Di Marco Montemurro
L’accordo di cooperazione nucleare stipulato tra Stati Uniti e India è stato definitivamente approvato. Una delle ultime mosse dell’amministrazione Bush è stata condotta a termine il 10 ottobre quando il ministro degli affari esteri indiano, Pranab Mukherjee, ha firmato ufficialmente il trattato con la presenza del Segretario di Stato statunitense Condoleezza Rice.
E’ un evento che sicuramente avrà ripercussioni in futuro nel settore dell’energia nucleare in tutto il mondo.
Il trattato tra Usa e India rischia di aprire la strada verso accordi bilaterali tra singoli paesi riguardo la compravendita di materiale nucleare.
E’ un precedente che è destinato a porre limiti all’influenza degli organismi sopranazionali. Il nuovo legame mette in discussione i principi di universalità contenuti nel Trattato di Non Proliferazione Nucleare.
Lo storico accordo, stipulato nel 1968 per regolare e sorvegliare il possesso di materiale nucleare, si basa infatti proprio sul presupposto che sia necessario porre limiti a tali tecnologie agendo sul piano internazionale e tramite la vigilanza di enti sovranazionali.
La situazione indiana è particolare sia perché è uno di quei pochi paesi che non aderiscono al Trattato di Non Proliferazione (assieme al Pakistan, Israele e la Corea del Nord), sia perché per oltre 30 anni vi è stato un isolamento sul piano internazionale nel settore nucleare.
Nel 1974 l’India condusse esperimenti per realizzare la sua prima bomba atomica e da allora vige una sorta di embargo nei confronti del paese riguardo alle tecnologie atomiche.
Dal 2006 però l’amministrazione Bush si è mostrata interessata a rimuovere tale divieto e ha cominciato ad avviare trattative per cooperare con il gigante asiatico anche in questo ambito.
L’accordo con gli Stati Uniti sulla cooperazione nucleare, benché ufficialmente si limiti al settore civile, ha suscitato in India forti polemiche. Quando è stato messo ai voti in Parlamento il 22 luglio scorso l’opposizione è stata accesa e il piano è passato con soli 19 voti di scarto (275 a favore, 256 contrari e 10 astenuti). Il trattato è stato approvato, ma ha causato nella coalizione di governo del primo ministro Manmohan Singh, la perdita dell’appoggio del partito comunista indiano, da tempo fortemente critico nei confronti del nuovo vincolo con gli Usa.Gli Stati Uniti non vogliono perdere la possibilità di fare affari nel settore energetico indiano e il progetto è di vasta portata poiché il paese è deficitario dal punto di vista delle fonti di energia.
Attualmente l’India importa il 75% del petrolio utilizzato e il 69% dell'elettricità è fornita dal carbone, risorsa con riserve limitate.
In futuro il fabbisogno è destinato a crescere e si stima che il consumo pro-capite di energia elettrica in India triplicherà entro il 2020, con una crescita annuale del 6,3%. Sicuramente il mercato energetico indiano è molto appetibile per gli Stati Uniti, una grande opportunità per le compagnie General Electric, Westinghouse e Bechtel.
Il piano inoltre s’inquadra in strategie molto più ampie; è una mossa sia per controbilanciare l’influenza cinese nell’area, sia per limitare il rafforzamento delle relazione estere di Tehran.
Nella regione infatti, il governo americano non gradisce il progetto per la costruzione di un gasdotto che colleghi l’Iran con l’India.Gli Stati Uniti non sono il solo paese a mostrarsi interessato a trarre profitto dal settore energetico nel subcontinente. Subito dopo il recente accordo di cooperazione firmato a Washington, il governo francese ha annunciato la realizzazione di un contratto per la fornitura di tecnologia nucleare civile in India e almeno due reattori saranno costruiti dalla compagnia Areva.
Inoltre ultimamente anche la Russia si è dichiarata interessata a stipulare accordi con l’India nel settore energia nucleare.
Preoccupato dal recente trattato tra Usa e India è invece il vicino Pakistan, storico paese rivale. A seguito della ratifica, il governo guidato dal presidente Zardari infatti si è dichiarato interessato a stipulare un accordo di cooperazione nucleare con la Cina.
Questa scelta è rilevante poiché sia il Pakistan che la Cina tra i loro armamenti dispongono di ordigni atomici.
L’accordo condotto dall’amministrazione Bush sembra pertanto mostrare una pericolosa situazione, che potrebbe generare la fine delle politiche comuni a livello internazionale riguardo lo sviluppo della tecnologia nucleare e l’avvio di iniziative condotte da singoli paesi.
La perdita d’influenza delle Nazioni Unite e l’emergere di un mondo multipolare, sono fattori portatori di cambiamenti anche riguardo a tale settore.
Il 1968, anno del Trattato di Non Proliferazione, si mostra ormai lontano.
Sembra adesso che sia stato accantonato l’obiettivo di limitare la produzione di tecnologia nucleare, che siano abbandonate le linee guida universali.
Si segue ora la strada degli accordi bilaterali nella quale ogni singolo paese si sceglie l’alleato a lui più conveniente, anche nel settore dell’energia nucleare.
Fonte:Altrenotizie
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