovie dello Stato tendono a escludere responsabilità legali dell'acquirente del gas. Se, come dichiarato dai vertici della Gtx, la ditta di trasporti austriaca proprietaria del convoglio, è il cliente a doversi occupare del treno durante il viaggio "come accade con un'auto presa in affitto", ciò non riguarda gli incidenti provocati da guasti.

La vicenda viene ricostruita da L'espresso nel prossimo numero in edicola venerdì. I 14 vagoni di Gpl erano diretti allo scalo di Gricignano d'Aversa, nel Casertano, a pochi chilometri da Casal di Principe. L'Aversana Petroli riceve in media un carico a settimana, che poi viene distribuito alle stazioni di rifornimento della provincia di Caserta e di Napoli. Si tratta della principale azienda della famiglia Cosentino: 80 milioni di euro di fatturato, fondata nel 1975 da papà Silvio 'o Americano', come lo chiamavano tutti per i rapporti di affari con gli Alleati nel primo dopoguerra. Poi il gruppo si è ingrandito e ora è composto da Aversana gas, Aversana Petroli; Ip Service (pompe di benzina); Immobiliare 6C e Agripont. La gestione è nelle mani dei fratelli Mario, Giovanni e Antonio Cosentino.

Nel 1997 la Prefettura di Caserta negò all'Aversana il certificato antimafia per un appalto pubblico. Mario Cosentino, fratello del sottosegretario, è infatti sposato con Mirella Russo sorella di Giuseppe Russo, alias 'Peppe 'u Padrino', condannato all'ergastolo per associazione mafiosa e omicidio. Anche Tar e Consiglio di Stato hanno poi confermato il no al documento.

Nonostante le sentenze, il certificato venne infine concesso dal prefetto di Caserta Elena Stasi, poi eletta alla Camera con il Pdl.

Quattro pentiti di camorra nell'ultimo anno hanno parlato di rapporti tra Nicola Cosentino e i boss casalesi: relazioni negate dal sottosegretario.

Fonte:
L'Espresso del 01/07/2009
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Treni a orologeria






Di Tommaso Cerno e Fabrizio Gatti


Cattive condizioni dei mezzi. Scarsi controlli. Personale carente. Per il trasporto merci l'allarme era scattato da molti mesi. Ma è rimasto inascoltato. Fino alla spaventosa tragedia di Viareggio

Siamo tutti in pericolo. Così come sono fatti, i convogli con sostanze infiammabili sono bombe viaggianti. Il disastro di Viareggio poteva succedere prima. Oppure altrove. E potrebbe ripetersi. Lo dicono ora i dipendenti di Trenitalia, con il rischio di essere licenziati. Ma dal 2008 lo afferma anche un arbitro al di sopra delle parti: la direzione tecnica di Rete ferroviaria italiana. È tutto scritto in un rapporto dell'ufficio monitoraggio del Cesifer, la struttura operativa che fino allo scorso anno si occupava delle certificazioni sulla sicurezza delle imprese ferroviarie. "Una attenzione particolare", è scritto nel dossier, "va posta in merito alle non conformità rilevate sul materiale rotabile merci per il trasporto di merci pericolose".

Il fuoco che ha spogliato gli alberi e le strade intorno alla stazione, l'eroismo di Hamza, 17 anni, rapito dalle fiamme mentre cercava di salvare la sorellina, i morti, i feriti, le case incenerite, la stagione turistica azzoppata nella capitale della Versilia. C'erano le premesse di tutto questo nel documento consegnato lo scorso anno dal Cesifer all'Agenzia nazionale per la sicurezza ferroviaria. "Dalle evidenze iniziali c'è stato un cedimento strutturale nel primo carro: si è spezzato l'asse", sostiene fin da subito Mauro Moretti, amministratore delegato di Ferrovie dello Stato, la holding che controlla sia Trenitalia, responsabile dei trasporti passeggeri e merci, sia Rete ferroviaria italiana, titolare delle infrastrutture. La rottura dell'asse è stata poi confermata dalla squadra di tecnici della polizia ferroviaria diretta dall'ispettore Angelo Laurino. Il cedimento, secondo Moretti, è avvenuto nel primo vagone dietro la locomotiva. Il carro cisterna era stato costruito in Polonia, immatricolato come tutti gli altri deragliati in Germania, venduto a una compagnia americana e gestito da una società di Vienna. Dopo la rottura la cisterna si è staccata dalla motrice e si è rovesciata sulla massicciata. Un picchetto di ferro piantato lungo i binari ha forato il grande serbatoio disperdendo il gas in tutta la zona della stazione di Viareggio.

Responsabile del trasporto però era Trenitalia. Sua era la locomotiva e suoi i due macchinisti sopravvissuti al disastro. "Il controllo dello stato e della sicurezza dei carri al momento della spedizione è competenza dell'impresa ferroviaria che fa il trasporto. In questo caso Trenitalia", spiega un funzionario della società: "I carri che arrivano dall'estero sono certificati da officine straniere riconosciute dagli enti dove è avvenuta l'immatricolazione. Certo, una rottura preesistente non può essere scoperta durante i controlli prima della partenza. Trenitalia come trasportatore è responsabile solo della parte trainante e frenante. Una crepa nel metallo è invisibile agli ispettori. Se a Viareggio è andata così, sarà una questione tra giudici e avvocati".

Criticata dal rapporto del Cesifer è proprio l'attività di verifica e di composizione dei convogli merci. Osservazioni che riguardano sia Trenitalia, che da sola l'anno scorso ha trasportato l'85,2 per cento delle merci su rotaia, sia alcune delle 21 aziende private alle quali resta il 14,8 per cento del cargo in Italia. Il dossier è esplicito: "Le più importanti aree di criticità emerse nel corso dell'analisi dei dati e delle anormalità di tutte le imprese certificate, sono legate alle seguenti attività: manovra e formazione dei treni, con particolare riguardo alle condizioni di accettazione dei convogli, alla corrispondenza tra dati reali del treno e quelli indicati sui documenti di scorta". Allarme anche per il mancato addestramento dei dipendenti: "Sono molte le non conformità rilevate nei confronti del personale di formazione dei treni, sia legate alle abilitazioni che al comportamento". Criticità anche nelle operazioni di verifica e controllo dei carichi dei carri. "Tale condizione di criticità", osservano i tecnici di Rete ferroviaria italiana, "si inserisce in una necessità più generale che deve portare a una più efficace adozione dei processi e procedure legate ai principi di gestione della sicurezza". Il risultato di questa denuncia è stata la riduzione dei controlli. Soprattutto per Trenitalia che si è vista dimezzare le ispezioni: dalle 52.265 del 2005 alle 27.143 del 2007. Mentre i controlli alle imprese ferroviarie private sono passati nello stesso periodo da 19.454 a 15.491.

"L'allarme sicurezza esiste", dice Giacomo Di Patrizi, presidente di FerCargo, associazione che riunisce da febbraio un gruppo di gestori privati: "L'Agenzia nazionale non ha un mandato vero dal ministero, né una reale autonomia di intervento. C'è chi opera, ma dall'altra parte deve esserci chi controlla. A volte, invece, questi controlli sono meno efficienti proprio con Trenitalia. Chi mette in discussione la privatizzazione sbaglia, forse il problema andrebbe ribaltato".

Nelle ispezioni del 2007 Trenitalia è stata superata da ben quattro ditte private. L'azienda di Stato è stata bocciata con un bollino rosso sulla conformità del personale per la formazione dei treni. E rinviata con due bollini gialli nell'esame della conformità del materiale rotabile passeggeri e merci. L'allarme riguarda proprio il trasporto di sostanze tossiche o infiammabili: "Soprattutto relativamente ai trasporti di Trenitalia spa", rivela il rapporto.

Soltanto pochi giorni prima del disastro a Viareggio, un altro treno merci gestito da Trenitalia era deragliato sempre in Toscana, tra Vaiano e Prato. Quel giorno, il 22 giugno, l'incidente ha diviso per ore l'Italia in due. E anche lì tutto sarebbe stato innescato da un carro cisterna carico di acido cloridrico che una volta uscito dai binari ha rischiato di andare a sbattere contro un treno passeggeri. Il carro era intestato alla Sogetank, una società di Genova: "L'inchiesta stabilirà se l'incidente è avvenuto per un cedimento di una ruota o la deformazione dei binari", spiega un manager della società.

Ogni anno i treni merci in Italia trasportano quasi un milione 700 mila tonnellate di prodotti petroliferi e un milione 400 mila di prodotti chimici. E altre volte si è andati vicini al disastro. Come il 13 dicembre 2006 ad Avio, in provincia di Trento, quando un treno merci tamponò a 110 chilometri orari un altro merci fermo al semaforo rosso. In quei giorni il capo della Protezione civile, Guido Bertolaso, disse che c'era stato il rischio di una Bhopal italiana, ricordando la strage per la fuga di isocianato di metile dallo stabilimento di pesticidi della Union Carbide in India, che nel 1984 provocò la morte di 2.200 persone subito e altre diecimila nelle successive 72 ore. "La sostanza trasportata dal convoglio era molto simile alla sostanza che aveva provocato la tragedia di Bhopal", disse in quei giorni Bertolaso a Repubblica.tv: "Una sostanza che varia di fatto per una molecola... Quello che succede nel trasporto di queste merci sia su camion sia su treno non è sufficiente a garantire la tranquillità dei nostri cittadini. Quando ci sono dei rischi seri, bisogna che la gente sia informata". Il pericolo era dovuto anche alla presenza sullo stesso treno di altre sostanze altamente infiammabili. Un rischio altissimo tanto che la Provincia autonoma di Trento revocò lo stato di emergenza solamente dopo tre giorni.

Proprio in queste settimane l'Agenzia nazionale per la sicurezza ferroviaria, istituita sul modello dell'Agenzia per la sicurezza del volo, sta raccogliendo i dati per il rapporto sul 2008. Basta aprire il sito dell'Ansf e cliccare su organigramma per scoprire quante sono le risorse messe a disposizione dal ministero dei Trasporti per garantire la sicurezza in Italia: tre ingegneri. Ma l'ultima relazione annuale dell'agenzia conclude con ottimismo: "Il trasporto ferroviario, in particolare quello svolto sulle linee gestite da Rete ferroviaria italiana, continua ad essere la modalità di gran lunga più sicura in Italia". Infatti gli uomini, le donne, i bambini di Viareggio sono morti senza nemmeno salire su un treno.

Fonte:
L'Espresso del 02 luglio 2009

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