giovedì 2 luglio 2009
GLI ISTITUTI DI CREDITO SPARISCONO DALLA RELAZIONE SUL COMMERCIO DELLE ARMI
Di Luca Kocci
Diventa un po’ meno trasparente il commercio di armi italiane nel mondo: è infatti scomparso dalla Relazione del governo sulle esportazioni di armi – da poco trasmessa al Senato dalla Presidenza del Consiglio – un importante allegato che riporta le singole operazioni finanziarie autorizzate e compiute dalle banche in appoggio alle aziende che hanno venduto armi nel corso del 2007. Si potrà quindi continuare a sapere a quali Paesi sono stati venduti armi e sistemi d’arma, ma sarà impossibile conoscere nei dettagli le banche coinvolte e il valore di tali operazioni. Si tratta di un colpo basso assestato alla “Campagna di pressione alle banche armate” – promossa dalle riviste Mosaico di Pace, Nigrizia e Missione Oggi che da oltre 7 anni ha contribuito a stimolare la responsabilità sociale degli istituti di credito (v. Adista nn. 35/00, 49 e 61/01, 31/04, 7/06, 11 e 13/07) – e, nello stesso tempo, di un favore non da poco alle stesse banche e alle industrie armiere che mal sopportano di essere controllate da associazioni e cittadini in un regime di piena trasparenza.
Del resto Silvio Berlusconi l’aveva promesso tre anni fa, in occasione della presentazione della Relazione del 2005, relativa alle vendite di armi durante il 2004. Le industrie armiere infatti, si leggeva nella Relazione di allora, avrebbero avuto “notevoli difficoltà” a trovare banche italiane disposte ad effettuare transazioni (tanto da costringerle a lavorare con istituti di credito esteri) poiché, “pur di non essere catalogate fra le cosiddette ‘banche armate’, hanno deciso di non effettuare più o, quantomeno, limitare significativamente le operazioni bancarie connesse con l'importazione o l'esportazione di materiali d'armamento”. Per cui, proseguiva la Relazione del governo, “il ministero dell'Economia e delle Finanze ha recentemente prospettato una possibile soluzione che sarà quanto prima esaminata a livello interministeriale” (v. Adista n. 33/05). Ed oggi, a tre anni di distanza – anche perché nel 2006, chiusa la legislatura, Berlusconi perse le elezioni e non poté dare seguito agli annunci – si capisce bene quale fosse la “possibile soluzione” prospettata nel 2005 ma mai realizzata: la riduzione della trasparenza per togliere le banche dalla graticola del continuo controllo dei cittadini.
Cosa potrebbe essere accaduto lo spiega in un’intervista a Nimedia (Nigrizia Multimedia, il portale multimediale dei comboniani) Alfiero Grandi, ex sottosegretario all'Economia del governo Prodi, che negli ultimi anni ha sempre accettato di buon grado il dialogo e il confronto con gli esponenti della Campagna ‘Banche armate’ e con la Rete italiana Disarmo, fino all’ultimo incontro, lo scorso 28 marzo, in cui vennero presentate le anticipazioni della Relazione stessa (v. Adista n. 31/08). Le interpretazioni possibili sono due, dice Grandi, “una benevola e una meno benevola: la prima che sia stata una dimenticanza, e quella più malevola è che nel passaggio tra un governo e l'altro qualcuno si sia volontariamente dimenticato di allegare questa relazione”. “Temo che sia intervenuta ‘la manina’”, aggiunge, “e abbia deciso di escludere una parte che invece è parte integrante e va assolutamente inserita”.
Immediata la reazione delle riviste animatrici della Campagna che, in una lettera firmata dai tre direttori – il saveriano p. Nicola Colasuonno di Missione Oggi e i comboniani p. Franco Moretti di Nigrizia e p. Alex Zanotelli di Mosaico di Pace – e indirizzata al presidente del Consiglio Berlusconi e al ministro dell’Economia Giulio Tremonti, protestano per la “grave e indebita modifica apportata nell’ultima Relazione” sulle esportazioni di armi e chiedono l’immediata pubblicazione dell’allegato rimosso. Si tratta di “un elenco importantissimo per la nostra campagna, per tutte le associazioni della società civile e per i singoli correntisti per poter verificare se le direttive e policy emanate negli ultimi anni da diverse e importanti banche italiane in relazione ai servizi d’appoggio al commercio di armi sono effettivamente attuate – spiega Giorgio Beretta, coordinatore nazionale della campagna di pressione alle ‘banche armate’ –. Senza questo elenco di dettaglio sull’attività degli istituti di credito, infatti, l’unica cosa che si può sapere dalla Relazione del Tesoro è l’ammontare complessivo del valore delle autorizzazioni rilasciate alle banche: un dato che, non specificando con quali Paesi hanno in corso operazioni relative all’esportazione di armi italiane, inevitabilmente le mette tutte sullo stesso piano, come banche corresponsabili del commercio di armi”.
Ma forse, con l’arma della confusione, si vuole proprio minare la trasparenza e aiutare le banche a confondersi, diluendo così la loro responsabilità individuale. “Se diciamo che un'azienda militare esporta armi, beh è il suo mestiere, no?”, si legge in un editoriale congiunto di Missione Oggi, Nigrizia e Mosaico di Pace. “Ma se diciamo che la banca che sta proprio sotto casa mia, quella che aiuta anche le associazioni che scavano i pozzi nel Sahel assetato, è anche la banca d'appoggio per la compravendita di armi (autorizzata certo) qualche problema si pone, no? Se poi si scopre che ci ricava pure dei ‘compensi di intermediazione’ – più lauti più il Paese verso cui offre le sue funzioni è povero – il problema si complica. E forse è meglio non farlo sapere troppo in giro”.
( cdbchieri.it da ADISTA n° 51 del 5.7.2008 adistaonline.it)
Relazione del governo sulle esportazioni di armi:
http://www.governo.it/Presidenza/UCPMA/doc_rapporto_annuale/RAPPORTO_2007.pdf
Di Luca Kocci
Diventa un po’ meno trasparente il commercio di armi italiane nel mondo: è infatti scomparso dalla Relazione del governo sulle esportazioni di armi – da poco trasmessa al Senato dalla Presidenza del Consiglio – un importante allegato che riporta le singole operazioni finanziarie autorizzate e compiute dalle banche in appoggio alle aziende che hanno venduto armi nel corso del 2007. Si potrà quindi continuare a sapere a quali Paesi sono stati venduti armi e sistemi d’arma, ma sarà impossibile conoscere nei dettagli le banche coinvolte e il valore di tali operazioni. Si tratta di un colpo basso assestato alla “Campagna di pressione alle banche armate” – promossa dalle riviste Mosaico di Pace, Nigrizia e Missione Oggi che da oltre 7 anni ha contribuito a stimolare la responsabilità sociale degli istituti di credito (v. Adista nn. 35/00, 49 e 61/01, 31/04, 7/06, 11 e 13/07) – e, nello stesso tempo, di un favore non da poco alle stesse banche e alle industrie armiere che mal sopportano di essere controllate da associazioni e cittadini in un regime di piena trasparenza.
Del resto Silvio Berlusconi l’aveva promesso tre anni fa, in occasione della presentazione della Relazione del 2005, relativa alle vendite di armi durante il 2004. Le industrie armiere infatti, si leggeva nella Relazione di allora, avrebbero avuto “notevoli difficoltà” a trovare banche italiane disposte ad effettuare transazioni (tanto da costringerle a lavorare con istituti di credito esteri) poiché, “pur di non essere catalogate fra le cosiddette ‘banche armate’, hanno deciso di non effettuare più o, quantomeno, limitare significativamente le operazioni bancarie connesse con l'importazione o l'esportazione di materiali d'armamento”. Per cui, proseguiva la Relazione del governo, “il ministero dell'Economia e delle Finanze ha recentemente prospettato una possibile soluzione che sarà quanto prima esaminata a livello interministeriale” (v. Adista n. 33/05). Ed oggi, a tre anni di distanza – anche perché nel 2006, chiusa la legislatura, Berlusconi perse le elezioni e non poté dare seguito agli annunci – si capisce bene quale fosse la “possibile soluzione” prospettata nel 2005 ma mai realizzata: la riduzione della trasparenza per togliere le banche dalla graticola del continuo controllo dei cittadini.
Cosa potrebbe essere accaduto lo spiega in un’intervista a Nimedia (Nigrizia Multimedia, il portale multimediale dei comboniani) Alfiero Grandi, ex sottosegretario all'Economia del governo Prodi, che negli ultimi anni ha sempre accettato di buon grado il dialogo e il confronto con gli esponenti della Campagna ‘Banche armate’ e con la Rete italiana Disarmo, fino all’ultimo incontro, lo scorso 28 marzo, in cui vennero presentate le anticipazioni della Relazione stessa (v. Adista n. 31/08). Le interpretazioni possibili sono due, dice Grandi, “una benevola e una meno benevola: la prima che sia stata una dimenticanza, e quella più malevola è che nel passaggio tra un governo e l'altro qualcuno si sia volontariamente dimenticato di allegare questa relazione”. “Temo che sia intervenuta ‘la manina’”, aggiunge, “e abbia deciso di escludere una parte che invece è parte integrante e va assolutamente inserita”.
Immediata la reazione delle riviste animatrici della Campagna che, in una lettera firmata dai tre direttori – il saveriano p. Nicola Colasuonno di Missione Oggi e i comboniani p. Franco Moretti di Nigrizia e p. Alex Zanotelli di Mosaico di Pace – e indirizzata al presidente del Consiglio Berlusconi e al ministro dell’Economia Giulio Tremonti, protestano per la “grave e indebita modifica apportata nell’ultima Relazione” sulle esportazioni di armi e chiedono l’immediata pubblicazione dell’allegato rimosso. Si tratta di “un elenco importantissimo per la nostra campagna, per tutte le associazioni della società civile e per i singoli correntisti per poter verificare se le direttive e policy emanate negli ultimi anni da diverse e importanti banche italiane in relazione ai servizi d’appoggio al commercio di armi sono effettivamente attuate – spiega Giorgio Beretta, coordinatore nazionale della campagna di pressione alle ‘banche armate’ –. Senza questo elenco di dettaglio sull’attività degli istituti di credito, infatti, l’unica cosa che si può sapere dalla Relazione del Tesoro è l’ammontare complessivo del valore delle autorizzazioni rilasciate alle banche: un dato che, non specificando con quali Paesi hanno in corso operazioni relative all’esportazione di armi italiane, inevitabilmente le mette tutte sullo stesso piano, come banche corresponsabili del commercio di armi”.
Ma forse, con l’arma della confusione, si vuole proprio minare la trasparenza e aiutare le banche a confondersi, diluendo così la loro responsabilità individuale. “Se diciamo che un'azienda militare esporta armi, beh è il suo mestiere, no?”, si legge in un editoriale congiunto di Missione Oggi, Nigrizia e Mosaico di Pace. “Ma se diciamo che la banca che sta proprio sotto casa mia, quella che aiuta anche le associazioni che scavano i pozzi nel Sahel assetato, è anche la banca d'appoggio per la compravendita di armi (autorizzata certo) qualche problema si pone, no? Se poi si scopre che ci ricava pure dei ‘compensi di intermediazione’ – più lauti più il Paese verso cui offre le sue funzioni è povero – il problema si complica. E forse è meglio non farlo sapere troppo in giro”.
( cdbchieri.it da ADISTA n° 51 del 5.7.2008 adistaonline.it)
Relazione del governo sulle esportazioni di armi:
http://www.governo.it/Presidenza/UCPMA/doc_rapporto_annuale/RAPPORTO_2007.pdf
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