Di Giovanni Nocera
Motore propulsivo della riforma fiscale in senso federalista è la convinzione che cospicui finanziamenti siano transitati, dal Nord produttivo, al Sud sprecone. Transito che non produce nessun beneficio al Nord, ma che fa sentire alla parte produttiva del Paese il peso maggiore delle imposte.
Se questa tesi può riscuotere il favore degli elettori in campagna elettorale, probabilmente non regge all’analisi di dati reali. La pubblicazione del 1997 di Gennaro Zona “Come ti finanzio il Nord” può essere utile a chiarire i numeri dell’intervento straordinario per il Meridione d’Italia e l’utilizzo della Cassa del Mezzogiorno, prima, e dell’AgenSud, poi, a tutto beneficio delle industrie del Nord.
Nella ricerca si evidenzia come «non sia mai esistito alcun trasferimento diretto di fondi dal Nord al Sud, ma politiche di redistribuzione della ricchezza nazionale». Politiche che però sono state influenzate da «poteri forti» della nazione che hanno avvantaggiato il Nord grazie alla sua «maggiore capacità rispetto al Sud di incidere sulle politiche di sviluppo del Paese».
Nello studio è stato evidenziato come «da un lato si destinano fondi alla ricerca per il Sud, con quote prefissate, ed alle piccole e medie imprese e dall’altro si opera di fatto in modo che i benefici ricadano sempre sui soliti grandi gruppi del Nord o pubblici».
Quando si è passati al sostegno dei redditi delle popolazioni meridionali si è «ridotto il divario Nord-Sud nel livello dei consumi, mentre è aumentato quello nella capacità produttiva: aumentati i redditi sono creciuti i consumi, ma la produttività è rimasta la metà di quella del Nord, contemporaneamente è aumentato a dismisura il flusso delle importazioni dalle regioni del Nord». Ciò ha significato lo sviluppo del prodotto interno lordo e il raggiungimento di livelli di quasi piena occupazione nelle regioni settentrionali.
La riforma federalista dovrebbe quindi avere come obbiettivo, non solo a parole ma anche nell’ambiente culturale di chi la promuove, il miglioramento complessivo del sistema economico del Paese e non l’esclusiva «esigenza di salvaguardare le proprie ricchezze», con strumenti che potrebbero non ottenere i risultati sperati perchè frutto di una visione distorta e pregiudiziale delle politiche di sostegno del Mezzogiorno.
Fonte: Agoravox
Motore propulsivo della riforma fiscale in senso federalista è la convinzione che cospicui finanziamenti siano transitati, dal Nord produttivo, al Sud sprecone. Transito che non produce nessun beneficio al Nord, ma che fa sentire alla parte produttiva del Paese il peso maggiore delle imposte.
Se questa tesi può riscuotere il favore degli elettori in campagna elettorale, probabilmente non regge all’analisi di dati reali. La pubblicazione del 1997 di Gennaro Zona “Come ti finanzio il Nord” può essere utile a chiarire i numeri dell’intervento straordinario per il Meridione d’Italia e l’utilizzo della Cassa del Mezzogiorno, prima, e dell’AgenSud, poi, a tutto beneficio delle industrie del Nord.
Nella ricerca si evidenzia come «non sia mai esistito alcun trasferimento diretto di fondi dal Nord al Sud, ma politiche di redistribuzione della ricchezza nazionale». Politiche che però sono state influenzate da «poteri forti» della nazione che hanno avvantaggiato il Nord grazie alla sua «maggiore capacità rispetto al Sud di incidere sulle politiche di sviluppo del Paese».
Nello studio è stato evidenziato come «da un lato si destinano fondi alla ricerca per il Sud, con quote prefissate, ed alle piccole e medie imprese e dall’altro si opera di fatto in modo che i benefici ricadano sempre sui soliti grandi gruppi del Nord o pubblici».
Quando si è passati al sostegno dei redditi delle popolazioni meridionali si è «ridotto il divario Nord-Sud nel livello dei consumi, mentre è aumentato quello nella capacità produttiva: aumentati i redditi sono creciuti i consumi, ma la produttività è rimasta la metà di quella del Nord, contemporaneamente è aumentato a dismisura il flusso delle importazioni dalle regioni del Nord». Ciò ha significato lo sviluppo del prodotto interno lordo e il raggiungimento di livelli di quasi piena occupazione nelle regioni settentrionali.
La riforma federalista dovrebbe quindi avere come obbiettivo, non solo a parole ma anche nell’ambiente culturale di chi la promuove, il miglioramento complessivo del sistema economico del Paese e non l’esclusiva «esigenza di salvaguardare le proprie ricchezze», con strumenti che potrebbero non ottenere i risultati sperati perchè frutto di una visione distorta e pregiudiziale delle politiche di sostegno del Mezzogiorno.
Fonte: Agoravox
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