giovedì 26 marzo 2009
Saviano: la lotta alla camorra
Lo scrittore ieri sera da Fazio
R. C.
Voglio essere un’operazione mediatica, voglio che se ne parli in prima serata».
E così Roberto Saviano, l’autore del bestseller Gomorra che ha denunciato il sistema della camorra, si è presentato ieri sera agli spettatori dello speciale di Che tempo che fa, su Raitre, condotto da Fabio Fazio. Ospiti della trasmissione anche altri due scrittori, l’americano Paul Auster e l’israeliano David Grossman.
«Il mio sogno - ha detto Saviano - è che la lotta alla criminalità organizzata diventi una moda». «Non è la mia battaglia - ha insistito lo scrittore -, ma la battaglia di molti e va anche bene se per una volta succede il miracolo che grandi interessi economici si fondano con l’interesse del Paese, che grandi editori di libri, televisivi, si uniscano per combattere la camorra».
Nel lungo intervento di Saviano sono ritornate le accuse che da anni lo scrittore va ripetendo, le realtà che da quando il suo libro è uscito il suo libro non si stanca di denunciare: il mondo orrendo della camorra, la lingua della complicità «ambientale» tra la camorra e l’informazione locale (foto in prima pagina di morti ammazzati, ma «giustiziati» spesso li definiscono i titoli dei giornali campani, quasi un riconoscimento del potere malavitoso di dettare legge e punire), la trascuratezza della cronaca nazionale, la timidezza dei politici nell’inserire la lotta alla camorra fra i punti forti delle campagne elettorali.
«Nessuno l’ha impugnata come una priorità nelle ultime elezioni», ha rilevato Saviano con un dolore anche più forte dell’indignazione. «La cosa più grave che può fare la politica - ha sottolineato Saviano - è il silenzio. La cosa più grave che possono fare gli elettori è scegliere il silenzio». E a proposito di politica e di elettori, ha dato anche un’indicazione di voto in vista dell’appuntamento del 6 e 7 giugno. A modo suo.
Al momento del voto, ha sostenuto, non bisogna fare una scelta fra destra e sinistra:
«Agli elettori mi va di dire di non cambiare idea, ma di scegliere secondo la tradizione legalitaria della propria parte».
Se una cosa è apparsa evidente nella trasmissione è una specie di disperato ottimismo della volontà che induce Saviano a ripetere con accanimento, con pervicacia ossessiva la sua fiducia nel valore della parola, della denuncia, nella necessità di non stare zitti, di svergognare tutti quei complici, di svegliare tutti quegli indifferenti che continuano a lasciare marcire il problema, a relegarlo in quella zona di «emergenza continua» che assomiglia pericolosamente all’emarginazione, alla rassegnazione, al tirare a campare.
Anche se il suo impegno in questa battaglia può suscitare ostilità, non soltanto presso quegli ambienti camorristici che hanno tutto l’interesse a screditarlo.
Lo hanno accusato di avere speculato sul dramma della Campania per arricchirsi con il suo libro. È una «accusa ingiusta», ha detto, che gli provoca un vero e proprio «fastidio»: «Sono i lettori - ha sottolineato - che mi danno la possibilità di vivere e pagare gli avvocati». E quanto alle accuse di plagio, ha citato l’intervista che fece con Enzo Biagi: «Lui mi disse: “Sei arrivato davvero quando fanno un falso del tuo libro e ti accusano di plagio”. E io ce li ho tutti e due».
Fonte: La Stampa
Lo scrittore ieri sera da Fazio
R. C.
Voglio essere un’operazione mediatica, voglio che se ne parli in prima serata».
E così Roberto Saviano, l’autore del bestseller Gomorra che ha denunciato il sistema della camorra, si è presentato ieri sera agli spettatori dello speciale di Che tempo che fa, su Raitre, condotto da Fabio Fazio. Ospiti della trasmissione anche altri due scrittori, l’americano Paul Auster e l’israeliano David Grossman.
«Il mio sogno - ha detto Saviano - è che la lotta alla criminalità organizzata diventi una moda». «Non è la mia battaglia - ha insistito lo scrittore -, ma la battaglia di molti e va anche bene se per una volta succede il miracolo che grandi interessi economici si fondano con l’interesse del Paese, che grandi editori di libri, televisivi, si uniscano per combattere la camorra».
Nel lungo intervento di Saviano sono ritornate le accuse che da anni lo scrittore va ripetendo, le realtà che da quando il suo libro è uscito il suo libro non si stanca di denunciare: il mondo orrendo della camorra, la lingua della complicità «ambientale» tra la camorra e l’informazione locale (foto in prima pagina di morti ammazzati, ma «giustiziati» spesso li definiscono i titoli dei giornali campani, quasi un riconoscimento del potere malavitoso di dettare legge e punire), la trascuratezza della cronaca nazionale, la timidezza dei politici nell’inserire la lotta alla camorra fra i punti forti delle campagne elettorali.
«Nessuno l’ha impugnata come una priorità nelle ultime elezioni», ha rilevato Saviano con un dolore anche più forte dell’indignazione. «La cosa più grave che può fare la politica - ha sottolineato Saviano - è il silenzio. La cosa più grave che possono fare gli elettori è scegliere il silenzio». E a proposito di politica e di elettori, ha dato anche un’indicazione di voto in vista dell’appuntamento del 6 e 7 giugno. A modo suo.
Al momento del voto, ha sostenuto, non bisogna fare una scelta fra destra e sinistra:
«Agli elettori mi va di dire di non cambiare idea, ma di scegliere secondo la tradizione legalitaria della propria parte».
Se una cosa è apparsa evidente nella trasmissione è una specie di disperato ottimismo della volontà che induce Saviano a ripetere con accanimento, con pervicacia ossessiva la sua fiducia nel valore della parola, della denuncia, nella necessità di non stare zitti, di svergognare tutti quei complici, di svegliare tutti quegli indifferenti che continuano a lasciare marcire il problema, a relegarlo in quella zona di «emergenza continua» che assomiglia pericolosamente all’emarginazione, alla rassegnazione, al tirare a campare.
Anche se il suo impegno in questa battaglia può suscitare ostilità, non soltanto presso quegli ambienti camorristici che hanno tutto l’interesse a screditarlo.
Lo hanno accusato di avere speculato sul dramma della Campania per arricchirsi con il suo libro. È una «accusa ingiusta», ha detto, che gli provoca un vero e proprio «fastidio»: «Sono i lettori - ha sottolineato - che mi danno la possibilità di vivere e pagare gli avvocati». E quanto alle accuse di plagio, ha citato l’intervista che fece con Enzo Biagi: «Lui mi disse: “Sei arrivato davvero quando fanno un falso del tuo libro e ti accusano di plagio”. E io ce li ho tutti e due».
Fonte: La Stampa
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