Di Ludovico Vico
Le Regioni del Mezzogiorno hanno i disoccupati senza ammortizzatori sociali universali, le risorse finanziarie che però sono utilizzate per affrontare la crisi dell’intero Paese e non hanno gli strumenti per erogarle direttamente. E’ proprio un paradosso che è utile sciogliere quanto prima possibile. Si va affermando una “leggenda metropolitana”, secondo la quale la crisi economica riguarda soprattutto il centro-nord.
Le ragioni di questo convincimento risiedono nell’ osservazione esclusiva dell’indicatore congiunturale della cassa integrazione. Infatti i dati della cig ordinaria relativi al febbraio 2009 sono impressionanti: la crescita delle ore autorizzate rispetto all’anno precedente raggiunge il 527% nel nord, il 386% nel centro e il 300% nel sud. Su 65 milioni di ore, ben 50 milioni sono nelle regioni del centro-nord.
Il quadro cambia profondamente se analizziamo invece i dati dell’indagine Istat sulle forze lavoro, relativi al quarto trimestre 2008, sulla cui base il professor Luca Bianchi, direttore dell’istituto, dichiara: “Ciò che emerge dal mercato del lavoro meridionale è realmente drammatico”. Infatti al sud alla fine del 2008 l’occupazione si è ridotta di 126 mila unità rispetto al 2007. Nel medesimo periodo nel centro-nord, pur con forte rallentamento, l’occupazione è aumentata di 150 mila unità.
La sola industria meridionale ha perso nel 2008 circa 65 mila addetti, il settore delle costruzioni altri 30 mila. Questi dati, che non sono riscontrabili nella crescita della cassa integrazione, ci dicono che migliaia di lavoratori con contratto a termine (una delle categorie dei precari) sono irrimediabilmente senza lavoro e senza reddito e privi di copertura del sistema di ammortizzatori sociali.
I dati del 2009 nel settore industriale meridionale non sono ancora ufficiali, ma ugualmente raccontano della terribile situazione sul versante dei licenziamenti nelle piccole imprese dell’indotto e nell’appalto dei grandi insediamenti produttivi che da sempre ricorrono ai contratti a termine. Scatta, infatti, la cassa integrazione ordinaria per i lavoratori dei grandi insediamenti della siderurgia (Taranto), dell’automotive (Pomigliano, Termini Imerese, Termoli, Sulmona, CNH di Lecce etc), della meccanica varia-elettrodomestici campana, della metallurgia non ferrosa e chimica di base sarda ( Portovesme, Porto Torres ), della componentistica pugliese, del mobile imbottito murgiano appulo-lucano, del tessilea- abbigliamento- calzaturiero; mentre per i contratti a termine delle piccole imprese scattano i licenziamenti.
Questo è un quadro, benché riferito alla sola industria, che evidenzia la necessità di dare risposte immediate in sostegno ai redditi, oltre che in supporto del sistema produttivo. Ma il sistema attuale degli ammortizzatori sociali si presenta incompleto ed asimmetrico, non in grado di assicurare le tutele universali. Con la crisi, infatti, sono emerse gerarchie di gravità sempre maggiori. Ci sono coloro che hanno perso il posto di lavoro e hanno meccanismi di protezione sociale, a cominciare dalla cassa integrazione. Ci sono i disoccupati da lungo tempo, sopra i cinquant'anni, che vivono non sanno come rientrare nel circuito attivo. A ciò si aggiunge l'emergenza, che impone di non lasciare centinaia di migliaia di persone di colpo a reddito zero.
Per tutte queste ragioni è validissima la proposta che prevede l’assegnazione di un assegno mensile di disoccupazione del 60 per cento dell'ultima retribuzione mensile per tutti coloro che hanno perso o perderanno il posto di lavoro nel periodo compreso tra il 1o settembre 2008 al 31 dicembre 2009, mesi necessari al varo della riforma degli ammortizzatori sociali, tanto più necessaria al sud. Utilizzando ogni risorsa finanziaria disponibile occorre istituire rapidamente un sistema di tutela universale, valido su tutto il territorio nazionale, in grado di supportare che perde il posto di lavoro (di qualsiasi tipo esso sia).
Il recente accordo, governo-Regioni, sugli ammortizzatori sociali è stato finanziato quasi totalmente con fondi delle Regioni meridionali. Degli 8 miliardi complessivi 2,6 miliardi sono a carico del Fondo sociale europeo e ben 4 miliardi sono del Fondo aree sottoutilizzate, per l’85% vincolato alle Regioni meridionali. Questo importante e prezioso accordo copre il “sistema” Cassa integrazione e deroghe, ma ovviamente non “copre” quella parte di mercato del lavoro meridionale che registra i licenziamenti. La neo costituita cabina di regia dei governatori meridionali, che avvierà prossimamente un confronto con il governo, dovrebbe chiedere un supplemento di concertazione per prevedere “un assegno mensile di disoccupazione” per tutto il territorio nazionale. Le Regioni del Mezzogiorno hanno i disoccupati senza ammortizzatori sociali universali, le risorse finanziarie che però sono utilizzate per affrontare la crisi dell’intero Paese e non hanno gli strumenti per erogarle direttamente. E’ proprio un ladrocinio ai danni del Sud .
Le ragioni di questo convincimento risiedono nell’ osservazione esclusiva dell’indicatore congiunturale della cassa integrazione. Infatti i dati della cig ordinaria relativi al febbraio 2009 sono impressionanti: la crescita delle ore autorizzate rispetto all’anno precedente raggiunge il 527% nel nord, il 386% nel centro e il 300% nel sud. Su 65 milioni di ore, ben 50 milioni sono nelle regioni del centro-nord.
Il quadro cambia profondamente se analizziamo invece i dati dell’indagine Istat sulle forze lavoro, relativi al quarto trimestre 2008, sulla cui base il professor Luca Bianchi, direttore dell’istituto, dichiara: “Ciò che emerge dal mercato del lavoro meridionale è realmente drammatico”. Infatti al sud alla fine del 2008 l’occupazione si è ridotta di 126 mila unità rispetto al 2007. Nel medesimo periodo nel centro-nord, pur con forte rallentamento, l’occupazione è aumentata di 150 mila unità.
La sola industria meridionale ha perso nel 2008 circa 65 mila addetti, il settore delle costruzioni altri 30 mila. Questi dati, che non sono riscontrabili nella crescita della cassa integrazione, ci dicono che migliaia di lavoratori con contratto a termine (una delle categorie dei precari) sono irrimediabilmente senza lavoro e senza reddito e privi di copertura del sistema di ammortizzatori sociali.
I dati del 2009 nel settore industriale meridionale non sono ancora ufficiali, ma ugualmente raccontano della terribile situazione sul versante dei licenziamenti nelle piccole imprese dell’indotto e nell’appalto dei grandi insediamenti produttivi che da sempre ricorrono ai contratti a termine. Scatta, infatti, la cassa integrazione ordinaria per i lavoratori dei grandi insediamenti della siderurgia (Taranto), dell’automotive (Pomigliano, Termini Imerese, Termoli, Sulmona, CNH di Lecce etc), della meccanica varia-elettrodomestici campana, della metallurgia non ferrosa e chimica di base sarda ( Portovesme, Porto Torres ), della componentistica pugliese, del mobile imbottito murgiano appulo-lucano, del tessilea- abbigliamento- calzaturiero; mentre per i contratti a termine delle piccole imprese scattano i licenziamenti.
Questo è un quadro, benché riferito alla sola industria, che evidenzia la necessità di dare risposte immediate in sostegno ai redditi, oltre che in supporto del sistema produttivo. Ma il sistema attuale degli ammortizzatori sociali si presenta incompleto ed asimmetrico, non in grado di assicurare le tutele universali. Con la crisi, infatti, sono emerse gerarchie di gravità sempre maggiori. Ci sono coloro che hanno perso il posto di lavoro e hanno meccanismi di protezione sociale, a cominciare dalla cassa integrazione. Ci sono i disoccupati da lungo tempo, sopra i cinquant'anni, che vivono non sanno come rientrare nel circuito attivo. A ciò si aggiunge l'emergenza, che impone di non lasciare centinaia di migliaia di persone di colpo a reddito zero.
Per tutte queste ragioni è validissima la proposta che prevede l’assegnazione di un assegno mensile di disoccupazione del 60 per cento dell'ultima retribuzione mensile per tutti coloro che hanno perso o perderanno il posto di lavoro nel periodo compreso tra il 1o settembre 2008 al 31 dicembre 2009, mesi necessari al varo della riforma degli ammortizzatori sociali, tanto più necessaria al sud. Utilizzando ogni risorsa finanziaria disponibile occorre istituire rapidamente un sistema di tutela universale, valido su tutto il territorio nazionale, in grado di supportare che perde il posto di lavoro (di qualsiasi tipo esso sia).
Il recente accordo, governo-Regioni, sugli ammortizzatori sociali è stato finanziato quasi totalmente con fondi delle Regioni meridionali. Degli 8 miliardi complessivi 2,6 miliardi sono a carico del Fondo sociale europeo e ben 4 miliardi sono del Fondo aree sottoutilizzate, per l’85% vincolato alle Regioni meridionali. Questo importante e prezioso accordo copre il “sistema” Cassa integrazione e deroghe, ma ovviamente non “copre” quella parte di mercato del lavoro meridionale che registra i licenziamenti. La neo costituita cabina di regia dei governatori meridionali, che avvierà prossimamente un confronto con il governo, dovrebbe chiedere un supplemento di concertazione per prevedere “un assegno mensile di disoccupazione” per tutto il territorio nazionale. Le Regioni del Mezzogiorno hanno i disoccupati senza ammortizzatori sociali universali, le risorse finanziarie che però sono utilizzate per affrontare la crisi dell’intero Paese e non hanno gli strumenti per erogarle direttamente. E’ proprio un ladrocinio ai danni del Sud .
Fonte:Il Paese nuovo segnalazione Redazione Due Sicilie
1 commento:
Complimenti per il Tuo blog,nel quale sono capitata per caso cercando notizie sull'Impregilo...IGLI Spa....EFIBANCA PALLADIO...ecc.ecc.
Davvero interessante, ben fatto e finalmente qualcuno che, come me, non ritiene Garibaldi l'eroe dell'Italia ma dei Savoia!! :))
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