venerdì 30 gennaio 2009

SEMPRE PIU’ FAMIGLIE ITALIANE A PICCOLI PASSI VERSO LA POVERTA’


Di Raffaele Bruno


Bisogna sempre porre molta attenzione ai cosiddetti “piccoli fatti” di tipo economico, di quelli che si fanno avanti un giorno si e l’altro … pure, nelle cronache correnti.

Perché sono spesso, come dicono gli specialisti delle vicende economiche, campanelli d’allarme relativi a fenomeni in atto di grossa entità; sono “sintomi” del male che cova nel profondo.

E un male c’è nel profondo del tessuto sociale italiano di oggi; ed esso si può individuare nella “marcia verso la povertà”; o meglio, e più esattamente, verso un impoverimento generalizzato che colpisce anzitutto il ceto medio e vede in prima fila le famiglie mono reddito.

Così, mentre i partiti – di governo e di opposizione – passano la maggioranza del loro tempo in estenuanti e interminabili bracci di ferro sulle riforme costituzionali, il “tessuto” della società italiana si degrada e si sfilaccia.
Non rimandano ad altro concetto quei fenomeni cui ci riferivamo all’inizio; fenomeni che in Italia non si erano mai visti nella società italiana dal primo dopoguerra ad oggi; fenomeni del tutto nuovi, “originali”; e dunque tanto più difficili tanto da essere percepiti quanto a trovare adeguata valutazione.

La storia ci insegna che all’inizio degli anni trenta anche l’Italia dovette affrontare le ricadute della “grande crisi” scoppiata nel 1929 negli Stati Uniti. Anche noi italiani dovemmo tirare la cinghia e affrontare una “stretta economica” con molte ricadute sociali negative.

Ma allora – ed ecco dove il “precedente storico” si presta ad un analisi quanto mai interessante – allora ci battevamo contro un impoverimento che aveva origine da una colossale crisi che coinvolgeva tutto il mondo occidentale, mentre oggi quello che avviene, questa vera e propria spinta all’impoverimento, trova, proprio, oltre la crisi economica in corso, nel “dentro” dell’Italia, spinte e pulsioni di vario genere.

Ma quando mai si era visto in Italia, nel corso degli ultimi anni, l’aumento impetuoso degli acquisti a rate?

Per combattere in qualche modo il carovita che incalza, si fanno sempre più debiti da parte delle famiglie. E solo negli ultimi sei mesi, il credito al consumo è cresciuto del 15 %.

E’ evidente lo stato di fatto: la famiglia di tipo medio non ce la fa più a quadrare i conti, ad arrivare alla fine del mese; e allora si “indebita” per acquistare quello cui non vuole o non vuole rinunciare, anche perché ci sono scadenze, pagamenti originati da scelte precedenti, cambiali e mutui da onorare.

Si compra tutto a rate ormai.

Il credito al consumo delle famiglie era di poco di più di 20 miliardi di euro nel 2000; è cresciuto a 23.8 nel 2001; è arrivato a quota 28,4 l’anno successivo; al 31,2 nel 2003 e adesso marcia verso i 36 miliardi di euro.

Continuando di questo passo, saremo al raddoppio – da 20 a 40 miliardi di euro – in appena 5 anni.

E allora: non si comprano “sempre più a prestito” l’auto o il frigorifero o l’antenna parabolica; ci si indebita anche presso il supermercato o nel negozio vicino casa, per normali prodotti alimentari; si fanno debiti – o si chiedono prestiti – per fare la spesa.Si diffonde e si radica sempre di più la “cultura del debito”.

Una “cultura” pericolosa, quando supera – come sta avvenendo – i limiti fisiologici; ed è un sintomo d’allarme quando i debiti si debbono contrarre anche per mangiare negli ultimi giorni del mese, visto che ormai non si arriva alla terza settimana e la crisi diventa sempre più drammaticamente spaventosa, mentre la disoccupazione avanza e in alcune zone del Mezzogiorno sfiora la terribile soglia del 60% tra i giovani.

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Di Raffaele Bruno


Bisogna sempre porre molta attenzione ai cosiddetti “piccoli fatti” di tipo economico, di quelli che si fanno avanti un giorno si e l’altro … pure, nelle cronache correnti.

Perché sono spesso, come dicono gli specialisti delle vicende economiche, campanelli d’allarme relativi a fenomeni in atto di grossa entità; sono “sintomi” del male che cova nel profondo.

E un male c’è nel profondo del tessuto sociale italiano di oggi; ed esso si può individuare nella “marcia verso la povertà”; o meglio, e più esattamente, verso un impoverimento generalizzato che colpisce anzitutto il ceto medio e vede in prima fila le famiglie mono reddito.

Così, mentre i partiti – di governo e di opposizione – passano la maggioranza del loro tempo in estenuanti e interminabili bracci di ferro sulle riforme costituzionali, il “tessuto” della società italiana si degrada e si sfilaccia.
Non rimandano ad altro concetto quei fenomeni cui ci riferivamo all’inizio; fenomeni che in Italia non si erano mai visti nella società italiana dal primo dopoguerra ad oggi; fenomeni del tutto nuovi, “originali”; e dunque tanto più difficili tanto da essere percepiti quanto a trovare adeguata valutazione.

La storia ci insegna che all’inizio degli anni trenta anche l’Italia dovette affrontare le ricadute della “grande crisi” scoppiata nel 1929 negli Stati Uniti. Anche noi italiani dovemmo tirare la cinghia e affrontare una “stretta economica” con molte ricadute sociali negative.

Ma allora – ed ecco dove il “precedente storico” si presta ad un analisi quanto mai interessante – allora ci battevamo contro un impoverimento che aveva origine da una colossale crisi che coinvolgeva tutto il mondo occidentale, mentre oggi quello che avviene, questa vera e propria spinta all’impoverimento, trova, proprio, oltre la crisi economica in corso, nel “dentro” dell’Italia, spinte e pulsioni di vario genere.

Ma quando mai si era visto in Italia, nel corso degli ultimi anni, l’aumento impetuoso degli acquisti a rate?

Per combattere in qualche modo il carovita che incalza, si fanno sempre più debiti da parte delle famiglie. E solo negli ultimi sei mesi, il credito al consumo è cresciuto del 15 %.

E’ evidente lo stato di fatto: la famiglia di tipo medio non ce la fa più a quadrare i conti, ad arrivare alla fine del mese; e allora si “indebita” per acquistare quello cui non vuole o non vuole rinunciare, anche perché ci sono scadenze, pagamenti originati da scelte precedenti, cambiali e mutui da onorare.

Si compra tutto a rate ormai.

Il credito al consumo delle famiglie era di poco di più di 20 miliardi di euro nel 2000; è cresciuto a 23.8 nel 2001; è arrivato a quota 28,4 l’anno successivo; al 31,2 nel 2003 e adesso marcia verso i 36 miliardi di euro.

Continuando di questo passo, saremo al raddoppio – da 20 a 40 miliardi di euro – in appena 5 anni.

E allora: non si comprano “sempre più a prestito” l’auto o il frigorifero o l’antenna parabolica; ci si indebita anche presso il supermercato o nel negozio vicino casa, per normali prodotti alimentari; si fanno debiti – o si chiedono prestiti – per fare la spesa.Si diffonde e si radica sempre di più la “cultura del debito”.

Una “cultura” pericolosa, quando supera – come sta avvenendo – i limiti fisiologici; ed è un sintomo d’allarme quando i debiti si debbono contrarre anche per mangiare negli ultimi giorni del mese, visto che ormai non si arriva alla terza settimana e la crisi diventa sempre più drammaticamente spaventosa, mentre la disoccupazione avanza e in alcune zone del Mezzogiorno sfiora la terribile soglia del 60% tra i giovani.

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