Dopo le varie cerimonie di commemorazione
il 4 luglio ricorreva il bicentenario della nascita
e fra gli sperticati elogi provenienti dal mondo politico, culturale e dalle più alte cariche dello Stato, è bene ricordare chi sia stato
veramente Giuseppe Garibaldi, il tanto acclamato “padre della patria”
GIUSEPPE GARIBALDI Padre della patria
Giuseppe Garibaldi ci è stato presentato come l’eroe dagli occhi
azzurri, biondo, alto, coraggioso, romantico, idealista; colui il quale
metteva a repentaglio la propria vita per la libertà altrui.
il 4 luglio ricorreva il bicentenario della nascita
e fra gli sperticati elogi provenienti dal mondo politico, culturale e dalle più alte cariche dello Stato, è bene ricordare chi sia stato
veramente Giuseppe Garibaldi, il tanto acclamato “padre della patria”
GIUSEPPE GARIBALDI Padre della patria
Giuseppe Garibaldi ci è stato presentato come l’eroe dagli occhi
azzurri, biondo, alto, coraggioso, romantico, idealista; colui il quale
metteva a repentaglio la propria vita per la libertà altrui.
Non esiste città d’Italia che non gli abbia dedicato una piazza o una strada.
Garibaldi non era alto, era biondiccio e pieno di reumatismi, camminava
quasi curvo e dovevano alzarlo in due sul suo cavallo.
Garibaldi non era alto, era biondiccio e pieno di reumatismi, camminava
quasi curvo e dovevano alzarlo in due sul suo cavallo.
Portava i capelli lunghi, si dice nel sud, perché violentando una ragazza questa
gli staccò un orecchio. Questo signore non era un eroe; oggi lo si
chiamerebbe delinquente, terrorista, mercenario. Era alto 1,65, aveva
le gambe arcuate e curava molto la sua persona.
Fra il 1825 ed il 1832 fu quasi sempre imbarcato intraprendendo viaggi
nel Mediterraneo. Nel 1833, durante un viaggio a Taganrog ebbe modo di
conoscere dei rivoluzionari che lo affascinarono all’idea della
fratellanza umana ed universale e all’abolizione delle classi, idee che
si rifacevano al Saint Simon. Cominciò, pertanto, a pensare all’idea
dell’unificazione italiana da realizzare con l’abbattimento di tutte le
monarchie allora dominanti e la fondazione di una repubblica.
Accrebbe codesta convinzione quando incontrò Giuseppe Mazzini nei
sobborghi di Marsiglia e, affascinato dalle idee del genovese, si
iscrisse alla setta segreta “Giovine Italia”. Nel dicembre del 1833 si
arruolò nella marina piemontese per sobillare e per praticare la
propaganda della setta tra i marinai savoiardi. Nel 1834 tentò un’
insurrezione a Genova contro il Piemonte; scoperto riuscì a fuggire in
Francia. Processato in contumacia a Genova, fu condannato a morte per
alto tradimento dal governo piemontese. Nel 1835 fuggì in Brasile,
considerato una specie d’Eldorado dagli emigranti piemontesi che in
patria non trovavano lavoro, ed erano tantissimi; da lì e dalle altre
province del nord, ogni anno un milione di emigranti raggiungevano le
terre Sudamericane.
Fra i 28 e 40 anni Garibaldi visse come un corsaro ed imitò i grandi
pirati del passato assaltando navi, saccheggiando e, come dice Denis
Mack Smith a pag. 14 (1) “…si abituò a vedere nei grandi proprietari
delle pampas un tipo ideale di persona delle pampas”.
gli staccò un orecchio. Questo signore non era un eroe; oggi lo si
chiamerebbe delinquente, terrorista, mercenario. Era alto 1,65, aveva
le gambe arcuate e curava molto la sua persona.
Fra il 1825 ed il 1832 fu quasi sempre imbarcato intraprendendo viaggi
nel Mediterraneo. Nel 1833, durante un viaggio a Taganrog ebbe modo di
conoscere dei rivoluzionari che lo affascinarono all’idea della
fratellanza umana ed universale e all’abolizione delle classi, idee che
si rifacevano al Saint Simon. Cominciò, pertanto, a pensare all’idea
dell’unificazione italiana da realizzare con l’abbattimento di tutte le
monarchie allora dominanti e la fondazione di una repubblica.
Accrebbe codesta convinzione quando incontrò Giuseppe Mazzini nei
sobborghi di Marsiglia e, affascinato dalle idee del genovese, si
iscrisse alla setta segreta “Giovine Italia”. Nel dicembre del 1833 si
arruolò nella marina piemontese per sobillare e per praticare la
propaganda della setta tra i marinai savoiardi. Nel 1834 tentò un’
insurrezione a Genova contro il Piemonte; scoperto riuscì a fuggire in
Francia. Processato in contumacia a Genova, fu condannato a morte per
alto tradimento dal governo piemontese. Nel 1835 fuggì in Brasile,
considerato una specie d’Eldorado dagli emigranti piemontesi che in
patria non trovavano lavoro, ed erano tantissimi; da lì e dalle altre
province del nord, ogni anno un milione di emigranti raggiungevano le
terre Sudamericane.
Fra i 28 e 40 anni Garibaldi visse come un corsaro ed imitò i grandi
pirati del passato assaltando navi, saccheggiando e, come dice Denis
Mack Smith a pag. 14 (1) “…si abituò a vedere nei grandi proprietari
delle pampas un tipo ideale di persona delle pampas”.
Al diavolo la lotta di classe! il danaro era più importante - diciamo noi.
A Rio de Janeiro si iscrisse alla sezione locale della Giovine Italia.
Nel 1836 chiese a Mazzini se poteva cominciare la lotta di liberazione
affondando navi piemontesi ed austriache che stazionavano a Rio.
Il rappresentante piemontese nella capitale brasiliana rapportò al
governo sabaudo che nelle case di quei rivoluzionari sventolava la
bandiera tricolore, simbolo di rivoluzione e sovversivismo. Nel maggio
del 1837, con i soldi della carboneria, Garibaldi mise in mare una
barca di 20 tonnellate per predare navi brasiliane; non a caso fu
battezzata Mazzini.
Quest’uomo, condannato a morte per alto tradimento e poi pirata e
corsaro nel fiume Rio Grande, è il nostro eroe nazionale; anzi, non lo
è più! Ora è eroe della nazione Nord. In Uruguay si batteva per
assicurare il monopolio commerciale all’Impero Britannico contrastando
l’egemonia cattolico-ispanica. Nel 1844, a Montevideo iniziò la sua
vera carriera di massone dopo l’iniziazione avuta con l’iscrizione alla
Giovine Italia del Mazzini. In Italia i pennivendoli di regime
continuano ad osannare le imprese banditesche del pirata nizzardo
offendendo la storia e la dignità delle nazioni Sudamericane.
L’indignazione della gente è racchiusa in un articolo di un giornale,
il Pais che vende 300.000 copie giornaliere e che così si è espresso
il 27-7-1995 a pag. 6: “… Garibaldi. Il presidente d’Italia è stato
nostro illustre visitante…… Disgraziatamente, in un momento della
sua visita, il presidente italiano si è riferito alla presenza di
Garibaldi nel Rio della Plata, in un momento molto speciale della
storia delle nazioni di questa parte del mondo. E, senza animo di
riaprire vecchie polemiche e aspre discussioni, diciamo al dott.
Scalfaro che il suo compatriota (ndr, Giuseppe Garibaldi) non ha
lottato per la libertà di queste nazioni come (Scalfaro) afferma.
Piuttosto il contrario”. La carriera massonica di Garibaldi culminò
col 33°gr. ricevuto a Torino nel 1862, la suprema carica di Gran
Hierofante del Rito Egiziano del Menphis-Misraim nel 1881.
Il Grande Oriente di Palermo gli conferì tutti i gradi dal 4° al 33° e
a condurre il rito fu mandato Francesco Crispi accompagnato da altri
cinque fra massoni. Il mito di Garibaldi finisce quando si apprende che
la spedizione dei Mille fu finanziata dalla massoneria inglese con una
somma spaventosa di piastre turche equivalenti a milioni di dollari in
moneta attuale (2). Con tale montagna di denaro poté corrompere
generali, alti funzionari e ministri borbonici, tra i quali non pochi
erano massoni. Come poteva vincere Francesco II, se il suo primo
ministro, Don Liborio Romano era massone d’alto grado? (3).
Appena arrivato a Palermo, Garibaldi saccheggiò il Banco di Sicilia di
ben cinque milioni di ducati come fece saccheggiare tutte le chiese e
tutto ciò che trovava sulla sua strada. In una lettera Vittorio
Emanuele II ebbe a lamentarsi con Cavour circa le ruberie del pirata
nizzardo (4): “Come avrete visto, ho liquidato rapidamente la
sgradevolissima faccenda Garibaldi, sebbene - siatene certo - questo
personaggio non è affatto così docile né così onesto come lo si dipinge,
affondando navi piemontesi ed austriache che stazionavano a Rio.
Il rappresentante piemontese nella capitale brasiliana rapportò al
governo sabaudo che nelle case di quei rivoluzionari sventolava la
bandiera tricolore, simbolo di rivoluzione e sovversivismo. Nel maggio
del 1837, con i soldi della carboneria, Garibaldi mise in mare una
barca di 20 tonnellate per predare navi brasiliane; non a caso fu
battezzata Mazzini.
Quest’uomo, condannato a morte per alto tradimento e poi pirata e
corsaro nel fiume Rio Grande, è il nostro eroe nazionale; anzi, non lo
è più! Ora è eroe della nazione Nord. In Uruguay si batteva per
assicurare il monopolio commerciale all’Impero Britannico contrastando
l’egemonia cattolico-ispanica. Nel 1844, a Montevideo iniziò la sua
vera carriera di massone dopo l’iniziazione avuta con l’iscrizione alla
Giovine Italia del Mazzini. In Italia i pennivendoli di regime
continuano ad osannare le imprese banditesche del pirata nizzardo
offendendo la storia e la dignità delle nazioni Sudamericane.
L’indignazione della gente è racchiusa in un articolo di un giornale,
il Pais che vende 300.000 copie giornaliere e che così si è espresso
il 27-7-1995 a pag. 6: “… Garibaldi. Il presidente d’Italia è stato
nostro illustre visitante…… Disgraziatamente, in un momento della
sua visita, il presidente italiano si è riferito alla presenza di
Garibaldi nel Rio della Plata, in un momento molto speciale della
storia delle nazioni di questa parte del mondo. E, senza animo di
riaprire vecchie polemiche e aspre discussioni, diciamo al dott.
Scalfaro che il suo compatriota (ndr, Giuseppe Garibaldi) non ha
lottato per la libertà di queste nazioni come (Scalfaro) afferma.
Piuttosto il contrario”. La carriera massonica di Garibaldi culminò
col 33°gr. ricevuto a Torino nel 1862, la suprema carica di Gran
Hierofante del Rito Egiziano del Menphis-Misraim nel 1881.
Il Grande Oriente di Palermo gli conferì tutti i gradi dal 4° al 33° e
a condurre il rito fu mandato Francesco Crispi accompagnato da altri
cinque fra massoni. Il mito di Garibaldi finisce quando si apprende che
la spedizione dei Mille fu finanziata dalla massoneria inglese con una
somma spaventosa di piastre turche equivalenti a milioni di dollari in
moneta attuale (2). Con tale montagna di denaro poté corrompere
generali, alti funzionari e ministri borbonici, tra i quali non pochi
erano massoni. Come poteva vincere Francesco II, se il suo primo
ministro, Don Liborio Romano era massone d’alto grado? (3).
Appena arrivato a Palermo, Garibaldi saccheggiò il Banco di Sicilia di
ben cinque milioni di ducati come fece saccheggiare tutte le chiese e
tutto ciò che trovava sulla sua strada. In una lettera Vittorio
Emanuele II ebbe a lamentarsi con Cavour circa le ruberie del pirata
nizzardo (4): “Come avrete visto, ho liquidato rapidamente la
sgradevolissima faccenda Garibaldi, sebbene - siatene certo - questo
personaggio non è affatto così docile né così onesto come lo si dipinge,
e come voi stesso ritenete. Il suo talento militare è molto modesto,
come prova l’affare di Capua, e il male immenso che è stato commesso
qui, ad esempio l’infame furto di tutto il denaro dell’erario, è da
attribuirsi interamente a lui, che s’è circondato di canaglie, ne ha
seguito i cattivi consigli e ha piombato questo infelice paese in una
situazione spaventosa”.
Ma erano mille i garibaldini? Certamente. Ma ogni giorno sbarcavano
sulla costa siciliana migliaia di soldati piemontesi congedati dall’
esercito sabaudo per l’occasione dall’altro massone Cavour ed arruolati
in quello del generale nizzardo. Una spedizione ben congegnata,
raffinata, scientifica, appoggiata dalla flotta inglese ed assistita
da valenti esperti internazionali. La massoneria siciliana, da anni,
stava preparando la sollevazione e mise a disposizione di Garibaldi
tutto l’apparato mafioso della Trinacria. A Bronte (5) fece fucilare
per mano di Nino Bixio i contadini che avevano osato “usurpare” le
terre concesse agli inglesi dai Borbone.
Ecco chi era il vero Garibaldi! Amico e servo dei figli d’Albione,
assassino e criminale di guerra per aver fatto fucilare cittadini
italiani a Bronte. Il socialismo, l’uguaglianza, la libertà potevano
anche andare a farsi benedire di fronte allo sporco danaro e al suo
servilismo massonico. Suo fine non era dare libertà alle genti del Sud
ma togliere loro anche la vita. Scopo della sua missione fu quello di
distruggere la chiesa cattolica e sostituirla con quella massonica
guidata da Londra.
Garibaldi, questo avventuriero, definiva Pio IX “…un metro cubo di
letame” (6) in quanto lo riteneva - acerrimo nemico dell’Italia e dell’
unità”(7). Considerava il papa “…la più nociva di tutte le creature,
perché egli, più di nessun altro, è un ostacolo al progresso umano,
alla fratellanza degli uomini e dei popoli”(8), inoltre affermò che:
“…Se sorgesse una società del demonio, che combattesse dispotismo e
preti, mi arruolerei nelle sue file” (9). Era chiaro l’obiettivo della
massoneria: colpire il potere della chiesa e con esso scardinare le
monarchie cattoliche per asservirle ad uno stato laico per potere
finalmente mettere le mani sui nuovi mercati, sulle loro immense
ricchezze umane, sulle loro ricche industrie, sui loro demani pubblici,
sui beni ecclesiastici, sulle riserve auree del Regno delle Due Sicilie
, sulle banche.
Con la breccia di Porta Pia finì il potere temporale dei papi con
grande esultanza dei fra massoni. Roma divenne così capitale d’Italia
e della massoneria, come aveva stabilito Albert Pike, designando come
suo successore Adriano Lemmi, massimo esponente del Rito Palladio.
(1) DENIS MACK SMITH: Garibaldi, una grande vita in breve,
Arnoldo Mondadori Editore, Milano, 1993.
(2) Intervento di Giulio di Vita, pp. 379-80-81 atti di convegno
“La liberazione d’italia nell’opera della massoneria” svoltasi a Torino
il 24-25 settembre 1988, Edizioni Bastogi, Foggia, 1990. .
(3) Bollettino del Grande Oriente del 1867, II, pag. 190.
(4) DENIS MACK SMITH - Garibaldi, una grande vita in breve,
Arnoldo Mondadori Editore, Milano, 1993, pag. 285.
(5) L’eccidio di Bronte così come è raccontato dal garibaldino Cesare
Abba nel libro
(6) G. GARIBALDI - Scritti politici e militari, Ricordi e pensieri
inediti, Voghera, Roma, 1907, a cura di Domenico Ciampoli, pp. 523-525.
(7) G. GARIBALDI - Scritti e discorsi politici e militari, Ed. Cappelli
1935, vol. II, pag. 397. (8) Ivi, Vol. III, Ed. Cappelli, Bologna, 1937
, pag. 334.
(9) opera citata, pag. 664.
“I SAVOIA e il massacro del Sud” di Antonio Ciano,
Grandmelò, Roma, 1996.
Fonte:ReteSud
come prova l’affare di Capua, e il male immenso che è stato commesso
qui, ad esempio l’infame furto di tutto il denaro dell’erario, è da
attribuirsi interamente a lui, che s’è circondato di canaglie, ne ha
seguito i cattivi consigli e ha piombato questo infelice paese in una
situazione spaventosa”.
Ma erano mille i garibaldini? Certamente. Ma ogni giorno sbarcavano
sulla costa siciliana migliaia di soldati piemontesi congedati dall’
esercito sabaudo per l’occasione dall’altro massone Cavour ed arruolati
in quello del generale nizzardo. Una spedizione ben congegnata,
raffinata, scientifica, appoggiata dalla flotta inglese ed assistita
da valenti esperti internazionali. La massoneria siciliana, da anni,
stava preparando la sollevazione e mise a disposizione di Garibaldi
tutto l’apparato mafioso della Trinacria. A Bronte (5) fece fucilare
per mano di Nino Bixio i contadini che avevano osato “usurpare” le
terre concesse agli inglesi dai Borbone.
Ecco chi era il vero Garibaldi! Amico e servo dei figli d’Albione,
assassino e criminale di guerra per aver fatto fucilare cittadini
italiani a Bronte. Il socialismo, l’uguaglianza, la libertà potevano
anche andare a farsi benedire di fronte allo sporco danaro e al suo
servilismo massonico. Suo fine non era dare libertà alle genti del Sud
ma togliere loro anche la vita. Scopo della sua missione fu quello di
distruggere la chiesa cattolica e sostituirla con quella massonica
guidata da Londra.
Garibaldi, questo avventuriero, definiva Pio IX “…un metro cubo di
letame” (6) in quanto lo riteneva - acerrimo nemico dell’Italia e dell’
unità”(7). Considerava il papa “…la più nociva di tutte le creature,
perché egli, più di nessun altro, è un ostacolo al progresso umano,
alla fratellanza degli uomini e dei popoli”(8), inoltre affermò che:
“…Se sorgesse una società del demonio, che combattesse dispotismo e
preti, mi arruolerei nelle sue file” (9). Era chiaro l’obiettivo della
massoneria: colpire il potere della chiesa e con esso scardinare le
monarchie cattoliche per asservirle ad uno stato laico per potere
finalmente mettere le mani sui nuovi mercati, sulle loro immense
ricchezze umane, sulle loro ricche industrie, sui loro demani pubblici,
sui beni ecclesiastici, sulle riserve auree del Regno delle Due Sicilie
, sulle banche.
Con la breccia di Porta Pia finì il potere temporale dei papi con
grande esultanza dei fra massoni. Roma divenne così capitale d’Italia
e della massoneria, come aveva stabilito Albert Pike, designando come
suo successore Adriano Lemmi, massimo esponente del Rito Palladio.
(1) DENIS MACK SMITH: Garibaldi, una grande vita in breve,
Arnoldo Mondadori Editore, Milano, 1993.
(2) Intervento di Giulio di Vita, pp. 379-80-81 atti di convegno
“La liberazione d’italia nell’opera della massoneria” svoltasi a Torino
il 24-25 settembre 1988, Edizioni Bastogi, Foggia, 1990. .
(3) Bollettino del Grande Oriente del 1867, II, pag. 190.
(4) DENIS MACK SMITH - Garibaldi, una grande vita in breve,
Arnoldo Mondadori Editore, Milano, 1993, pag. 285.
(5) L’eccidio di Bronte così come è raccontato dal garibaldino Cesare
Abba nel libro
(6) G. GARIBALDI - Scritti politici e militari, Ricordi e pensieri
inediti, Voghera, Roma, 1907, a cura di Domenico Ciampoli, pp. 523-525.
(7) G. GARIBALDI - Scritti e discorsi politici e militari, Ed. Cappelli
1935, vol. II, pag. 397. (8) Ivi, Vol. III, Ed. Cappelli, Bologna, 1937
, pag. 334.
(9) opera citata, pag. 664.
“I SAVOIA e il massacro del Sud” di Antonio Ciano,
Grandmelò, Roma, 1996.
Fonte:ReteSud
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