Ad un anno circa da che i Savoia avevano chiesto un indennizzo alla Repubblica per essere stati spodestati dal trono, l’amministrazione comunale di Gaeta avvia un’azione giudiziaria ai loro danni per l’invasione piemontese successiva all’unità d’Italia.
I piemontesi approfittarono, intorno agli anni 60 del 1800, dei moti unitari per depredare lo stato del Mezzogiorno d’Italia, all’epoca dei fatti nelle mani dei monarchi dei Borbone.
Gaeta oggi fa parte del Lazio ma fino al 1861 era in Terra di Lavoro provincia napoletana, così il Consiglio Comunale di Gaeta darà il via alla prima azione di risarcimento danni per i massacri e le distruzioni risorgimentali fatti dai Savoia.
I discendenti attuali, ancora proprietari di tanti beni depredati a Sud a fine Ottocento, hanno avuto l’impudenza di chiedere i danni per il giusto esilio decretato dalla repubblica italiana.
Farebbero bene, invece, a preoccuparsi delle tante azioni, come quella che nasce da Gaeta, che potrebbero intentare le centinaia di città meridionali messe a ferro e fuoco dai soldati di Vittorio Emanuele II.
Farebbero bene, altresì, a imparare un po’ di storia viste le loro dichiarazioni in merito che attribuiscono allo stato italiano eventuali responsabilità per l’assedio di Gaeta.
Lo stato d’assedio durò dal 5 novembre 1860 al 13 febbraio 1861 ma il Regno d’Italia fu proclamato solo il 17 marzo 1861. Pertanto, senza alcuna dichiarazione di guerra, V. Emanuele entrò in armi nello stato pontificio e in quello borbonico senza alcuna autorizzazione nemmeno dello stato piemontese, agendo in modo assolutamente dispotico ed assumendosi in proprio tutte le responsabilità dei danni arrecati.
Fonte: Caserta 24 ore
Nessun commento:
Posta un commento