Di Sabatino Di Giuliano
La perla dello Ionio sta morendo. Nei balconi, la protesta lenta contro le scelte politiche: bandiere e drappi con la frase, Ti svegli ogni mattina respirando la diossina. Nella foto, il famoso Ponte Girevole, attrazione e simbolo della città dei due mari.
Cammino per le strade del centro di Taranto. Una città un tempo rigogliosa. Splendida e splendente, nella vera accezione dei termini.
Una posizione geografica invidiabile. Il mar Piccolo, il mar Grande, le 2 isole di San Pietro e San Paolo a baluardo della città.
L’isola della Taranto Vecchia, connessa al resto del mondo dal ponte Girevole e il ponte di Pietra (così conosciuto). E poi l’apertura all’omonimo Golfo di Taranto, che abbraccia le estremità della Puglia e della Calabria.
Mari azzurro verdi, mari caraibici, dove l’acqua è trasparente ed il fondale non ha segreti.
L’Ilva. Può essere solo colpa dell’Ilva? Non posso giudicarlo dal punto di vista ambientale. Ma dal punto di vista sociale politico si. Negli anni della grande ricostruzione d’Italia, l’allora Iri, scelse questo paradiso della terra per ergervi il più grande centro siderurgico d’Europa ed il quarto al mondo. L’Italsider, poi divenuta Ilva ed ora proprietà della famiglia Riva di Milano, in seguito ad un "regalo" da parte dello Stato Italiano, nell’ambito della privatizzazione delle aziende pubbliche.
Da quegli anni ’60 il territorio si è degradato e sicuramente inquinato.
E’ possibile mettere in relazione l’emergenza tumori con la presenza dell’Ilva-Riva.
E il ricatto continua. Se lo stabilimento siderurgico chiude, la città chiude. Quasi 20 mila famiglie a casa. La fame.
Tutto questo ho rivisto in un lampo, passeggiando per le vie del centro.
Ho visto una calma terrificante, le persone (tante) mi sembrava che camminassero lungo dei binari, dai quali non si può uscire. Non sono previsti deragliamenti.
Un burattinaio muove ognuno di loro e stabilisce se farli morire o meno.
Sembra che essi ne siano consapevoli. Non c’è gioia nell’aria, nessuna allegria, non c’e’ fiducia nel futuro e nella vita. Lo si sente molto forte questa sensazione.
Chi vuole sopravvivere deve partire per lidi settentrionali. I primi sono gli studenti. Si approfitta dell’università per scappare ed iscriversi in città lontane da questo cimitero.
Taranto sta morendo e nessuno fa nulla, compresi coloro che ci vivono.
Compreso me che ho scelto Trieste.
Cammino per le strade del centro di Taranto. Una città un tempo rigogliosa. Splendida e splendente, nella vera accezione dei termini.
Una posizione geografica invidiabile. Il mar Piccolo, il mar Grande, le 2 isole di San Pietro e San Paolo a baluardo della città.
L’isola della Taranto Vecchia, connessa al resto del mondo dal ponte Girevole e il ponte di Pietra (così conosciuto). E poi l’apertura all’omonimo Golfo di Taranto, che abbraccia le estremità della Puglia e della Calabria.
Mari azzurro verdi, mari caraibici, dove l’acqua è trasparente ed il fondale non ha segreti.
L’Ilva. Può essere solo colpa dell’Ilva? Non posso giudicarlo dal punto di vista ambientale. Ma dal punto di vista sociale politico si. Negli anni della grande ricostruzione d’Italia, l’allora Iri, scelse questo paradiso della terra per ergervi il più grande centro siderurgico d’Europa ed il quarto al mondo. L’Italsider, poi divenuta Ilva ed ora proprietà della famiglia Riva di Milano, in seguito ad un "regalo" da parte dello Stato Italiano, nell’ambito della privatizzazione delle aziende pubbliche.
Da quegli anni ’60 il territorio si è degradato e sicuramente inquinato.
E’ possibile mettere in relazione l’emergenza tumori con la presenza dell’Ilva-Riva.
E il ricatto continua. Se lo stabilimento siderurgico chiude, la città chiude. Quasi 20 mila famiglie a casa. La fame.
Tutto questo ho rivisto in un lampo, passeggiando per le vie del centro.
Ho visto una calma terrificante, le persone (tante) mi sembrava che camminassero lungo dei binari, dai quali non si può uscire. Non sono previsti deragliamenti.
Un burattinaio muove ognuno di loro e stabilisce se farli morire o meno.
Sembra che essi ne siano consapevoli. Non c’è gioia nell’aria, nessuna allegria, non c’e’ fiducia nel futuro e nella vita. Lo si sente molto forte questa sensazione.
Chi vuole sopravvivere deve partire per lidi settentrionali. I primi sono gli studenti. Si approfitta dell’università per scappare ed iscriversi in città lontane da questo cimitero.
Taranto sta morendo e nessuno fa nulla, compresi coloro che ci vivono.
Compreso me che ho scelto Trieste.
Fonte:Agoravox
Nessun commento:
Posta un commento