mercoledì 20 maggio 2009

Ricostruzione, una farsa


Di Pietro Orsatti


ABRUZZO — Fondi scarsi e ancora scontri tra Protezione civile e amministrazioni locali. Le nuove costruzioni, pronte in 7 giorni, vengono bloccate.
A farne le spese gli sfollati. —
A L’Aquila e nella valle dell’Aterno, epicentro del sisma, l’atmosfera sembra congelata.
Si gestisce, forzatamente, la vita nei campi. I lavori, in particolare nel centro storico, sono più o meno fermi. Di ricostruzione o meglio di pre ricostruzione, nemmeno l’ombra. Ma la militarizzazione del territorio rimane comunque invariata.

«Siamo tanti, troppi e siamo inutili - racconta un agente di polizia a un posto di blocco sulla statale 17 che segue la valle incassata fra Gran Sasso e Sirente e Maiella -. Abbiamo l’ordine di fare un tot di controlli ogni giorno, che servano o meno. Fra noi e le altre forze dell’ordine non c’è affatto coordinamento. Ieri abbiamo fermato un locale ed era la quarta volta in meno di mezz’ora. Era giustamente esasperato. Dopo il G8, di sicuro, diminuiranno il nostro numero. Ora l’ordine è farci vedere».

Ma è vero che stanno smantellando i campi e molta gente sta rientrando in casa? «Ma dove?». Già, dove? Perché sarebbe interessante capire dove e come la popolazione colpita nei comuni con crolli e danneggiamenti abbia la minima possibilità di riaccedere alla propria abitazione. E sarebbe davvero interessante capire come domenica scorsa il Tg5 abbia dedicato più di 5 minuti di servizio al rientro “nel centro storico” di un comune praticamente non colpito dal sisma se non per un crollo interno a un campanile e alcuni danni a case già abbandonate e diroccate.

Chi stava in tenda in questo paese era per paura, non perché avesse danni. Come avvenuto in mezzo Abruzzo, del resto. Ma un micro campo della Protezione civile che chiude i battenti, anche se di dubbia utilità, fa notizia. Fa notizia soprattutto quando si cerca di occultare la stasi che attraversa oggi l’area colpita dal terremoto del 6 aprile. Nulla è cambiato, siamo in Italia e nel Belpaese è un’arte, oggi, negare l’evidenza.

E l’evidenza è che non ci sono soldi, che quei pochi soldi che ci sono diventano terreno di scontro fra Protezione civile ed enti e amministrazioni locali e che la ricostruzione è di fatto paralizzata. E la paralisi, in queste settimane, si sta trasformando in farsa. Amara, ma pur sempre farsa. Un esempio.

La Provincia di Trento, immediatamente dopo il sisma, aveva stanziato e approvato una gara per la costruzione di 170 moduli abitativi destinati a Paganica, ex paesone alle porte del capoluogo oggi assorbito come frazione de L’Aquila. Delibera e gara fatti, individuata l’area, già si stava procedendo alla costruzione delle piattaforme di cemento armato dove porre case moderne e funzionali di 80/120 metri quadrati (non baracche o container) costruite con il principio della bioarchitettura.

Purtroppo l’individuazione dell’area da parte della Protezione civile era stata imposta senza alcuna consultazione con il Comune. Da qui lo scontro e il conseguente blocco. Addirittura le piazzole già realizzate sarebbero state ricoperte e, in mancanza di accordo, le case destinate ad altri Comuni dell’area. Mentre era prevista la consegna delle stesse 20 giorni fa alle prime 170 famiglie di Paganica.

Perché questo tipo di case ha una particolarità: quelle di essere realizzate e concluse in 5 o al massimo 7 giorni. Come dire: forzare non paga e non paga neanche il protagonismo. E a farne le spese sono gli sfollati. Solo una di queste strutture di bioarchitettura sarà realizzata a Paganica, forse. Ma dentro un impianto sportivo della locale società di rugby.

A metterla in piedi una “squadra” di camalli genovesi con associazioni locali e il contributo di un gruppetto di imprenditori. Una biblioteca per bambini, che se non interverrà nessuno a bloccarla o a cercare di metterci “il cappello” sopra, potrebbe essere realizzata, consegnata e inaugurata prima della kermesse del G8. Una delle tante, strane, magiche ed efficaci alleanze create dalla società civile in queste settimane.

Fonte:
Terra
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Di Pietro Orsatti


ABRUZZO — Fondi scarsi e ancora scontri tra Protezione civile e amministrazioni locali. Le nuove costruzioni, pronte in 7 giorni, vengono bloccate.
A farne le spese gli sfollati. —
A L’Aquila e nella valle dell’Aterno, epicentro del sisma, l’atmosfera sembra congelata.
Si gestisce, forzatamente, la vita nei campi. I lavori, in particolare nel centro storico, sono più o meno fermi. Di ricostruzione o meglio di pre ricostruzione, nemmeno l’ombra. Ma la militarizzazione del territorio rimane comunque invariata.

«Siamo tanti, troppi e siamo inutili - racconta un agente di polizia a un posto di blocco sulla statale 17 che segue la valle incassata fra Gran Sasso e Sirente e Maiella -. Abbiamo l’ordine di fare un tot di controlli ogni giorno, che servano o meno. Fra noi e le altre forze dell’ordine non c’è affatto coordinamento. Ieri abbiamo fermato un locale ed era la quarta volta in meno di mezz’ora. Era giustamente esasperato. Dopo il G8, di sicuro, diminuiranno il nostro numero. Ora l’ordine è farci vedere».

Ma è vero che stanno smantellando i campi e molta gente sta rientrando in casa? «Ma dove?». Già, dove? Perché sarebbe interessante capire dove e come la popolazione colpita nei comuni con crolli e danneggiamenti abbia la minima possibilità di riaccedere alla propria abitazione. E sarebbe davvero interessante capire come domenica scorsa il Tg5 abbia dedicato più di 5 minuti di servizio al rientro “nel centro storico” di un comune praticamente non colpito dal sisma se non per un crollo interno a un campanile e alcuni danni a case già abbandonate e diroccate.

Chi stava in tenda in questo paese era per paura, non perché avesse danni. Come avvenuto in mezzo Abruzzo, del resto. Ma un micro campo della Protezione civile che chiude i battenti, anche se di dubbia utilità, fa notizia. Fa notizia soprattutto quando si cerca di occultare la stasi che attraversa oggi l’area colpita dal terremoto del 6 aprile. Nulla è cambiato, siamo in Italia e nel Belpaese è un’arte, oggi, negare l’evidenza.

E l’evidenza è che non ci sono soldi, che quei pochi soldi che ci sono diventano terreno di scontro fra Protezione civile ed enti e amministrazioni locali e che la ricostruzione è di fatto paralizzata. E la paralisi, in queste settimane, si sta trasformando in farsa. Amara, ma pur sempre farsa. Un esempio.

La Provincia di Trento, immediatamente dopo il sisma, aveva stanziato e approvato una gara per la costruzione di 170 moduli abitativi destinati a Paganica, ex paesone alle porte del capoluogo oggi assorbito come frazione de L’Aquila. Delibera e gara fatti, individuata l’area, già si stava procedendo alla costruzione delle piattaforme di cemento armato dove porre case moderne e funzionali di 80/120 metri quadrati (non baracche o container) costruite con il principio della bioarchitettura.

Purtroppo l’individuazione dell’area da parte della Protezione civile era stata imposta senza alcuna consultazione con il Comune. Da qui lo scontro e il conseguente blocco. Addirittura le piazzole già realizzate sarebbero state ricoperte e, in mancanza di accordo, le case destinate ad altri Comuni dell’area. Mentre era prevista la consegna delle stesse 20 giorni fa alle prime 170 famiglie di Paganica.

Perché questo tipo di case ha una particolarità: quelle di essere realizzate e concluse in 5 o al massimo 7 giorni. Come dire: forzare non paga e non paga neanche il protagonismo. E a farne le spese sono gli sfollati. Solo una di queste strutture di bioarchitettura sarà realizzata a Paganica, forse. Ma dentro un impianto sportivo della locale società di rugby.

A metterla in piedi una “squadra” di camalli genovesi con associazioni locali e il contributo di un gruppetto di imprenditori. Una biblioteca per bambini, che se non interverrà nessuno a bloccarla o a cercare di metterci “il cappello” sopra, potrebbe essere realizzata, consegnata e inaugurata prima della kermesse del G8. Una delle tante, strane, magiche ed efficaci alleanze create dalla società civile in queste settimane.

Fonte:
Terra

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