Un'eredità pesante quella della Centrale Nucleare del Garigliano, una delle 4 Centrali costruite all'epoca in Italia a sud della provincia di Latina. Ferma dagli anni settanta, ufficialmente per manutenzione, in realtà spenta a seguito di un guasto, per anni rimasta quasi del tutto dimenticata con il suo carico impressionante di scorie, aspettando uno smantellamento che non è mai avvenuto. Oggi quella Centrale rischia sul serio di ritornare a diventare un incubo, perché il Governo, intenzionato a ritornare al nucleare, starebbe per sceglierla come una delle zone da coinvolgere.
Le volontà del Governo Berlusconi di rilanciare con quarant' anni di ritardo il nucleare nel nostro paese hanno riportato alla ribalta di tutti i media le tematiche del nucleare in Italia e le sue moltitudini di rischi. Per quanto riguarda la Centrale Nucleare del Garigliano, se ne torna a parlare questa volta con un po’ più di preoccupazione, e non solo sui giornali locali.
Prossimamente, con l'avvio della fase operativa del piano sullo sviluppo del Governo prevista entro fine 2009, lo stesso sarà chiamato a pronunciarsi sulla scelta dei siti individuati, e a sorpresa, il nome della Centrale del Garigliano spunta fuori come uno dei probabili siti candidati sui quali "vedere" di ricostruire una centrale, o magari un deposito.
Se sarà scelta come sito, la zona attorno alla Centrale sarà dichiarata con tutta probabilità zona di "interesse strategico nazionale", il che significa "zona militare". Se ciò accadrà, tanto per fare un esempio, la divulgazione di foto e di certe informazioni contenute in questa modesta inchiesta potranno un domani addirittura essere vietate all’opinione pubblica. Ma dei pericoli, oggi, ne vogliamo parlare?
Già recentemente nei mesi scorsi sindaci e amministrazioni locali delle province di Latina e Frosinone hanno fatto sentire la loro voce in più circostanze e manifestazioni, esprimendo forti perplessità e preoccupazioni legate ad eventuali ipotesi di riapertura. Intanto i tempi scorrono, e proprio in questi giorni la notizia di un gruppo di imprenditori napoletani favorevoli all'impresa sul Garigliano, disposti a valutare eventuali finanziamenti con i loro soldi.
Nel più ampio contesto, ci sarà da vedere cosa succederà a livello nazionale con le popolazioni coinvolte una volta che a quest' ultime saranno proclamate decisioni finali, fra le poche certezze, per ora, quella di un enorme mole di incognite. Incognite che pesano. Come l'eredità delle tonnellate di scorie tossiche custodite in questi anni lungo tutto lo stivale.
La centrale del Garigliano appare nella campagna di Caserta come una gigantesca pallina da tennis. E’ spenta dal ‘78. Figlia di quegli incredibili avvenimenti possibili solo nell’Italia degli anni del boom, la Centrale fu costruita negli anni ’60 su quello che ancora oggi risulta terreno agricolo per il Comune di Sessa Aurunca, il comune sul quale sorge per competenza e per il quale quindi la centrale “burocraticamente” neanche esiste.
Dopo lo stop, negli anni ‘80 con il terremoto dell’Irpinia l’intera zona fu classificata zona sismica, e da allora, i rischi per questa Centrale dalla vita molto breve si moltiplicarono spaventosamente. L’edifico infatti all’epoca non fu costruito secondo i moderni criteri antisismici, e a seguito del terremoto, gli Enti di controllo richiesero rivalutazioni di tutto l’impianto.
Da ricordare come durante gli anni di attività dell’impianto nucleare del Garigliano furono note alle cronache decine e decine di episodi di casi di malformazioni su animali, seguiti ad alti tassi registrati di leucemie e linfonodi fra le popolazioni locali, il cui ricordo, è ancora oggi molto vivo negli abitanti delle popolazioni locali, come gli abitanti dei Comuni di Castelforte e SS Cosma e Damiano, fra quelli più colpiti all’epoca dell’esposizione alle radiazioni prodotte dalla Centrale.
Dalle analisi condotte in passato dall’avv. Marcantonio Tibaldi, figura storica antinuclearista del territorio oggi deceduto, sulle cause di morte degli ultimi trent’anni, venne fuori che in provincia di Latina si registrarono i più alti tassi di mortalità per leucemia e cancro. Sempre stando ai dati ufficiali, se nel Lazio le percentuali si aggiravano intorno al 7,7% a Latina arrivavano fino al 21,63% , mentre nella zona del Garigliano addirittura al 44,28%.
Il suolo dove sorge il sito della Centrale nucleare del Garigliano è uno di quei luoghi che oggi sarebbero classificati da qualunque paese come uno dei più a rischio dove realizzare una Centrale nucleare: costruita su zona alluvionale, in seguito dichiarata anche zona sismica, la Centrale sorge letteralmente attaccata al fiume Liri-Garigliano da cui prende il nome, le cui acque servivano un tempo a raffreddarne alcuni sistemi. Questo fiume, che non è affatto un fiume piccolo, è da sempre soggetto a piene invernali a valle della diga che in quel punto lo precede. Ogni 2/3 anni, preciso come un orologio, le acque del fiume Garigliano straripano nei campi circostanti ricoprendo vaste aree, inclusi i terreni attorno alla Centrale.
E nei terreni attorno alla Centrale sta infatti uno dei problemi più enormi: al 70% terreni agricoli e frutteti intensivamente coltivati da cooperative a sud-est verso Caserta, la cui economia riguarda migliaia di famiglie dipendenti esclusivamente da un’agricoltura gia in parte fortemente penalizzata. Nel Golfo di Gaeta, come vedremo più avanti, i residui e l’inquinamento da metalli pesanti sono stati portati in questi anni sui fondali del mare dallo stesso fiume Garigliano, che pochi km più avanti trova la sua foce, andando a mischiarsi con le acque delle zone costiere di Minturno, Cellole, Formia e Gaeta.
Riaprire la centrale sarebbe insomma un disastro, che la popolazione non vorrà essere disposta a pagare. L’irresponsabilità di chi detiene il potere decisionale su temi tanti delicati è un rischio per la vita e la salute stessa dei cittadini, che pure dovrebbero sentirsi tutelati da un ordinamento democratico.
di Sud Pontino Social Forum
Fonte: linkontro 16 luglio 2009
Le volontà del Governo Berlusconi di rilanciare con quarant' anni di ritardo il nucleare nel nostro paese hanno riportato alla ribalta di tutti i media le tematiche del nucleare in Italia e le sue moltitudini di rischi. Per quanto riguarda la Centrale Nucleare del Garigliano, se ne torna a parlare questa volta con un po’ più di preoccupazione, e non solo sui giornali locali.
Prossimamente, con l'avvio della fase operativa del piano sullo sviluppo del Governo prevista entro fine 2009, lo stesso sarà chiamato a pronunciarsi sulla scelta dei siti individuati, e a sorpresa, il nome della Centrale del Garigliano spunta fuori come uno dei probabili siti candidati sui quali "vedere" di ricostruire una centrale, o magari un deposito.
Se sarà scelta come sito, la zona attorno alla Centrale sarà dichiarata con tutta probabilità zona di "interesse strategico nazionale", il che significa "zona militare". Se ciò accadrà, tanto per fare un esempio, la divulgazione di foto e di certe informazioni contenute in questa modesta inchiesta potranno un domani addirittura essere vietate all’opinione pubblica. Ma dei pericoli, oggi, ne vogliamo parlare?
Già recentemente nei mesi scorsi sindaci e amministrazioni locali delle province di Latina e Frosinone hanno fatto sentire la loro voce in più circostanze e manifestazioni, esprimendo forti perplessità e preoccupazioni legate ad eventuali ipotesi di riapertura. Intanto i tempi scorrono, e proprio in questi giorni la notizia di un gruppo di imprenditori napoletani favorevoli all'impresa sul Garigliano, disposti a valutare eventuali finanziamenti con i loro soldi.
Nel più ampio contesto, ci sarà da vedere cosa succederà a livello nazionale con le popolazioni coinvolte una volta che a quest' ultime saranno proclamate decisioni finali, fra le poche certezze, per ora, quella di un enorme mole di incognite. Incognite che pesano. Come l'eredità delle tonnellate di scorie tossiche custodite in questi anni lungo tutto lo stivale.
La centrale del Garigliano appare nella campagna di Caserta come una gigantesca pallina da tennis. E’ spenta dal ‘78. Figlia di quegli incredibili avvenimenti possibili solo nell’Italia degli anni del boom, la Centrale fu costruita negli anni ’60 su quello che ancora oggi risulta terreno agricolo per il Comune di Sessa Aurunca, il comune sul quale sorge per competenza e per il quale quindi la centrale “burocraticamente” neanche esiste.
Dopo lo stop, negli anni ‘80 con il terremoto dell’Irpinia l’intera zona fu classificata zona sismica, e da allora, i rischi per questa Centrale dalla vita molto breve si moltiplicarono spaventosamente. L’edifico infatti all’epoca non fu costruito secondo i moderni criteri antisismici, e a seguito del terremoto, gli Enti di controllo richiesero rivalutazioni di tutto l’impianto.
Da ricordare come durante gli anni di attività dell’impianto nucleare del Garigliano furono note alle cronache decine e decine di episodi di casi di malformazioni su animali, seguiti ad alti tassi registrati di leucemie e linfonodi fra le popolazioni locali, il cui ricordo, è ancora oggi molto vivo negli abitanti delle popolazioni locali, come gli abitanti dei Comuni di Castelforte e SS Cosma e Damiano, fra quelli più colpiti all’epoca dell’esposizione alle radiazioni prodotte dalla Centrale.
Dalle analisi condotte in passato dall’avv. Marcantonio Tibaldi, figura storica antinuclearista del territorio oggi deceduto, sulle cause di morte degli ultimi trent’anni, venne fuori che in provincia di Latina si registrarono i più alti tassi di mortalità per leucemia e cancro. Sempre stando ai dati ufficiali, se nel Lazio le percentuali si aggiravano intorno al 7,7% a Latina arrivavano fino al 21,63% , mentre nella zona del Garigliano addirittura al 44,28%.
Il suolo dove sorge il sito della Centrale nucleare del Garigliano è uno di quei luoghi che oggi sarebbero classificati da qualunque paese come uno dei più a rischio dove realizzare una Centrale nucleare: costruita su zona alluvionale, in seguito dichiarata anche zona sismica, la Centrale sorge letteralmente attaccata al fiume Liri-Garigliano da cui prende il nome, le cui acque servivano un tempo a raffreddarne alcuni sistemi. Questo fiume, che non è affatto un fiume piccolo, è da sempre soggetto a piene invernali a valle della diga che in quel punto lo precede. Ogni 2/3 anni, preciso come un orologio, le acque del fiume Garigliano straripano nei campi circostanti ricoprendo vaste aree, inclusi i terreni attorno alla Centrale.
E nei terreni attorno alla Centrale sta infatti uno dei problemi più enormi: al 70% terreni agricoli e frutteti intensivamente coltivati da cooperative a sud-est verso Caserta, la cui economia riguarda migliaia di famiglie dipendenti esclusivamente da un’agricoltura gia in parte fortemente penalizzata. Nel Golfo di Gaeta, come vedremo più avanti, i residui e l’inquinamento da metalli pesanti sono stati portati in questi anni sui fondali del mare dallo stesso fiume Garigliano, che pochi km più avanti trova la sua foce, andando a mischiarsi con le acque delle zone costiere di Minturno, Cellole, Formia e Gaeta.
Riaprire la centrale sarebbe insomma un disastro, che la popolazione non vorrà essere disposta a pagare. L’irresponsabilità di chi detiene il potere decisionale su temi tanti delicati è un rischio per la vita e la salute stessa dei cittadini, che pure dovrebbero sentirsi tutelati da un ordinamento democratico.
di Sud Pontino Social Forum
Fonte: linkontro 16 luglio 2009
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