sabato 13 dicembre 2008

La P2 ai tempi di Facebook


di Pino Cabras - Megachip

E così Paolo Mieli, adesso che si scopre quanto di più simile alla P2 di 30 anni fa, spinge il «Corriere della Sera» a fare il mestiere di allora: essere intimo a quella cosa, impedire che sia scoperchiata, sopire e troncare la cronaca sulle trame eversive e affaristiche, trasferire un cronista per ammonirne cento.




Ora è toccato a Carlo Vulpio, uno dei suoi giornalisti più bravi, esautorato dalla sua puntuale cronaca sul caso giudiziario più importante degli ultimi anni e costretto a raccontare le cose sul suo blog. Ma è una tendenza dilagante. Accade per le cronache “normali”, accade tanto di più per una vicenda che non ha nulla di ordinario.
Già oggi, negli Stati Uniti come in Italia, i bravi giornalisti professionali fanno un gran lavoro al libro paga dei media del mainstream, ma esplodono sui loro blog, dentro cui possono finalmente dire le cose che non possono esprimere laddove la loro libertà d’azione è sorvegliata dai mielosi sacerdoti dei poteri forti.
Chi cerca una notizia che sia vera, ha poco da scegliere. Va sempre meno dove lo stipendio e la carriera di chi scrive dipendono da consigliatissimi silenzi, per andare invece dove la scrittura va al passo della coscienza, magari un blog aspro e diretto, più ricco d’informazioni autentiche.
In fondo, il giornalismo all’inizio funzionava così, prima che i grandi organi di stampa si asservissero alle pubblicità, alle caste, alle cosche.
Il pezzo di Carlo Vulpio che riportiamo anche su «Megachip» ci racconta questo fenomeno presente e ci avvisa sul futuro. E ci dice che la soglia dell’emergenza nell’informazione è stata ampiamente superata, perché i luoghi istituzionali e mediatici importanti che ancora presidiavano la democrazia sono stati espugnati. Vulpio non si aspetta più nulla dal Capo dello Stato.
E nemmeno noi, ormai. Ma come dimostra la vicenda del movimento dell’Onda, l’attivismo nelle scuole ha fatto modificare le nuove norme: le azioni politiche incisive cambiano lo stato delle cose. Nel campo dell’informazione si può ancora fare qualcosa.
Chi crede a Mieli, buon pro gli faccia. Chi vuole invece cambiare l’informazione sostenga Pandora, faccia rete, azioni, politica, comunicazione, usi Facebook e ogni social networking non solo per fare cene con amici dimenticati degli anni ottanta, ma per costruire qualcosa di più politico, per difendersi, perché difendersi serve. Prima che sia davvero troppo tardi.
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di Pino Cabras - Megachip

E così Paolo Mieli, adesso che si scopre quanto di più simile alla P2 di 30 anni fa, spinge il «Corriere della Sera» a fare il mestiere di allora: essere intimo a quella cosa, impedire che sia scoperchiata, sopire e troncare la cronaca sulle trame eversive e affaristiche, trasferire un cronista per ammonirne cento.




Ora è toccato a Carlo Vulpio, uno dei suoi giornalisti più bravi, esautorato dalla sua puntuale cronaca sul caso giudiziario più importante degli ultimi anni e costretto a raccontare le cose sul suo blog. Ma è una tendenza dilagante. Accade per le cronache “normali”, accade tanto di più per una vicenda che non ha nulla di ordinario.
Già oggi, negli Stati Uniti come in Italia, i bravi giornalisti professionali fanno un gran lavoro al libro paga dei media del mainstream, ma esplodono sui loro blog, dentro cui possono finalmente dire le cose che non possono esprimere laddove la loro libertà d’azione è sorvegliata dai mielosi sacerdoti dei poteri forti.
Chi cerca una notizia che sia vera, ha poco da scegliere. Va sempre meno dove lo stipendio e la carriera di chi scrive dipendono da consigliatissimi silenzi, per andare invece dove la scrittura va al passo della coscienza, magari un blog aspro e diretto, più ricco d’informazioni autentiche.
In fondo, il giornalismo all’inizio funzionava così, prima che i grandi organi di stampa si asservissero alle pubblicità, alle caste, alle cosche.
Il pezzo di Carlo Vulpio che riportiamo anche su «Megachip» ci racconta questo fenomeno presente e ci avvisa sul futuro. E ci dice che la soglia dell’emergenza nell’informazione è stata ampiamente superata, perché i luoghi istituzionali e mediatici importanti che ancora presidiavano la democrazia sono stati espugnati. Vulpio non si aspetta più nulla dal Capo dello Stato.
E nemmeno noi, ormai. Ma come dimostra la vicenda del movimento dell’Onda, l’attivismo nelle scuole ha fatto modificare le nuove norme: le azioni politiche incisive cambiano lo stato delle cose. Nel campo dell’informazione si può ancora fare qualcosa.
Chi crede a Mieli, buon pro gli faccia. Chi vuole invece cambiare l’informazione sostenga Pandora, faccia rete, azioni, politica, comunicazione, usi Facebook e ogni social networking non solo per fare cene con amici dimenticati degli anni ottanta, ma per costruire qualcosa di più politico, per difendersi, perché difendersi serve. Prima che sia davvero troppo tardi.

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