lunedì 27 aprile 2009

1853, morte a Torino (40 milioni raspati)


Cavour raspò 14 milioni di lire del tempo, ma c’è chi ha scritto 40 al Piemonte da lui affamato. Oggi la nostra repubblica riempie di danaro pubblico il Piemonte e qualcuno pensa bene a fottersi il malloppo, come volevasi dimostrare.Soria, il signore del potentissimo premio “Granzane Cavour” ha raspato 14 milioni di Euro, molto meno che quelli raspati da Cavour.La storia si ripete.



1853, morte a Torino (40 milioni raspati)

La notte del 18 ottobre del 1853(3) (1) una moltitudine di popolo si affollò sotto la casa del Conte Camillo Benso di Cavour.
Quei cittadini non volevano inneggiare al loro primo ministro, volevano solo dimostrare la loro rabbia nei confronti di uno speculatore. Cosa era successo?

In quell’anno i raccolti di grano erano stati scarsissimi in tutta Italia, persino nel Regno delle Due Sicilie, di solito superproduttore di tale primaria fonte di nutrimento.
Ma, mentre Ferdinando II di Borbone, per calmierare i prezzi ed evitare rivolte e speculazioni, ne faceva acquistare subito grandi quantità all’estero, in Piemonte, governato dal primo ministro massone, le cose andarono diversamente. Il liberalissimo ed osannato ministro piemontese approfittò subito della carestia, fece incetta di grano a fini speculativi, riempì i granai personali anziché far sfamare i poveri.

La folla inferocita, fra grida e vituperi, mandò in frantumi i vetri delle finestre della villa superprotetta del ministro speculatore che diede ordine alla forza pubblica di sparare sulla folla. Molti popolani morirono, altri furono incarcerati. Quella notte Cavour, oltre che speculatore, divenne anche assassino.
Il giornale l’Indipendente ammonì il primo ministro ad aprire i suoi granai per far sfamare i poveri torinesi che lo accusavano di incetta immorale e contro legge.
Il giornale fu denunciato per diffamazione e difeso dall’avvocato liberale Brofferio della Bigongia. Questi confutò davanti alla Corte le accuse dimostrando che il Cavour aveva ammassato grani, in violazione della legge. Dalla difesa fu esibito anche un atto notarile attestante la partecipazione del primo ministro al 90% delle azioni della Società Mulini di Collegno, il cui presidente, fu dimostrato, era il Cavour stesso. La magistratura era a quel tempo completamente asservita al potere politico in Piemonte e nonostante ciò gli imputati furono assolti. Angelo Brofferio così commenta la sentenza su “La Voce” del 24 novembre del 1853:
<<… il conte di Cavour è magazziniere di grano e farina, contro il precetto della moralità e della legge- e che- sotto il governo del conte di Cavour ingrassano illecitamente i monopolisti, i magazzinieri, i borsaiuoli, i telegrafisti, e gli speculatori sulla pubblica sostanza, mentre geme, soffre e piange l’università dei cittadini sotto il peso delle tasse e delle imposte- e che- il sangue innocente sparso dal conte di Cavour nella capitale dello Stato senza aggressione, senza resistenza, per una semplice dimostrazione che potevasi prevenire, fu atto barbaro e criminoso...” L’Indipendente fu assolto ma i morti rimasero sul selciato.
Alla sua morte, ci fa sapere il De Sivo, l’onesto Cavour “…con la sua morale si fece quattordici milioni, raspati in pochi anni; e fu chi stampò quaranta…” (Giacinto De Sivo, Storia delle Due Sicilie, Edizioni Brenner, Vol. II, pag. 420). Sia Cavour che Garibaldi, nella storiografia italiana, si dividono, forse, in egual misura la popolarità d’essere considerati tra i grandi padri della Patria. Così ha decretato l’intelighentia massonica.

(3) Giacinto De Sivo, Storia delle Due Sicilie, Trieste, 1868, rist. Edizioni Brenner, Cosenza, Vol. I, pag 396. (1) Tratto dal libro ” Le stragi e gli eccidi dei Savoia” di Antonio Ciano

Fonte:ReteSud

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Caccia al tesoro nascosto dell’ex patron del Grinzane.
I pm sono convinti che li ha investiti in case
Soria, il signore da 14 milioni di euro
ma il bilancio occulto ne inghiotte otto


di LORENZA PLEUTERI e ETTORE BOFFANO


TORINO - Otto milioni di euro, centesimo più, centesimo meno. Eccolo, “truc ‘e branca” (”suppergiù”, ma non certo per eccesso, come si dice nel dialetto delle Langhe) il tesoro ancora nascosto di Giuliano Soria. Volatilizzato, prosciugato dalla casse del Premio Grinzane Cavour e sottratto ai fondi pubblici erogati dal 2004 (prima i reati sono già prescritti) dalla Regione Piemonte e dal Ministero dei Beni Culturali. Per la prima volta dalla cattura dell’ex patron letterario, “Repubblica” è ora in grado di ricostruire entità e provenienza del “bottino”.

La procura torinese e gli esperti delle Fiamme Gialle hanno già un’idea precisa sulla somma e anche sulla sua destinazione occulta (ma non troppo). Il riserbo sembra preludere al definitivo balzo dell’inchiesta sul “Grinzane” che ha portato in cella, oltre al suo presidente, anche il fratello Angelo Soria, funzionario regionale accusato di peculato. Non è però impossibile rimettere assieme questa “partita doppia”: consultando gli atti ufficiali della Regione e del ministero, il sito del “Grinzane”, le indiscrezioni che trapelano dal lavoro del liquidatore del Premio, Enrico Stasi, le prime contestazioni dei magistrati e le ammissioni di Soria negli interrogatori. Infine, attraverso i documenti sequestrati: persino un falso “Premio alla Comunicazione” mai esistito e assegnato a un giornalista della Rai che non seppe mai di averlo vinto: ma tanto bastò per giustificare l’uscita di 25mila euro finiti nelle tasche dell’ex patron. Così come era sempre Giuliano Soria a falsificare le firme di attrici e attori (è accaduto a Eleonora Giorgi) per inesistenti ingaggi, riproducendo veri contratti risalenti però ad anni precedenti.

Il bilancio finale è rapido. Cominciamo da quanto è costato davvero il “Grinzane”: ogni anno un milione di euro, per cinque milioni complessivi a partire dal 2004. Circa 253mila euro per pagare i premi agli scrittori, 354mila euro per alberghi e ristoranti, altri 356mila per l’organizzazione. Veniamo ora alle ingenti entrate, anch’esse ufficiali: 10.771.491 euro in 5 anni dalla Regione Piemonte per organizzare le attività culturali, 3.427.344 per il restauro del Castello Rorà di Costigliole d’Asti. Dal ministero, invece, sono giunti 2 milioni di euro per acquistare la sede del premio e 3.832.900 euro ancora per il castello. In tutto, 14 milioni di euro per il premio e quasi 8 per il maniero. A questo punto il bilancio del dare e avere clandestino, in cui l’aritmetica illegale soverchia la letteratura, dice che Soria negli ultimi cinque anni dovrebbe aver sottratto ai contribuenti circa altri 8 milioni di euro, tenuto conto dei 5 spesi alla luce del sole, dei circa 4-5 impiegati nel parziale restauro di Costigliole e dei 3-4 già ricostruiti dagli inquirenti e usati per le spese personali dell’ex patron e della sua famiglia (una vita “alla grande”: alberghi e ristoranti di lusso nel mondo, auto con chauffeur, persino elicotteri) e per acquistare l’alloggio di Torino o far restaurare quelli di Ospedaletti e di Parigi.

Ma dove sono finiti tutti quei soldi? Gli investigatori stanno spulciando gli atti notarili, convinti ormai di aver provato il “sistema Soria”: con l’interesse letterario in disarmo e invece il gigantismo in auge al solo fine di accrescere l’enorme “fondo cassa” pubblico da cui attingere. Da buon provinciale che arriva dal mondo contadino, l’ex patron del “Grinzane” ha poi scelto di investire nel “mattone”: gli inquirenti hanno visionato, con un certa sicurezza, una dozzina di rogiti per alloggi e mansarde a Torino, ad Asti e nel Monferrato. L’ultimo segreto del “professore”.

Fonte:Truffeinrete (25 aprile 2009)
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Cavour raspò 14 milioni di lire del tempo, ma c’è chi ha scritto 40 al Piemonte da lui affamato. Oggi la nostra repubblica riempie di danaro pubblico il Piemonte e qualcuno pensa bene a fottersi il malloppo, come volevasi dimostrare.Soria, il signore del potentissimo premio “Granzane Cavour” ha raspato 14 milioni di Euro, molto meno che quelli raspati da Cavour.La storia si ripete.



1853, morte a Torino (40 milioni raspati)

La notte del 18 ottobre del 1853(3) (1) una moltitudine di popolo si affollò sotto la casa del Conte Camillo Benso di Cavour.
Quei cittadini non volevano inneggiare al loro primo ministro, volevano solo dimostrare la loro rabbia nei confronti di uno speculatore. Cosa era successo?

In quell’anno i raccolti di grano erano stati scarsissimi in tutta Italia, persino nel Regno delle Due Sicilie, di solito superproduttore di tale primaria fonte di nutrimento.
Ma, mentre Ferdinando II di Borbone, per calmierare i prezzi ed evitare rivolte e speculazioni, ne faceva acquistare subito grandi quantità all’estero, in Piemonte, governato dal primo ministro massone, le cose andarono diversamente. Il liberalissimo ed osannato ministro piemontese approfittò subito della carestia, fece incetta di grano a fini speculativi, riempì i granai personali anziché far sfamare i poveri.

La folla inferocita, fra grida e vituperi, mandò in frantumi i vetri delle finestre della villa superprotetta del ministro speculatore che diede ordine alla forza pubblica di sparare sulla folla. Molti popolani morirono, altri furono incarcerati. Quella notte Cavour, oltre che speculatore, divenne anche assassino.
Il giornale l’Indipendente ammonì il primo ministro ad aprire i suoi granai per far sfamare i poveri torinesi che lo accusavano di incetta immorale e contro legge.
Il giornale fu denunciato per diffamazione e difeso dall’avvocato liberale Brofferio della Bigongia. Questi confutò davanti alla Corte le accuse dimostrando che il Cavour aveva ammassato grani, in violazione della legge. Dalla difesa fu esibito anche un atto notarile attestante la partecipazione del primo ministro al 90% delle azioni della Società Mulini di Collegno, il cui presidente, fu dimostrato, era il Cavour stesso. La magistratura era a quel tempo completamente asservita al potere politico in Piemonte e nonostante ciò gli imputati furono assolti. Angelo Brofferio così commenta la sentenza su “La Voce” del 24 novembre del 1853:
<<… il conte di Cavour è magazziniere di grano e farina, contro il precetto della moralità e della legge- e che- sotto il governo del conte di Cavour ingrassano illecitamente i monopolisti, i magazzinieri, i borsaiuoli, i telegrafisti, e gli speculatori sulla pubblica sostanza, mentre geme, soffre e piange l’università dei cittadini sotto il peso delle tasse e delle imposte- e che- il sangue innocente sparso dal conte di Cavour nella capitale dello Stato senza aggressione, senza resistenza, per una semplice dimostrazione che potevasi prevenire, fu atto barbaro e criminoso...” L’Indipendente fu assolto ma i morti rimasero sul selciato.
Alla sua morte, ci fa sapere il De Sivo, l’onesto Cavour “…con la sua morale si fece quattordici milioni, raspati in pochi anni; e fu chi stampò quaranta…” (Giacinto De Sivo, Storia delle Due Sicilie, Edizioni Brenner, Vol. II, pag. 420). Sia Cavour che Garibaldi, nella storiografia italiana, si dividono, forse, in egual misura la popolarità d’essere considerati tra i grandi padri della Patria. Così ha decretato l’intelighentia massonica.

(3) Giacinto De Sivo, Storia delle Due Sicilie, Trieste, 1868, rist. Edizioni Brenner, Cosenza, Vol. I, pag 396. (1) Tratto dal libro ” Le stragi e gli eccidi dei Savoia” di Antonio Ciano

Fonte:ReteSud

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Caccia al tesoro nascosto dell’ex patron del Grinzane.
I pm sono convinti che li ha investiti in case
Soria, il signore da 14 milioni di euro
ma il bilancio occulto ne inghiotte otto


di LORENZA PLEUTERI e ETTORE BOFFANO


TORINO - Otto milioni di euro, centesimo più, centesimo meno. Eccolo, “truc ‘e branca” (”suppergiù”, ma non certo per eccesso, come si dice nel dialetto delle Langhe) il tesoro ancora nascosto di Giuliano Soria. Volatilizzato, prosciugato dalla casse del Premio Grinzane Cavour e sottratto ai fondi pubblici erogati dal 2004 (prima i reati sono già prescritti) dalla Regione Piemonte e dal Ministero dei Beni Culturali. Per la prima volta dalla cattura dell’ex patron letterario, “Repubblica” è ora in grado di ricostruire entità e provenienza del “bottino”.

La procura torinese e gli esperti delle Fiamme Gialle hanno già un’idea precisa sulla somma e anche sulla sua destinazione occulta (ma non troppo). Il riserbo sembra preludere al definitivo balzo dell’inchiesta sul “Grinzane” che ha portato in cella, oltre al suo presidente, anche il fratello Angelo Soria, funzionario regionale accusato di peculato. Non è però impossibile rimettere assieme questa “partita doppia”: consultando gli atti ufficiali della Regione e del ministero, il sito del “Grinzane”, le indiscrezioni che trapelano dal lavoro del liquidatore del Premio, Enrico Stasi, le prime contestazioni dei magistrati e le ammissioni di Soria negli interrogatori. Infine, attraverso i documenti sequestrati: persino un falso “Premio alla Comunicazione” mai esistito e assegnato a un giornalista della Rai che non seppe mai di averlo vinto: ma tanto bastò per giustificare l’uscita di 25mila euro finiti nelle tasche dell’ex patron. Così come era sempre Giuliano Soria a falsificare le firme di attrici e attori (è accaduto a Eleonora Giorgi) per inesistenti ingaggi, riproducendo veri contratti risalenti però ad anni precedenti.

Il bilancio finale è rapido. Cominciamo da quanto è costato davvero il “Grinzane”: ogni anno un milione di euro, per cinque milioni complessivi a partire dal 2004. Circa 253mila euro per pagare i premi agli scrittori, 354mila euro per alberghi e ristoranti, altri 356mila per l’organizzazione. Veniamo ora alle ingenti entrate, anch’esse ufficiali: 10.771.491 euro in 5 anni dalla Regione Piemonte per organizzare le attività culturali, 3.427.344 per il restauro del Castello Rorà di Costigliole d’Asti. Dal ministero, invece, sono giunti 2 milioni di euro per acquistare la sede del premio e 3.832.900 euro ancora per il castello. In tutto, 14 milioni di euro per il premio e quasi 8 per il maniero. A questo punto il bilancio del dare e avere clandestino, in cui l’aritmetica illegale soverchia la letteratura, dice che Soria negli ultimi cinque anni dovrebbe aver sottratto ai contribuenti circa altri 8 milioni di euro, tenuto conto dei 5 spesi alla luce del sole, dei circa 4-5 impiegati nel parziale restauro di Costigliole e dei 3-4 già ricostruiti dagli inquirenti e usati per le spese personali dell’ex patron e della sua famiglia (una vita “alla grande”: alberghi e ristoranti di lusso nel mondo, auto con chauffeur, persino elicotteri) e per acquistare l’alloggio di Torino o far restaurare quelli di Ospedaletti e di Parigi.

Ma dove sono finiti tutti quei soldi? Gli investigatori stanno spulciando gli atti notarili, convinti ormai di aver provato il “sistema Soria”: con l’interesse letterario in disarmo e invece il gigantismo in auge al solo fine di accrescere l’enorme “fondo cassa” pubblico da cui attingere. Da buon provinciale che arriva dal mondo contadino, l’ex patron del “Grinzane” ha poi scelto di investire nel “mattone”: gli inquirenti hanno visionato, con un certa sicurezza, una dozzina di rogiti per alloggi e mansarde a Torino, ad Asti e nel Monferrato. L’ultimo segreto del “professore”.

Fonte:Truffeinrete (25 aprile 2009)

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