Di Emiliano Fittipaldi
Le discariche piene. L'inceneritore bloccato dalla Asl. Le sostanze tossiche smaltite illegalmente. Le malattie in aumento. E il piano Marrazzo per il Lazio che rischia di saltare. Con effetti disastrosi
Le discariche piene. L'inceneritore bloccato dalla Asl. Le sostanze tossiche smaltite illegalmente. Le malattie in aumento. E il piano Marrazzo per il Lazio che rischia di saltare. Con effetti disastrosi
La discarica di Malagrotta
Quando alla Regione hanno letto il documento- choc inviato dalla Asl, in molti si sono messi le mani nei capelli. Due paginette, dal contenuto agghiacciante, rischiano infatti di far saltare il Piano rifiuti del Lazio e far scivolare la capitale e le provincie tutte in una crisi simile a quella della Campania. Il rapporto sostiene che ad Albano Laziale, paesone di 40 mila anime alle porte di Roma, le morti e i ricoveri ospedalieri per alcune gravi patologie toccano livelli record. Proprio ad Albano dovrebbe sorgere il nuovo gassificatore (progettato per bruciare 160 mila tonnellate di rifiuti l'anno) previsto dal piano che ha permesso al Lazio, lo scorso giugno, di uscire dal commissariamento dopo dieci anni di emergenza. Il programma punta anche a un allargamento della grande discarica ormai satura. Ma il parere conclusivo dell'Asl Roma H è negativo, su tutta la linea. "Si dà atto", spiega il direttore Agostino Messineo, "che l'impianto tratterà unicamente Cdr. Tuttavia la possibilità che accadano evenienze "diverse" non appare, evidentemente, pura utopia. E l'ipotesi probabilistica che accadano situazioni critiche va considerata comunque sotto un profilo delle cautele da adottare in tema di opportuna distanza dalle abitazioni".
Il professore, finito nelle indagini sulle cliniche degli Angelucci, snocciola le tabelle di un recentissimo studio sulla salute della popolazione residente in città, che "L'espresso" ha potuto consultare. Senza fare riferimento a esposizioni specifiche (ma più che la discarica, è al traffico caotico dell'Appia che guardano gli esperti), gli epidemiologi hanno osservato un eccesso di mortalità negli uomini superiore al 50 per cento sia per le malattie respiratorie che per quelle polmonari croniche, e un aumento del 60 per cento per le malattie dell'apparato genito-urinario. "Tali eccessi", si legge nel rapporto, "sono statisticamente significativi ". Non solo. Nel paese ci sono troppi tumori alla vescica e al sistema linfatico, mentre le donne muoiono più che nel resto della regione. A causa "di malattie cardiovascolari, ischemiche, malattie respiratorie e malattie dell'apparato genito- urinario". Da togliere il fiato anche le statistiche sulle persone ricoverate, con "eccessi significativi osservati per le malattie dell'apparato respiratorio, in particolare per la Bcpo (la bronco pneumopatia cronica ostruttiva, ndr) e le malattie dell'apparato genitourinario".
Il professore, finito nelle indagini sulle cliniche degli Angelucci, snocciola le tabelle di un recentissimo studio sulla salute della popolazione residente in città, che "L'espresso" ha potuto consultare. Senza fare riferimento a esposizioni specifiche (ma più che la discarica, è al traffico caotico dell'Appia che guardano gli esperti), gli epidemiologi hanno osservato un eccesso di mortalità negli uomini superiore al 50 per cento sia per le malattie respiratorie che per quelle polmonari croniche, e un aumento del 60 per cento per le malattie dell'apparato genito-urinario. "Tali eccessi", si legge nel rapporto, "sono statisticamente significativi ". Non solo. Nel paese ci sono troppi tumori alla vescica e al sistema linfatico, mentre le donne muoiono più che nel resto della regione. A causa "di malattie cardiovascolari, ischemiche, malattie respiratorie e malattie dell'apparato genito- urinario". Da togliere il fiato anche le statistiche sulle persone ricoverate, con "eccessi significativi osservati per le malattie dell'apparato respiratorio, in particolare per la Bcpo (la bronco pneumopatia cronica ostruttiva, ndr) e le malattie dell'apparato genitourinario".
Il gassificatore non s'ha da fare, la conclusione. Troppi veleni in circolazione per consentire nuove emissioni. Secondo la Asl deve vincere il principio di precauzione, poiché i dati scientifici possono essere anche insufficienti, inconcludenti o incerti, ma la "valutazione scientifica indica possibili effetti inaccettabili e incoerenti". Piero Marrazzo, governatore con delega ai rifiuti, ammette di essere molto preoccupato. "Massima priorità alla salute dei cittadini e alla difesa del territorio. Ma aggiungo che senza Albano il piano rischia di saltare. La regione può cadere in un'emergenza grave. Capisco le critiche e le rimostranze degli ambientalisti, ma non vorrei che ci fossero in campo altri interessi che mirano a far saltare tutto. Un nuovo caso Napoli? Non sarei così tranchant, però i timori sono tanti: senza il gassificatore di Albano bisognerà correre rapidamente ai ripari". Intanto il presidente ha già chiesto all'Arpa e agli epidemiologi della Asl E una nuova valutazione che possa rendere "inoffensiva" quella di Messineo, considerata priva di motivazioni "congrue". Per ottenere comunque l'autorizzazione integrata ambientale necessaria a realizzare l'impianto.
Traffici criminali La battaglia della monnezza è solo agli inizi.
Nel Lazio si giocano due partite parallele. Una sanitaria, l'altra politica ed economica. Lo scandalo di Colleferro, l'inceneritore dove, secondo i pm di Velletri e i carabinieri del Noe, si bruciavano anche rifiuti tossici per produrre più elettricità, è solo la punta di un iceberg dalle dimensioni gigantesche. Nemmeno fossimo a Gomorra, le forze dell'ordine negli ultimi mesi hanno trovato migliaia di tonnellate di sostanze tossiche in discariche non autorizzate, mentre in quasi tutte le procure regionali sono aperte indagini su traffico illecito di rifiuti e contaminazione ambientale. A Malagrotta, ad Amatrice, nel Frusinate, a Viterbo, a Rieti. Sempre più spesso si registrano infiltrazioni della criminalità organizzata. Acqua, falde, aria e terra sono, in alcune zone, completamente compromesse. Tanto che dopo le indagini sugli abitanti della Valle del Sacco e quelli di Albano il dipartimento di epidemiologia darà il via a un monitoraggio a tappeto nei luoghi vicino a discariche, termovalorizzatori e altri impianti di trasformazione della spazzatura. Alla ricerca di eventuali malformazioni, malattie e andamenti strani della mortalità degli abitanti. "Ma non facciamo allarmismi, è un progetto nato due anni fa improntato alla trasparenza", dice il direttore del dipartimento di epidemiologia Carlo Perucci, impegnato anche per la valutazione dell'impatto del discusso termovalorizzatore di Acerra: "A tutt'oggi non c'è nessuna evidenza tra rifiuti, inceneritori e patologie. Ci sono alcunisospetti su rari sarcomi e alcuni linfomi. Nel Lazio il problema numero uno è il traffico e, in certi casi, la gestione criminale dei rifiuti: oltre ai controlli sulla salute, dobbiamo essere sicuri su quello che arriva in discarica e negli inceneritori".
Tra politici e imprenditori
Ma il niet al gassificatore di Albano ha anche risvolti politici. I due grandi sconfitti sembrano proprio Marrazzo, che senza una soluzione rapida della vicenda rischia di assistere a un ri-commissariamento della regione, e Manlio Cerroni, l'imprenditore della società Pontina Ambiente e re di Malagrotta che, insieme ad Ama ed Acea, punta a costruire lì, sopra i suoi terreni, il quarto inceneritore del Lazio. Un investimento da 250 milioni di euro, senza dimenticare i 40 megawat di energia prodotta al giorno. Al sindaco Gianni Alemanno e al presidente della municipalizzata Ama, Franco Panzironi, l'accordo con Cerroni non è mai piaciuto. Dubbi anche sull'obiettivo del piano rifiuti, considerato irrealistico, di arrivare entro il 2011 al 50 per cento di raccolta differenziata. L'idea è quella di chiudere Malagrotta e, al posto di Albano, aprire uno sversatoio con termovalorizzatore annesso ad Allumiere, sopra i terreni del demanio militare gestiti dall'amico e ministro Ignazio La Russa. Nel centrodestra gira anche un'altra ipotesi, si dice caldeggiata da Paolo Togni, ex braccio destro di Altero Matteoli e oggi direttore del dipartimento politiche ambientali della capitale: bruciare il Cdr nella centrale Enel di Torrevaldaliga, a Civitavecchia. Secondo alcuni, l'operazione è tecnicamente impossibile. Perucci spiega, poi, che proprio a Civitavecchia c'è un eccesso "misurabile" di mortalità e di ricoveri legati a malattie respiratorie. "L'impatto ambientale in città proviene da più fonti: il porto più grande del Tirreno, con navi che hanno emissioni fino a 10 volte più alte del peggior inceneritore d'Italia, due centrali elettriche, quella dell'Enel e un cementificio".
Malagrotta dei veleni
Il cuore della monnezza laziale, ovviamente, batte sotto i 250 ettari di Malagrotta. Contemporaneamente la più grande discarica d'Europa, il corebusiness di Cerroni e il buco nero che salva, grazie a proroghe annuali e prezzi contenuti, Roma da un destino peggiore di quello di Napoli. Si vocifera che sia esaurita, ma in realtà l'immondizia non trattata, sprofondando, potrebbero essere ammassata per altri due lustri senza difficoltà. I residenti, ovviamente, non sono d'accordo, anche perché è probabile che non sia solo il fetore ad assediare le loro case. Su Malagrotta ci sono ben tre indagini in corso: una dell'Ispra, voluta dal ministro Stefania Prestigiacomo, e due penali, che riguardano l'inquinamento dell'area e il gassificatore appena inaugurato, dissequestrato a dicembre dopo che i carabinieri avevano messo i sigilli. Il Noe di Roma, guidato dal comandante Pietro Rajola Pescarini, e gli esperti dell'Arpa hanno trovato sul fiume Rio Galeria (che innaffia i campi di granturco e i pascoli della vacche) e sui canali naturali e artificiali tracce di idrocarburi, metalli pesanti, benzene. Non è detto, però, che i veleni siano collegabili alla spazzatura: nel mirino degli inquirenti è finita anche la Raffineria di Roma, oggi della Total, che sorge a poche centinaia di metri di distanza. I suoi depositi sono a monte della discarica e della falda, e gli inquinanti trovati sono compatibili con le attività della fabbrica. Gli investigatori hanno trovato in un ruscello anche molecole chimiche provenienti, forse, da una fabbrica abbandonata, la Termobit, che produceva fino a qualche anno fa additivi per combustibili e conglomerati bituminosi.
Arrivano i massoni
Albano, Civitavecchia e Malagrotta sono in buona compagnia.
Tra politici e imprenditori
Ma il niet al gassificatore di Albano ha anche risvolti politici. I due grandi sconfitti sembrano proprio Marrazzo, che senza una soluzione rapida della vicenda rischia di assistere a un ri-commissariamento della regione, e Manlio Cerroni, l'imprenditore della società Pontina Ambiente e re di Malagrotta che, insieme ad Ama ed Acea, punta a costruire lì, sopra i suoi terreni, il quarto inceneritore del Lazio. Un investimento da 250 milioni di euro, senza dimenticare i 40 megawat di energia prodotta al giorno. Al sindaco Gianni Alemanno e al presidente della municipalizzata Ama, Franco Panzironi, l'accordo con Cerroni non è mai piaciuto. Dubbi anche sull'obiettivo del piano rifiuti, considerato irrealistico, di arrivare entro il 2011 al 50 per cento di raccolta differenziata. L'idea è quella di chiudere Malagrotta e, al posto di Albano, aprire uno sversatoio con termovalorizzatore annesso ad Allumiere, sopra i terreni del demanio militare gestiti dall'amico e ministro Ignazio La Russa. Nel centrodestra gira anche un'altra ipotesi, si dice caldeggiata da Paolo Togni, ex braccio destro di Altero Matteoli e oggi direttore del dipartimento politiche ambientali della capitale: bruciare il Cdr nella centrale Enel di Torrevaldaliga, a Civitavecchia. Secondo alcuni, l'operazione è tecnicamente impossibile. Perucci spiega, poi, che proprio a Civitavecchia c'è un eccesso "misurabile" di mortalità e di ricoveri legati a malattie respiratorie. "L'impatto ambientale in città proviene da più fonti: il porto più grande del Tirreno, con navi che hanno emissioni fino a 10 volte più alte del peggior inceneritore d'Italia, due centrali elettriche, quella dell'Enel e un cementificio".
Malagrotta dei veleni
Il cuore della monnezza laziale, ovviamente, batte sotto i 250 ettari di Malagrotta. Contemporaneamente la più grande discarica d'Europa, il corebusiness di Cerroni e il buco nero che salva, grazie a proroghe annuali e prezzi contenuti, Roma da un destino peggiore di quello di Napoli. Si vocifera che sia esaurita, ma in realtà l'immondizia non trattata, sprofondando, potrebbero essere ammassata per altri due lustri senza difficoltà. I residenti, ovviamente, non sono d'accordo, anche perché è probabile che non sia solo il fetore ad assediare le loro case. Su Malagrotta ci sono ben tre indagini in corso: una dell'Ispra, voluta dal ministro Stefania Prestigiacomo, e due penali, che riguardano l'inquinamento dell'area e il gassificatore appena inaugurato, dissequestrato a dicembre dopo che i carabinieri avevano messo i sigilli. Il Noe di Roma, guidato dal comandante Pietro Rajola Pescarini, e gli esperti dell'Arpa hanno trovato sul fiume Rio Galeria (che innaffia i campi di granturco e i pascoli della vacche) e sui canali naturali e artificiali tracce di idrocarburi, metalli pesanti, benzene. Non è detto, però, che i veleni siano collegabili alla spazzatura: nel mirino degli inquirenti è finita anche la Raffineria di Roma, oggi della Total, che sorge a poche centinaia di metri di distanza. I suoi depositi sono a monte della discarica e della falda, e gli inquinanti trovati sono compatibili con le attività della fabbrica. Gli investigatori hanno trovato in un ruscello anche molecole chimiche provenienti, forse, da una fabbrica abbandonata, la Termobit, che produceva fino a qualche anno fa additivi per combustibili e conglomerati bituminosi.
Arrivano i massoni
Albano, Civitavecchia e Malagrotta sono in buona compagnia.
A Colleferro, già devastata dall'inquinamento della valle del fiume Sacco, il Noe ha arrestato tre settimane fa 13 persone, accusate di associazione a delinquere e traffico illecito di rifiuti. Tra di loro anche responsabili dell'inceneritore (ora sotto sequestro) e dell'Ama, colpevoli di aver bruciato di tutto di più (gomme di automobili, metalli, "roba tossica"), di aver manipolato i sistemi di controllo e minacciato i dipendenti che si opponevano agli illeciti. Lo scorso 23 marzo il gip del Tribunale di Velletri ha revocato la misura cautelare a cinque indagati, ma ha confermato l'intero impianto accusatorio. I due dirigenti dell'Ama sono tornati in libertà solo perché "è inverosimile ritenere che, nella situazione attuale, da parte dell'Ama possa essere di nuovo smaltito Cdr non conforme negli impianti di Colleferro o altrove". Un chimico, originario di Portici e già indagato "per fatti analoghi " a Napoli, non potrà uscire dal suo comune. Intanto un'inchiesta-bis, partita dalla scoperta a Pomezia di una discarica di amianto proveniente da tuttoil Centro e Sud Italia (secondo le prime analisi invece di conservare materiale compatto interravano anche quello friabile e pericoloso, mettendo a rischio l'ambiente) sta cercando di far luce sui rapporti tra il business milionario della monnezza e la massoneria: 56 gli indagati, alcuni in passato avrebbero fatto parte della P2. Come insegnano inchieste della procura di Napoli, sono proprio i fratelli delle logge ad aver capito, già vent'anni fa, le potenzialità economiche del traffico dei rifiuti.
La nuova Gomorra
Le Ecomafie hanno scelto scelto il Lazio come nuova terra promessa. La situazione sta peggiorando anno dopo anno: nel 2005 la Guardia di finanza controllò 24 discariche, ben 19 erano usate come sversatoi di vernici, liquami tossici e sostanze fuorilegge. Nel 2007 il Noe ha scovato 61 siti inquinati e denunciato 102 persone. In questi giorni a Viterbo si sta svolgendo il processo "Giro d'Italia", con 15 imputati accusati di aver gettato in tre cave della provincia 250mila tonnellate di rifiuti speciali, pericolosi e non, provenienti da aziende del Lazio, Veneto, Lombardia, Friuli, Umbria, Toscana, Emilia Romagna e Campania. Il traffico dei rifiuti a Viterbo, secondo l'ultimo rapporto dell'Osservatorio regionale sulla legalità, è in mano alla cosche della camorra e della 'ndrangheta. A quattro anni di distanza dagli arresti, le bonifiche non sono ancora iniziate: fanghi di cartiera, Pcb, ceneri di acciaieria, scarti farmaceutici pieni di zinco, piombo e nichel impregnano ancora il terreno. Secondo i medici dell'Isde (specializzati in ambiente), la contaminazione dell'aria e delle falde è più che probabile, e chiedono alla Asl locale di "avviare studi per monitorare lo stato di salute delle persone che vivono vicino alle discariche". Monitoraggio che, forse, andrebbe fatto anche ad Amatrice, paesino vicino Rieti. Dopo che gli abitanti avevano segnalato odori nauseabondi provenienti dal depuratore comunale (gestito dall'Acearieti), e dopo che le analisi hanno scovato metalli nel fiume Tronto, il Noe ha scoperto che nell'impianto, che avrebbe dovuto depurare solo le acque industriali del comune, finivano anche liquami dell'acciaieria ThyssenKrupp di Terni e percolato proveniente da Campania, Sicilia e Umbria. Qualche nome eccellente è già finito nel registro degli indagati, le indagini proseguono, ma l'attività di trattamento in conto terzi del settore chimico- fisico è stata sospesa. "Quello che avevo detto appena fui eletto governatore", chiosa Marrazzo, "è stato sottovalutato da molti: oggi nel Lazio il pericolo della criminalità organizzata è pesante, l'ecomafia ha un giro d'affari che fa gola a molti. E molti delinquenti sono attratti proprio dalla gestione dei rifiuti, con possibili infiltrazioni anche nella pubblica amministrazione".
ha collaborato Gianluca Schinaia
(02 aprile 2009)
Fonte:L'Espresso
La nuova Gomorra
Le Ecomafie hanno scelto scelto il Lazio come nuova terra promessa. La situazione sta peggiorando anno dopo anno: nel 2005 la Guardia di finanza controllò 24 discariche, ben 19 erano usate come sversatoi di vernici, liquami tossici e sostanze fuorilegge. Nel 2007 il Noe ha scovato 61 siti inquinati e denunciato 102 persone. In questi giorni a Viterbo si sta svolgendo il processo "Giro d'Italia", con 15 imputati accusati di aver gettato in tre cave della provincia 250mila tonnellate di rifiuti speciali, pericolosi e non, provenienti da aziende del Lazio, Veneto, Lombardia, Friuli, Umbria, Toscana, Emilia Romagna e Campania. Il traffico dei rifiuti a Viterbo, secondo l'ultimo rapporto dell'Osservatorio regionale sulla legalità, è in mano alla cosche della camorra e della 'ndrangheta. A quattro anni di distanza dagli arresti, le bonifiche non sono ancora iniziate: fanghi di cartiera, Pcb, ceneri di acciaieria, scarti farmaceutici pieni di zinco, piombo e nichel impregnano ancora il terreno. Secondo i medici dell'Isde (specializzati in ambiente), la contaminazione dell'aria e delle falde è più che probabile, e chiedono alla Asl locale di "avviare studi per monitorare lo stato di salute delle persone che vivono vicino alle discariche". Monitoraggio che, forse, andrebbe fatto anche ad Amatrice, paesino vicino Rieti. Dopo che gli abitanti avevano segnalato odori nauseabondi provenienti dal depuratore comunale (gestito dall'Acearieti), e dopo che le analisi hanno scovato metalli nel fiume Tronto, il Noe ha scoperto che nell'impianto, che avrebbe dovuto depurare solo le acque industriali del comune, finivano anche liquami dell'acciaieria ThyssenKrupp di Terni e percolato proveniente da Campania, Sicilia e Umbria. Qualche nome eccellente è già finito nel registro degli indagati, le indagini proseguono, ma l'attività di trattamento in conto terzi del settore chimico- fisico è stata sospesa. "Quello che avevo detto appena fui eletto governatore", chiosa Marrazzo, "è stato sottovalutato da molti: oggi nel Lazio il pericolo della criminalità organizzata è pesante, l'ecomafia ha un giro d'affari che fa gola a molti. E molti delinquenti sono attratti proprio dalla gestione dei rifiuti, con possibili infiltrazioni anche nella pubblica amministrazione".
ha collaborato Gianluca Schinaia
(02 aprile 2009)
Fonte:L'Espresso
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