
Di Paola Calì
E’ di questi giorni la notizia di un partenariato italo-francese, un accordo di cooperazione definito dall’ Eliseo come accordo “politico”, sulla questione dell’energia nucleare, accompagnato da due memorandum of understanding tra le due compagnie energetiche Enel ed Edf.
L'intesa dovrebbe aprire la strada alla costruzione, in Italia, di almeno quattro centrali nucleari di terza generazione Epr (European pressurised reactors) entro dieci anni, con la previsione, a dir poco ottimistica, di ricavare dal nucleare circa il 25% del fabbisogno energetico italiano.
Motivi addotti: la costante crisi energetica, l’insufficienza ed il progressivo esaurimento delle risorse energetiche “tradizionali” non rinnovabili, i combustibili fossili (ma ricordiamo che anche l’uranio è una fonte non rinnovabile ed in via di esaurimento), e la conseguente dipendenza del nostro e di molti altri paesi mondiali dai paesi fornitori.
Un passo indietro di 22 anni per l’Italia.
Con un referendum abrogativo, nel 1987, gli italiani si erano già espressi in materia. Venne detto ‘No al nucleare’, avendo ritenuto troppo alto il rischio di incidenti e considerando l’irrisolto problema dello smaltimento delle scorie radioattive. Quella posizione democraticamente espressa è ritenuta, oggi, dal Presidente del Consiglio becero “ecologismo ideologico di una parte politica, sull’onda emotiva post Chernobyl”. Ma si sa: il Presidente del Consiglio ha un’idea molto personale della Democrazia nel nostro Paese, se firma un trattato di cooperazione su un tema così delicato bypassando non solo la volontà popolare, ma anche il ruolo del Parlamento che sta ancora discutendo in Senato il disegno di legge dell'Esecutivo che darebbe il via libera all'operazione.
Senza voler quindi addurre risposte meramente ecologiche (o ideologiche, direbbe LUI), all’eccezione sulla messa in sicurezza delle “nuove centrali” e sull’utilità del provvedimento, proveremo a rispondere senza tecnicismi.
E' ovvio che la Francia, che possiede numerose centrali (molto antiche) ed è il principale produttore europeo di energia nucleare, ha tutto l'interesse a rimanere protagonista di questo settore, anche attraverso partenariati di questo tipo.
Riproporre oggi, invece, l’idea del nucleare in Italia, praticamente ex novo, come soluzione ai bisogni di energia del Paese e ai problemi ad essa collegati, è un atto di pura propaganda.
Il nucleare è, infatti, costosissimo sia dal punto di vista economico che sociale e, checché se ne dica, continua ad essere pericoloso sia sotto il profilo della radioattività che della proliferazione.
Non serve per contrastare la recessione, visto che gli enormi investimenti necessari a costruire nuove centrali diventerebbero produttivi non prima di 5 o dieci anni.
Le prime centrali di terza generazione entrerebbero in funzione, ottimisticamente, nel 2020 (qualche decennio prima, quindi, dell’esaurimento dell’uranio sul nostro pianeta, come paventato dalla comunità scientifica internazionale); gli esorbitanti costi in fase di realizzazione e di produzione, sarebbero, quindi, a stento ammortizzati, senza reale convenienza per il Paese.
Non serve a ridurre i consumi di combustibili fossili, dato che, soprattutto il petrolio è oggi usato di gran lunga più per usi civili e nei trasporti, che per la produzione di energia.
Non serve nemmeno per combattere il surriscaldamento del globo, obiettivo principale di tutti i Paesi che hanno sottoscritto il protocollo di Kyoto; per questo scopo, bisognerebbe infatti puntare su soluzioni applicabili velocemente e con costi meno esosi per il Paese: fonti pulite e rinnovabili (a cominciare dal solare), efficienza energetica, etc.
In questo solco propagandistico, si inserisce la politica energetica del Governo Berlusconi, sin da subito in progressivo arretramento anche rispetto ai provvedimenti, non esaustivi di certo, del Governo Prodi. Una politica che, immobilizzando per una decina di anni almeno i milioni di euro che certamente verranno sottratti all’efficienza energetica ed alle fonti rinnovabili, indebolisce, di fatto, l’impegno italiano sulla ricerca di strategie energetiche davvero alternative alle fonti fossili e punta tutto sugli inceneritori – produttori di diossina (eufemisticamente chiamati termovalorizzatori) e oggi, persino sull’inutile, costoso, limitato nel tempo e rischioso Nucleare.
Senza voler creare allarmismi, anche dal punto di vista della sicurezza, le centrali Epr di terza generazione, hanno sì un’incidenza probabilistica minore di disastri e fuoriuscite, perché dotate di maggiori misure di sicurezza e in grado di produrre meno scorie, ma, come si evince da uno studio approfondito del quotidiano britannico Independent, che cita alcuni documenti di natura industriale che provengono anche dalla azienda francese Edf, la stessa che ha appena sottoscritto un accordo con Enel, “nel caso avvenga una fuoriuscita di radiazioni, questa sarebbe più consistente e pericolosa che non in passato.”
Tutto ciò accade a pochi mesi dal G8 ambiente che sarà ospitato dall’Italia, dalla Sicilia, da Siracusa. Un summit fortemente voluto dalla Ministra Prestigiacomo, imprenditrice siracusana, che alla presentazione del vertice internazionale ha dichiarato: “Fra pochi mesi la Sicilia avrà l’occasione e l’opportunità di essere il centro del dibattito mondiale sui temi dello sviluppo sostenibile. Le nuove tecnologie per le fonti alternative e per il risparmio energetico saranno infatti uno dei temi che si discuteranno nel G8 ambiente che si svolgerà a Siracusa a fine aprile e che vedrà riuniti i ministri dell’ambiente degli 8 paesi più industrializzati ma anche quelli di Paesi come India, Cina, Brasile, Messico, Sud Africa, Australia, Indonesia, Corea del Sud che saranno co-protagonisti dello sviluppo di domani”.
Peccato che la Ministra Prestigiacomo parla di una "scelta forte del governo per le energie rinnovabili" e poi, tra nucleare e incentivi agli inceneritori, le mette all’angolo.
Fonte:Lavoro e Salute