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lunedì 27 ottobre 2008

Sonia Alfano getta ombre e sospetti sull’operato della Procura reggiana


Di Roberto Fontanili



Reggio non è un’isola felice rispetto alle infiltrazioni mafiose e già nel 1994 alcuni omicidi eccellenti, avvenuti in poco tempo, fecero capire che anche nella nostra città tirava aria pesante. E per contrastare la malavita organizzata è indispensabile trasparenza nell’assegnazione degli appalti, controllando non solo le ditte capofila ma anche i subappalti.


Ad affermare «c’è qualcosa a Reggio che non mi convince assolutamente» è stata Sonia Alfano, ieri in occasione del convegno organizzato dalla lista civica Gente di Reggio e dagli Amici di Beppe Grillo all’hotel Posta, a cui ha partecipato assieme a Salvatore Borsellino.

Una denuncia ripresa poi dal presidente della Cna Enrico Bini che ha rimarcato che «se le infiltrazioni mafiose ci sono, è perché c’è chi dà lavoro a ditte chiacchierate» e come spesso abbia avvertito «un senso di solitudine in questa mia battaglia».

Un’analisi quella di Sonia Alfano, figlia del magistrato ucciso dalla Mafia, in cui ha mescolato la politica («C’è una parte che ha permesso che si infiltrassero Cosa Nostra, la Camorra e ’N drangheta, così come ha permesso l’arrivo della mafia cinese») e la magistratura gettando ombre, in un ragionamento tutto condito nel brodo della «teoria del sospetto», sul procuratore capo Italo Materia.«Mi sono documentata - ha detto - e nella primavera 2009 il Comune di Reggio assegnerà appalti per molti milioni di euro. Vi siete mai chiesti perché arrivano a Reggio tante ditte dalla Campania e dalla Calabria?».

E cita l’esempio della ditta di trasporti Ciampà di Crotone che da tempo opera su Reggio e «che è citata nell’interpellanza presentata in ottobre dall’onorevole Napoli di An». «E mi chiedo - ha aggiunto - come mai la magistratura non sia intervenuta. Non vorrei che ci fosse stata una disattenzione da parte della magistratura reggiana. Sarebbe un atto gravissimo e continuerebbe a ritirare fuori delle ombre sul procuratore capo Italo Materia.

Perché dico questo? Mi riferisco alle dichiarazioni rese da Italo Materia nel processo di mafia che ha visto condannato il suo amico e magistrato Giovanni Lembo. Quest’ultimo più di Italo Materia è stato l’artefice di una relazione che ha consentito al falso pentito messinese Luigi Sparacio di godere dei benefici di legge».

Poi Sonia Alfano si addentra ulteriormente su un terreno irto di ombre e sospetti. Per dire che «Italo Materia è nato nello stesso paese (Terme Vigliatore in provincia di Messina) in cui è nato il boss pentito Giuseppe Chiofalo e che quest’ultimo in una sua deposizione ha dichiarato di essere stato fatto cadere da una sorta di complotto tra vertici delle forze dell’ordine, della magistratura e il clan affiliato ai Santapaola».

Tutte costruzioni che hanno lasciato muto l’uditorio e obbligato lo stesso organizzatore del convegno Mario Monducci a prendere le distanze da Sonia Alfano sottolineando come «se esistono mele marce, ci sono ma anche forze sane in politica e nella magistratura» e di aver presentato un’interpellanza per la trasparenza negli appalti.

Anche l’assessore comunale Franco Corradini ha voluto prendere le distanze da Sonia Alfano. «La Dda di Bologna - ha detto - sta compiendo indagini sul Reggiano proprio su richiesta della magistratura reggiana». Poi è stata la volta del presidente di Cna Enrico Bini, che, dopo aver ricordato la sua denuncia quattro anni fa della ditta Ciampà a Reggio, ha affermato: «Se ci sono a Reggio ditte chiacchierate è perché c’è chi offre loro lavoro, come Assopiastelle che opera al massimo ribasso e la cooperazione. E’ anche capitato che una ditta allontanata dalla Dda dai cantieri della Tav la settimana dopo ricomparisse con una nuova ragione sociale ma con gli stessi mezzi e le stesse targhe».

Poi conclude: «Avevo due camion e uno l’ho venduto perché non c’è lavoro e ci sono aziende che in poco tempo hanno aumentato il loro parco mezzi».

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