martedì 11 novembre 2008

AMIANTO DI STATO


Di Adriana Pollice


Militari con maschera antigas, ma non antipolvere, guanti, maniche corte e nessuna tuta protettiva: i video realizzati dagli attivisti del presidio di Chiaiano, da ieri su youtube, raccontano come procedono i lavori nella cava che dovrebbe accogliere la discarica. Senza protezioni specifiche, stanno recintando con il filo spinato le vasche in cui camion sversano materiale raccolto nella stessa zona.
«Filmati e fotografie - spiega Pietro Rinaldi - sono parte della documentazione che abbiamo consegnato in procura il 29 ottobre, insieme all'esposto con cui denunciamo la presenza di amianto, amianto che lo stesso generale Giannini, braccio destro di Bertolaso, ha quantificato in circa 10 mila tonnellate, accanto a centinaia di sacchi di rifiuti speciali siglati Enel». Appena due ore dopo il deposito della denuncia, arrivano nella selva i carabinieri del Noe «ma i lavori nella cava non si sono fermati - sottolinea l'ex sindaco di Marano, Mauro Bertini - nemmeno dopo l'ammissione di Giannini, anzi sono ripresi a velocità triplicata. Questo ci fa sospettare che la relazione stilata dal Noe minimizzi il rischio per consentire la realizzazione di un primo sito in cui stoccare una parte dei rifiuti. Nonostante l'evidenza».
E così in oltre duemila ieri pomeriggio sono partiti in corteo dal presidio di via Cupa dei cani, non più per dire semplicemente no alla discarica, ma per chiedere la bonifica urgente della zona.Il lavoro di inchiesta comincia il 20 ottobre quando, per un improvviso e frenetico movimento di uomini e mezzi meccanici, il presidio ha scoperto che una spianata coltivata a prugne era stata sbancata, senza nessun avviso ai proprietari, per scavare una vasca di almeno 40 metri per 20, profonda circa due metri e mezzo. Un fosso di 800 mq di superficie capace di contenere dai 16mila ai 20mila metri cubi di materiale.
Per una settimana circa le riprese seguano i lavori: gli operai della Ibi, la ditta appaltatrice, continuano a operare senza alcuna protezione mentre i militari «limitano i danni» con maschere inadeguate e guanti, mentre stendono il filo spinato. Nessuno dei civili deve essere stato informato della pericolosità del sito, visto che i fotogrammi mostrano un operaio steso a riposare nel cantiere. Nella vasca impermeabilizzata, a partire dal 22 ottobre, viene sversato il materiale, lo zoom permette di inquadrare prodotti per la coibentazione, eternit, sacchi celesti. Mezzi meccanici spianano e nuovi camion sversano, come si fa quando si vuole interrare materiale in modo permanente. Il tutto proviene da una collinetta lì vicino, sbancata per costruire una strada d'accesso alla futura discarica. Ancora le immagini ne mostrano una sezione, di un innaturale colore azzurrognolo, appena ricoperta dal terreno.
Finché l'amianto giaceva lì, non costituiva un pericolo immediato per la salute ma, una vota portata alla luce dai mezzi del commissariato, sottoposto al vento e alle piogge, è diventato una bomba innescata sotto il naso degli abitanti di Chiaiano e Marano, che da settimane ne respirano le fibre.
Il generale Giannini, dopo l'esposto, ha dovuto ammettere in diverse interviste la presenza di amianto e rifiuti speciali nella selva, accusando i residenti di non aver vigilato sulla zona negli anni passati.
Ma camminando nei cortei di questi mesi, lungo le strade che si incrociano alla rotonda Titanic, sono molte le storie che la gente racconta.
Racconta come dagli anni '80 strani camion di notte si inoltrassero nelle cave per sotterrare amianto, le stesse ditte che probabilmente fanno capo al potente clan dei Nuvoletta che regna su Marano, direttamente affiliato ai Corleonesi e in ottimi rapporti con i Casalesi, signori del traffico illegale di rifiuti.
Forse le stesse ditte a cui l'Enel ha affidato lo smaltimento dei vecchi contatori, raccontano in zona.
Forse, però, il contrasto alla camorra è un lavoro da generali più che da civili inermi. A ottobre, poi, gli operai dell'Ibi avevano provato a protestare davanti alle telecamere dei giornalisti per le misure di sicurezza, scarse se non inesistenti, con cui lavorano da mesi, ma l'intervento di uno strano personaggio, con l'aria di essere un referente della ditta, li aveva costretti ad allontanarsi: «Ci domandiamo chi sia questo tizio - racconta Bertini - dal fare minaccioso. Non vorremmo che la malavita vigilasse sulla rapidità dei lavori».
Martedì scorso un'ispezione del pubblico ministero D'Alessio ha accertato nella cava quattro vasche piene di eternit, amianto e altri rifiuti speciali. Materiale che le analisi ambientali fatte a giugno dagli esperti del sottosegretario Bertolaso, stranamente, non avevano rilevato. Così la mobilitazione al presidio continua, la prossima settimana torneranno in procura a chiedere perché i lavori continuano senza alcuna garanzia per i lavoratori e gli abitanti della zona. Soprattutto perché Bertolaso e Giannini sono ancora al loro posto, nonostante i disastri non solo ambientali fatti in Campania.




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Di Adriana Pollice


Militari con maschera antigas, ma non antipolvere, guanti, maniche corte e nessuna tuta protettiva: i video realizzati dagli attivisti del presidio di Chiaiano, da ieri su youtube, raccontano come procedono i lavori nella cava che dovrebbe accogliere la discarica. Senza protezioni specifiche, stanno recintando con il filo spinato le vasche in cui camion sversano materiale raccolto nella stessa zona.
«Filmati e fotografie - spiega Pietro Rinaldi - sono parte della documentazione che abbiamo consegnato in procura il 29 ottobre, insieme all'esposto con cui denunciamo la presenza di amianto, amianto che lo stesso generale Giannini, braccio destro di Bertolaso, ha quantificato in circa 10 mila tonnellate, accanto a centinaia di sacchi di rifiuti speciali siglati Enel». Appena due ore dopo il deposito della denuncia, arrivano nella selva i carabinieri del Noe «ma i lavori nella cava non si sono fermati - sottolinea l'ex sindaco di Marano, Mauro Bertini - nemmeno dopo l'ammissione di Giannini, anzi sono ripresi a velocità triplicata. Questo ci fa sospettare che la relazione stilata dal Noe minimizzi il rischio per consentire la realizzazione di un primo sito in cui stoccare una parte dei rifiuti. Nonostante l'evidenza».
E così in oltre duemila ieri pomeriggio sono partiti in corteo dal presidio di via Cupa dei cani, non più per dire semplicemente no alla discarica, ma per chiedere la bonifica urgente della zona.Il lavoro di inchiesta comincia il 20 ottobre quando, per un improvviso e frenetico movimento di uomini e mezzi meccanici, il presidio ha scoperto che una spianata coltivata a prugne era stata sbancata, senza nessun avviso ai proprietari, per scavare una vasca di almeno 40 metri per 20, profonda circa due metri e mezzo. Un fosso di 800 mq di superficie capace di contenere dai 16mila ai 20mila metri cubi di materiale.
Per una settimana circa le riprese seguano i lavori: gli operai della Ibi, la ditta appaltatrice, continuano a operare senza alcuna protezione mentre i militari «limitano i danni» con maschere inadeguate e guanti, mentre stendono il filo spinato. Nessuno dei civili deve essere stato informato della pericolosità del sito, visto che i fotogrammi mostrano un operaio steso a riposare nel cantiere. Nella vasca impermeabilizzata, a partire dal 22 ottobre, viene sversato il materiale, lo zoom permette di inquadrare prodotti per la coibentazione, eternit, sacchi celesti. Mezzi meccanici spianano e nuovi camion sversano, come si fa quando si vuole interrare materiale in modo permanente. Il tutto proviene da una collinetta lì vicino, sbancata per costruire una strada d'accesso alla futura discarica. Ancora le immagini ne mostrano una sezione, di un innaturale colore azzurrognolo, appena ricoperta dal terreno.
Finché l'amianto giaceva lì, non costituiva un pericolo immediato per la salute ma, una vota portata alla luce dai mezzi del commissariato, sottoposto al vento e alle piogge, è diventato una bomba innescata sotto il naso degli abitanti di Chiaiano e Marano, che da settimane ne respirano le fibre.
Il generale Giannini, dopo l'esposto, ha dovuto ammettere in diverse interviste la presenza di amianto e rifiuti speciali nella selva, accusando i residenti di non aver vigilato sulla zona negli anni passati.
Ma camminando nei cortei di questi mesi, lungo le strade che si incrociano alla rotonda Titanic, sono molte le storie che la gente racconta.
Racconta come dagli anni '80 strani camion di notte si inoltrassero nelle cave per sotterrare amianto, le stesse ditte che probabilmente fanno capo al potente clan dei Nuvoletta che regna su Marano, direttamente affiliato ai Corleonesi e in ottimi rapporti con i Casalesi, signori del traffico illegale di rifiuti.
Forse le stesse ditte a cui l'Enel ha affidato lo smaltimento dei vecchi contatori, raccontano in zona.
Forse, però, il contrasto alla camorra è un lavoro da generali più che da civili inermi. A ottobre, poi, gli operai dell'Ibi avevano provato a protestare davanti alle telecamere dei giornalisti per le misure di sicurezza, scarse se non inesistenti, con cui lavorano da mesi, ma l'intervento di uno strano personaggio, con l'aria di essere un referente della ditta, li aveva costretti ad allontanarsi: «Ci domandiamo chi sia questo tizio - racconta Bertini - dal fare minaccioso. Non vorremmo che la malavita vigilasse sulla rapidità dei lavori».
Martedì scorso un'ispezione del pubblico ministero D'Alessio ha accertato nella cava quattro vasche piene di eternit, amianto e altri rifiuti speciali. Materiale che le analisi ambientali fatte a giugno dagli esperti del sottosegretario Bertolaso, stranamente, non avevano rilevato. Così la mobilitazione al presidio continua, la prossima settimana torneranno in procura a chiedere perché i lavori continuano senza alcuna garanzia per i lavoratori e gli abitanti della zona. Soprattutto perché Bertolaso e Giannini sono ancora al loro posto, nonostante i disastri non solo ambientali fatti in Campania.




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