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domenica 26 ottobre 2008

I frutti della guerra santa mondialista in Iraq: la cancellazione dei cristiani


Ricevo da Centro studi Giuseppe Federici - Per una nuova insorgenza e posto:


I frutti della guerra santa mondialista in Iraq: la cancellazione dei cristiani“Chiediamo ai cristiani d’occidente di non essere solo preoccupati delle borse e dell’economia, ma di denunciare ogni forma di violenza e di mostrare verso di noi solidarietà e condivisione “ (Mons. Louis Sako)


Mosul, la strage senza fine dei cristiani iracheni Mosul (AsiaNews)

– Nuovo attacco contro i cristiani a Mosul: ieri pomeriggio un gruppo armato ha assassinato Hazim Thomaso Youssif, di 40 anni. L’agguato è avvenuto di fronte al negozio di abbigliamento di sua proprietà, a Bab Sarray; non si conosce ancora l’identità del commando omicida, ma si sospetta che vi sia la mano dei fondamentalisti islamici, in una città da tempo teatro di uccisioni contro la comunità cristiana. Nello stesso giorno è stato ucciso un altro ragazzo di soli 15 anni, Ivan Nuwya, anch’egli di fede cristiana.

Il giovane è stato freddato a colpi di arma da fuoco davanti alla sua abitazione nel quartiere di Tahrir, di fronte alla locale moschea di Alzhara.Una fonte di AsiaNews a Mosul denuncia ad “il clima di panico” nel quale vive la comunità cristiana, le cui stragi continuano “nell’indifferenza” dei media che “non riportano nemmeno i crimini che vengono commessi". Parlando della realtà di Mosul, la fonte sottolinea che la città “è diventata l’olocausto dei cristiani” e non si vedono segni di miglioramento nonostante gli sforzi compiuti nella lotta al terrorismo. Si fa sempre più grande il tributo di sangue versato dalla diocesi di Mosul in questi ultimi anni, a partire dal tragico rapimento di mons.

Paulo Farj Rahho, il cui corpo è stato rinvenuto privo di vita il 13 marzo scorso in un terreno abbandonato poco fuori la città.

Durante l’agguato che ha preceduto il sequestro del presule sono morti i tre uomini che erano con lui e fungevano da scorta, massacrati dai terroristi. Nel 2007 i morti registrati nella comunità cristiana irachena sono stati 47, di cui almeno 13 solo a Mosul: fra di loro ricordiamo p. Ragheed Gani trucidato il 3 giugno, e altri due preti.Tra il 6 e il 17 gennaio di quest’anno, inoltre, si sono succeduti una serie di attacchi contro beni e proprietà cristiani, quando un’ondata di attacchi bomba ha colpito: la chiesa caldea della Vergine Immacolata, quella caldea di San Paolo, quasi distrutta, l’entrata dell’orfanotrofio gestito dalle suore caldee ad al Nour, una chiesa nestoriana e il convento delle suore domenicane di Mosul Jadida.

L’ultimo episodio di violenza risale invece al 2 settembre scorso, quando si è concluso in maniera tragica il rapimento di un medico 65enne Tariq Qattan, rapito e ucciso nonostante la famiglia avesse sborsato una somma di 20mila dollari per il rilascio. Due giorni prima era stato rapito e ucciso un altro cristiano, Nafi Haddad.
(AsiaNews del 5 ottobre 2008)

I cristiani dell’Iraq: cristiani e iracheni

I cristiani iracheni, di ogni denominazione, sono forse residui di minoranze da lasciar partire o morire nell’immane guerra in atto sul territorio iracheno, oppure sono Chiese vive, radicate nelle tradizioni bibliche e apostoliche di Gerusalemme, di Antiochia e della Mesopotamia, ed eredi di una storia e di un passato teologico e mistico?

Sono forse gruppi estranei al mondo arabo-musulmano, da identificare con le crociate moderne e con l’egemonia statunitense, o sono Chiese orientali radicate da millenni nella storia e nella geografia del Vicino Oriente?

Quale perdita per l’islàm, per il mondo occidentale e per Israele, se la cristianità dell’Iraq dovesse scomparire! Le minoranze del Vicino Oriente dovrebbero forse pagare il prezzo della globalizzazione o del cosiddetto «scontro di civiltà»?
O la loro permanenza attraverso tutte le disavventure della storia sarebbe un segno di speranza, di rispetto e di giustizia per il mondo intero?
Questi interrogativi ci introducono nel vivo del nostro tema.

Infatti, dopo il genocidio armeno del 1915, di cui furono vittime anche caldeo-assiri e siriaci, la guerra in Iraq, dopo la caduta del regime di Saddam Hussein nell’aprile 2003, ha scatenato persecuzioni contro i cristiani, spingendo molti ad abbandonare le loro case per cercare rifugio nel Kurdistan iracheno o addirittura in Giordania, Siria, Libano e Turchia. Attacchi contro le chiese e le sedi episcopali a Baghdad e a Mossul, sequestri di cristiani e, in particolare, dell’arcivescovo di Mossul, la salma di mons. Paulos Faraj Rahho è stata rinvenuta il 13 marzo scorso, mentre erano in corso trattative per il suo rilascio, e di alcuni sacerdoti; massacri di religiose, preti e diaconi, pressioni sui cristiani del quartiere Dora (Baghdad) perché paghino la jizya o lascino le loro case...

Ogni atto di violenza perpetrato contro un cristiano provoca l’esodo di intere famiglie da Bassora, Baghdad, Mossul e Kirkuk, quattro grandi città dove i cristiani vivevano da sempre in pace con le grandi confessioni ed etnie dell’Iraq: sciiti, sunniti, curdi e turcomanni. Si chiudono chiese per ragioni di sicurezza, e sono stati trasferiti nel Kurdistan il seminario maggiore e la facoltà di teologia Babel College. Si dice che metà dei cristiani iracheni abbiano lasciato le loro case, un quarto verso il Nord, nel Kurdistan, un altro quarto verso i Paesi limitrofi: Giordania, Siria, Libano e Turchia in attesa di poter emigrare verso Paesi sicuri, liberi e ricchi. Tuttavia, nonostante le disgrazie che si sono abbattute sul popolo iracheno, dopo il conflitto tra lo Stato e i curdi, al Nord, passando attraverso le lotte all’interno del potere tra i vari partiti, e infine la guerra con l’Iran e l’occupazione del Kuwait con le sue nefaste conseguenze, nonostante tutto questo, si nota che gli iracheni, e in particolare i cristiani, rimangono molto legati al proprio Paese. Fa impressione constatare che i cristiani dell’Iraq sono pienamente iracheni e profondamente cristiani.

Avvicinandoli, come noi li abbiamo conosciuti, sia all’interno dell’Iraq sia in Siria ove molti di loro si sono rifugiati, si nota una duplice appartenenza molto pronunciata: sono veri cristiani e veri iracheni. Non abbiamo il diritto di parlare di inculturazione di questi cristiani, poiché sono a casa loro da sempre e hanno acquisito l’arte di essere se stessi, fieri della loro appartenenza religiosa, con una grande capacità di integrazione, sono cittadini con tutti i diritti civili, e una grande facilità a vivere con tutte le categorie dei loro concittadini, senza complesso di persecuzione né di disprezzo dell’altro. (…)
(Mons. Antoine Audo, Vescovo di Alep dei Caldei, La Civiltà Cattolica 2008, II, 85-93, quaderno 3787)

Vescovo caldeo di Kirkuk: a Mosul si cancellano i cristiani per motivi politici

Kirkuk (AsiaNews) – (…) Mons. Louis Sako, arcivescovo di Kirkuk, ha voluto condividere coi lettori di AsiaNews le sue preoccupazioni riguardo agli avvenimenti.
Cosa sta succedendo a Mosul ? Come si può definire questa carneficina continua?
In una settimana vi sono stati 12 morti; 1000 famiglie hanno lasciato le loro case verso i villaggi della piana di Ninive; 5 case sono state distrutte con esplosioni. Paura, solitudine e timori dominano nella minoranza cristiana.

La memoria di Dora (1) a Bagdad non è dimenticata. Se la situazione continua in questo modo, i cristiani saranno costretti a nuove “fughe di massa”.

Gli attentati di Mosul hanno però un carattere speciale: essi non sembrano essere legati a bande di delinquenti, perché questa volta essi non chiedono alcun riscatto.
È possibile che dietro gli assassini vi siano dei fondamentalisti.

Ma come spiegare il silenzio e l’immobilità delle autorità locali e centrali quando una macchina con altoparlante gira per le vie del quartiere di Sukkar, gridando e ordinando ai cristiani di andarsene via? Io penso che dietro tutte queste violenze vi sia un movente politico.Questa campagna per far fuggire i cristiani potrebbe nascondere vantaggi di carattere politico in prossimità della tornata elettorale del gennaio 2009 e la controversia sull’approvazione della legge per le elezioni provinciali. L’attuale legge cancella la quota riservata per tradizione ai cristiani (e alle altre minoranze). Intimidirli e cacciarli via fa tutt’uno con la negazione della loro rappresentanza. Ma non va esclusa nemmeno l’ipotesi che le violenze contro i fedeli servano a rafforzare l’ipotesi di un’enclave cristiana nella piana di Ninive.Chiediamo con forza l’intervento del governo per proteggere tutti gli irakeni in difficoltà, ma soprattutto i cristiani, attualmente i più esposti. Questo sarebbe un compito anche per le forze di occupazione. Chiediamo l’intervento della comunità internazionale per proteggere le minoranze in Iraq, specie in occasione delle prossime elezioni provinciali. E domandiamo con particolare urgenza l’intervento dell’Onu e dell’Unione europea perché solleciti il governo di Baghdad a rispettare le minoranze nelle prossime elezioni.
Il parlamento irakeno ha votato una legge che non riconosce i diritti delle minoranze.
Questo porterà alla distruzione definitiva delle minoranze etniche e religiose di questo paese ed accelererà l’esodo dei cristiani. Chiediamo ai cristiani d’occidente di non essere solo preoccupati delle borse e dell’economia, ma di denunciare ogni forma di violenza e di mostrare verso di noi solidarietà e condivisione.

(1) Dora, quartiere di Baghdad dove negli anni scorsi sono avvenuti uccisioni di cristiani, rapimenti di fedeli e sacerdoti, attentati a chiese. Queste violenze hanno portato all’esodo di centinaia di migliaia di persone. Una maggiore sicurezza è stata riconquistata dopo l’operazione militare “Surge” da parte di militari americani e irakeni.

(AsiaNews del 22.10.2008)

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