giovedì 15 gennaio 2009

RASHID ISMAIL KHALIDI: QUELLO CHE E' NECESSARIO SAPERE SU GAZA


Rashid Ismail Khalidi, docente della Columbia University di New York, in un articolo sul quotidiano americano New York Times mette in prospettiva storica la guerra in corso a Gaza.

Eccone una traduzione MISNA:

Quasi tutto ciò che siete stati portati a credere su Gaza è sbagliato; alcuni punti essenziali sembrano mancare nel dibattito, sviluppato in particolare dalla stampa,sull’attacco di Israele contro la Striscia di Gaza.

GLI ABITANTI DI GAZA - La maggior parte delle persone che vivono a Gaza si trova lì non per sua scelta. La maggioranza del milione e mezzo di abitanti compresso nelle circa 140 miglia quadrate della Striscia di Gaza appartiene a famiglie provenienti da città e villaggi esterni alla Striscia come Ashkelon e Beersheba. Queste famiglie sono state spinte a Gaza nel 1948 dall’esercito israeliano.

L’OCCUPAZIONE - Gli abitanti di Gaza hanno vissuto sotto l’occupazione di Israele dalla 'guerra dei sei giorni' del 1967. Israele è ancora largamente considerata una forza occupante sebbene abbia ritirato truppe e coloni nel 2005; controlla infatti gli accessi all’area, le importazioni e le esportazioni, i movimenti della popolazione sia in ingresso che in uscita. Israele ha il controllo dello spazio aereo di Gaza e della costa, le sue forze entrano a Gaza ogni qual volta vogliono. In quanto potenza occupante, Israele ha la responsabilità del benessere della popolazione della Striscia, ai sensi della IV convenzione di Ginevra.

IL BLOCCO - La chiusura dei confini imposta da Israele alla Striscia, con il sostegno degli Stati Uniti e dell’Unione Europea, è aumentata e divenuta sempre più severa da quando Hamas ha vinto le elezioni legislative nel gennaio del 2006. Carburante, elettricità, importazioni, esportazioni e movimenti di persone in ingresso e in uscita sono stati lentamente impediti portando così a problemi sanitari che minacciano vite umane, difficoltà nel reperimento di acqua e nei trasporti. Il blocco ha causato un aumento della disoccupazione, carenza di mezzi di sussistenza e malnutrizione. Tutto ciò si chiama punizione collettiva – con la tacita approvazione degli Stati Uniti – di una popolazione civile che ha esercitato i suoi fondamentali diritti democratici.

TREGUA – Eliminare il blocco, insieme alla fine del lancio di razzi, era uno dei punti chiave del cessate-il-fuoco concordato a giugno tra Israele e Hamas. Questo accordo ha portato a una riduzione del lancio di razzi dalla Striscia dalle centinaia di maggio e giugno ai circa 20 nei successivi quattro mesi (secondo dati forniti dal governo israeliano). Il cessate-il-fuoco è stato violato da Israele agli inizi di novembre con massicci attacchi aerei e via terra; in quell’occasione sei membri di Hamas furono uccisi.

CRIMINI DI GUERRA – Colpire i civili, che si tratti di Hamas o di Israele, è potenzialmente un crimine di guerra. Ogni singola vita umana è preziosa. I numeri però parlano molto chiaramente da soli: circa 700 palestinesi (dati di alcuni giorni fa, ndr), soprattutto civili, sono stati uccisi dall’inizio del conflitto alla fine di dicembre. Al contrario, sono stati una dozzina gli israeliani uccisi, molti dei quali soldati. Le trattative diplomatiche rappresentano uno strumento di gran lunga più efficace per contrastare i lanci di razzi e altre forme di violenza. E questo sarebbe potutto accadere se solo Israele avesse pienamente rispettato i termini del cessate-il-fuoco di giugno e tolto il blocco ai confini della Striscia di Gaza. Questa guerra contro il popolo di Gaza non ha in realtà molto a che vedere con i razzi lanciati da Hamas; né ha a che fare con il ‘ripristino della forza di deterrenza israeliana’ come la stampa vi ha forse fatto credere. Molto più chiare e esplicative sono le affermazioni fatte nel 2002 da Moshe Yaalon, l’allora capo delle forze di difesa israeliane: ‘Ai palestinesi deve essere fatto capire nei più profondi recessi della loro coscienza che sono un popolo sconfitto’.

Fonte:Agenzia Misna del 12.01.2009

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Rashid Ismail Khalidi, docente della Columbia University di New York, in un articolo sul quotidiano americano New York Times mette in prospettiva storica la guerra in corso a Gaza.

Eccone una traduzione MISNA:

Quasi tutto ciò che siete stati portati a credere su Gaza è sbagliato; alcuni punti essenziali sembrano mancare nel dibattito, sviluppato in particolare dalla stampa,sull’attacco di Israele contro la Striscia di Gaza.

GLI ABITANTI DI GAZA - La maggior parte delle persone che vivono a Gaza si trova lì non per sua scelta. La maggioranza del milione e mezzo di abitanti compresso nelle circa 140 miglia quadrate della Striscia di Gaza appartiene a famiglie provenienti da città e villaggi esterni alla Striscia come Ashkelon e Beersheba. Queste famiglie sono state spinte a Gaza nel 1948 dall’esercito israeliano.

L’OCCUPAZIONE - Gli abitanti di Gaza hanno vissuto sotto l’occupazione di Israele dalla 'guerra dei sei giorni' del 1967. Israele è ancora largamente considerata una forza occupante sebbene abbia ritirato truppe e coloni nel 2005; controlla infatti gli accessi all’area, le importazioni e le esportazioni, i movimenti della popolazione sia in ingresso che in uscita. Israele ha il controllo dello spazio aereo di Gaza e della costa, le sue forze entrano a Gaza ogni qual volta vogliono. In quanto potenza occupante, Israele ha la responsabilità del benessere della popolazione della Striscia, ai sensi della IV convenzione di Ginevra.

IL BLOCCO - La chiusura dei confini imposta da Israele alla Striscia, con il sostegno degli Stati Uniti e dell’Unione Europea, è aumentata e divenuta sempre più severa da quando Hamas ha vinto le elezioni legislative nel gennaio del 2006. Carburante, elettricità, importazioni, esportazioni e movimenti di persone in ingresso e in uscita sono stati lentamente impediti portando così a problemi sanitari che minacciano vite umane, difficoltà nel reperimento di acqua e nei trasporti. Il blocco ha causato un aumento della disoccupazione, carenza di mezzi di sussistenza e malnutrizione. Tutto ciò si chiama punizione collettiva – con la tacita approvazione degli Stati Uniti – di una popolazione civile che ha esercitato i suoi fondamentali diritti democratici.

TREGUA – Eliminare il blocco, insieme alla fine del lancio di razzi, era uno dei punti chiave del cessate-il-fuoco concordato a giugno tra Israele e Hamas. Questo accordo ha portato a una riduzione del lancio di razzi dalla Striscia dalle centinaia di maggio e giugno ai circa 20 nei successivi quattro mesi (secondo dati forniti dal governo israeliano). Il cessate-il-fuoco è stato violato da Israele agli inizi di novembre con massicci attacchi aerei e via terra; in quell’occasione sei membri di Hamas furono uccisi.

CRIMINI DI GUERRA – Colpire i civili, che si tratti di Hamas o di Israele, è potenzialmente un crimine di guerra. Ogni singola vita umana è preziosa. I numeri però parlano molto chiaramente da soli: circa 700 palestinesi (dati di alcuni giorni fa, ndr), soprattutto civili, sono stati uccisi dall’inizio del conflitto alla fine di dicembre. Al contrario, sono stati una dozzina gli israeliani uccisi, molti dei quali soldati. Le trattative diplomatiche rappresentano uno strumento di gran lunga più efficace per contrastare i lanci di razzi e altre forme di violenza. E questo sarebbe potutto accadere se solo Israele avesse pienamente rispettato i termini del cessate-il-fuoco di giugno e tolto il blocco ai confini della Striscia di Gaza. Questa guerra contro il popolo di Gaza non ha in realtà molto a che vedere con i razzi lanciati da Hamas; né ha a che fare con il ‘ripristino della forza di deterrenza israeliana’ come la stampa vi ha forse fatto credere. Molto più chiare e esplicative sono le affermazioni fatte nel 2002 da Moshe Yaalon, l’allora capo delle forze di difesa israeliane: ‘Ai palestinesi deve essere fatto capire nei più profondi recessi della loro coscienza che sono un popolo sconfitto’.

Fonte:Agenzia Misna del 12.01.2009

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