di Raffaello Volpe
A chi si è chiesto quali obiettivi, grazie al trattato di Schengen, si sarebbero raggiunti con l’abolizione dei confini territoriali e il libero ingresso di stranieri in Italia è facile rispondere.
Da un lato consegnare l’Italia nelle mani degli stranieri e dall’altro, grazie all’inevitabile aumento della criminalità (il maggior numero di crimini in Italia è commesso da stranieri), giustificare l’instaurazione di un esasperato controllo sull’individuo.
Tutto questo ha comportato un vantaggio enorme per i detentori del potere.
La paura può essere utilizzata.
Il non voler ripristinare il controllo delle frontiere e l’approvazione dell’indulto non sono stati solo atti di barbarie e dispregio assoluti nei confronti degli Italiani, ma deliberate azioni tese a giustificare le norme che successivamente sono state adottate.
Con la ratifica del trattato di Lisbona il Popolo Italiano invece ha perso definitivamente la propria sovranità territoriale e giurisdizionale.
D’ora in poi un qualsiasi magistrato di uno dei Paesi aderenti al trattato può indagare su ogni singolo cittadino dell’unione europea, Italiani compresi; può trarlo in arresto dal Paese di origine nel Paese da cui parte l’”indagine” — così che per l’accusato, non conoscendo la lingua, sia più difficile difendersi — e la pena si sconterà in prigioni non italiane.
La confisca dei beni e il blocco del conto corrente renderanno difficile il pagamento della difesa legale.
Le patrie galere, infine, nel tempo rese “insufficienti” rispetto alle reali necessità giustificheranno l’uso delle prigioni degli altri 26 Paesi aderenti al trattato.
Resta una domanda su cui soffermarsi e cioè su chi siano i veri criminali da perseguire.
Agli occhi della maggioranza degli Italiani l’aumento verticale della criminalità giustificherebbe l’aumento dei controlli polizieschi per evidenti motivi di sicurezza.
Agli occhi del Potere le cose cambiano: se i soldi assegnati alle nostre forze di polizia sono stati ulteriormente diminuiti, invece le spese relative all’installazione di sistemi automatici di videosorveglianza su tutto il territorio nazionale, in particolare lungo le autostrade e nelle città, sono aumentate vertiginosamente.
Non si tratta solo di sistemi elettronici sofisticati ma anche di impianti dotati di fibre ottiche, che riducono al minimo le interferenze sul segnale e garantiscono un’ alta definizione dell’immagine. Il costo delle fibre ottiche è altissimo.
Si pensi che se si volesse realizzare l’impianto video di sicurezza in una caserma la spesa sarebbe pari al costo necessario per costruire ex novo la stessa caserma. In realtà l’uso di sistemi di videosorveglianza è così diffuso da lasciare perplessi.
Perché si preferisce spendere di più in tecnologia e investire di meno nella sicurezza ordinaria, dando più denaro a carabinieri e polizia?
Forse anche perché fra non molto carabinieri e polizia saranno sostituiti dalla "polizia europea"?
Dalle banche alle gelaterie, dai supermercati alle autostrade, dai parchi (vedi i bellissimi giardini dell’Eur a Roma) alle tabaccherie, gli Italiani accettano di farsi controllare ovunque. Il successo televisivo di trasmissioni come il “Grande Fratello” o “L’isola dei famosi” ne hanno fatto addirittura un costume sociale. Ma se il cinema rappresenta la realtà, attribuendovi un senso che può essere vitale, al contrario le telecamere disposte ovunque, nel riprendere il vissuto quotidiano lo svuotano di senso rendendolo “morto”.
Il senso di morte che percepiamo ogniqualvolta osserviamo le sequenze di una rapina in banca o a un supermercato nasce da quella paura profonda.
La onnipresenza delle telecamere assume cioè una doppia valenza sul piano dei significati.
Se da un lato l’essere ripresi rassicura, facendo credere all’individuo di “esistere”, dall’altro determina inquietudine: chi non ha mai pensato di poter essere controllato da qualcuno che non si vede e con quali fini?
Antica reminiscenza dell’insegnamento: Dio ti vede.
Ma siamo anche convinti, in un contesto in cui la religione non aiuta più a superare l’idea della morte, che l’interruzione fotografica del tempo possa salvarci. Si esiste solo attraverso l’immagine, non importa se fotografica o televisiva.
La psicosi di gruppo consiste proprio in questo: che una determinata realtà (la criminalità diffusa = minaccia di morte) possa cambiare allucinatoriamente grazie a un qualcosa di potente, in questo caso le telecamere disposte ovunque.
Per smentire qualsiasi certezza sulla riuscita tecnica dell’uso delle videocamere, solo il 40% delle riprese di rapine in banca permette di risalire ai colpevoli.
Resta la domanda: che farsene allora di tutto questo, se serve molto meno di quanto dovrebbe?
Non è importante che le telecamere “funzionino”, ma è importante che il Potere faccia sapere ai cittadini che è lì per controllarli.
Esiste la possibilità che vi sia un’unica volontà dietro l’installazione di questi sistemi.
I veri criminali da perseguire “siamo noi”.
Questa sottintesa ma evidente azione “preventiva” su tutti, non solo sui criminali, è il vero obiettivo.
Si è a un passo dal perseguire il crimine che potrebbe essere commesso e non l’azione compiuta, perché “prevenire” per “rieducare” è meglio che stabilire a fatti avvenuti.
In realtà è l’aver ridotto l’Uomo, la sua umanità, alla sola condizione di semplice organismo vivente la prova di una patologia di gruppo.
Il controllo ossessivo e costante su ogni individuo ne annulla qualsiasi altra dimensione perché ne considera solo la “corporeità”.
La ricchezza del pensiero non conta più nulla.
Anche l’ideologia comunista, nell’affermare che l’uomo esiste solo in virtù di una combinazione fra principi economici e istinti primordiali riduce sotto tutti gli aspetti il suo potenziale esistenziale: da quello della capacità di differenziazione a quello della creatività.
Le banche che stanno dietro la BCE ( Banca centrale europea), ben nascoste dietro l’inviolabile facciata dell’unione europea, detengono il controllo delle aziende produttrici di sistemi elettronici di sicurezza.
Sono gli stessi che attraverso migliaia di telecamere quotidianamente ci riprendono, ci sorvegliano, pronti a denunciare come negativo qualsiasi nostro comportamento.
Siamo oggetti di odio.
Non resta che fare due più due uguale quattro e aspettare che l’unione europea, temibile occhio vendicativo di Dio, istituisca, in nome dell’odio, il “Ministero dell’Amore” descritto in modo davvero profetico da George Orwell nel suo “1984”. Qui i “psicocriminali”, ossia i criminali potenziali, una volta catturati, vengono torturati e privati di qualsiasi umanità prima di essere “vaporizzati”.
Possiamo chiederci ancora una volta che differenza vi sia fra l’essere sradicati dalla nostra umanità e l’essere “vaporizzati”, sapendo però che è solo questione di tempo: ci convinceremo, anzi, forse ci stiamo già convincendo, che due-più-due è uguale a cinque, proprio in questo attimo che stiamo vivendo, in Italia e in Europa, prima che il nostro mondo venga del tutto invaso e soppresso.
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