lunedì 4 agosto 2008

PONTELANDOLFO 4 agosto 1861


L’ECCIDIO
di Pontelandolfo e Casalduni
di Antonio Ciano
da: “I Savoia e il massacro del sud” - Grandmelò, ROMA, 1996


[...] Pontelandolfo era un bollore: nelle campagne si cantavano inni e canzoni dei briganti ed i versi andavano di bocca in bocca.
Tutto il Sannio sembrava essere la platea di un teatro il cui palcoscenico si era trasferito nei paesi di Pontelandolfo e Casalduni.
Il sentimento borbonico era forte dappertutto, non vi era paese del Sud che volesse i nuovi invasori.
Il colonnello De Marco tastava, udiva, sapeva d’essere un corpo estraneo, sapeva che da un momento all’altro poteva scoppiare la rabbia contadina e andò al municipio a parlare col Melchiorre.
- Senti, stamattina mando i miei corrieri a Morcone, a Fragneto, a S. Croce, a Campolattaro a chiedere rinforzi e denaro a quei sindaci.
Abbiamo bisogno di soldi; intanto tu manda il banditore per le strade e per le masserie a chiedere, in nome di Vittorio Emanuele, soldi per la truppa.
- Vabene, speriamo bene! - rispose il sindaco. -
A San Lupo c’è Jacobelli, sta facendo un buon lavoro - riprese De Marco - speriamo che questa colletta ci dia almeno mille ducati. - Colonnello - rispose Melchiorre - ho avvertito i nostri di tenersi pronti a qualsiasi evenienza, di preparare le loro cose in caso di fuga.
Verremmo con te, solo tu con la tua truppa puoi salvarci, ormai i Borbone torneranno al potere, tutto il Sud è in rivolta.
- Allora facciamo presto, che altro possiamo prendere? - disse con caparbietà De Marco - Potremmo saccheggiare la chiesa di San Donato, che ne dici?.
- Io non lo consiglio, vi ammazzerebbero tutti, Don Epifanio non lo permetterebbe e poi c’è la fiera lì; è piena giorno e notte, sarebbe come accendere la scintilla. - Hai ragione - chiuse De Marco.
Verso sera cominciarono ad arrivare i corrieri mandati nei paesi vicini; nessuno portò soldi né rinforzi, nemmeno un maledetto ducato!
Anzi il sindaco di Casalduni, Ursini aveva avuto la faccia tosta di chiederne in quanto la popolazione era affamata.
Una cosa i corrieri avevano capito benissimo e cioè che era tempo di scappare, dappertutto la gente era pronta a rivoltarsi, lo si sentiva nell’aria e fu riferito al loro colonnello. La colletta fatta fare dal sindaco Melchiorre diede un solo frutto: qualcuno aveva posato all’ingresso del comune un vassoio d’argento ricoperto di un fazzoletto di pizzo rosso, simbolo dei Borbone, con sopra una pallottola di fucile [...].
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L’ECCIDIO
di Pontelandolfo e Casalduni
di Antonio Ciano
da: “I Savoia e il massacro del sud” - Grandmelò, ROMA, 1996


[...] Pontelandolfo era un bollore: nelle campagne si cantavano inni e canzoni dei briganti ed i versi andavano di bocca in bocca.
Tutto il Sannio sembrava essere la platea di un teatro il cui palcoscenico si era trasferito nei paesi di Pontelandolfo e Casalduni.
Il sentimento borbonico era forte dappertutto, non vi era paese del Sud che volesse i nuovi invasori.
Il colonnello De Marco tastava, udiva, sapeva d’essere un corpo estraneo, sapeva che da un momento all’altro poteva scoppiare la rabbia contadina e andò al municipio a parlare col Melchiorre.
- Senti, stamattina mando i miei corrieri a Morcone, a Fragneto, a S. Croce, a Campolattaro a chiedere rinforzi e denaro a quei sindaci.
Abbiamo bisogno di soldi; intanto tu manda il banditore per le strade e per le masserie a chiedere, in nome di Vittorio Emanuele, soldi per la truppa.
- Vabene, speriamo bene! - rispose il sindaco. -
A San Lupo c’è Jacobelli, sta facendo un buon lavoro - riprese De Marco - speriamo che questa colletta ci dia almeno mille ducati. - Colonnello - rispose Melchiorre - ho avvertito i nostri di tenersi pronti a qualsiasi evenienza, di preparare le loro cose in caso di fuga.
Verremmo con te, solo tu con la tua truppa puoi salvarci, ormai i Borbone torneranno al potere, tutto il Sud è in rivolta.
- Allora facciamo presto, che altro possiamo prendere? - disse con caparbietà De Marco - Potremmo saccheggiare la chiesa di San Donato, che ne dici?.
- Io non lo consiglio, vi ammazzerebbero tutti, Don Epifanio non lo permetterebbe e poi c’è la fiera lì; è piena giorno e notte, sarebbe come accendere la scintilla. - Hai ragione - chiuse De Marco.
Verso sera cominciarono ad arrivare i corrieri mandati nei paesi vicini; nessuno portò soldi né rinforzi, nemmeno un maledetto ducato!
Anzi il sindaco di Casalduni, Ursini aveva avuto la faccia tosta di chiederne in quanto la popolazione era affamata.
Una cosa i corrieri avevano capito benissimo e cioè che era tempo di scappare, dappertutto la gente era pronta a rivoltarsi, lo si sentiva nell’aria e fu riferito al loro colonnello. La colletta fatta fare dal sindaco Melchiorre diede un solo frutto: qualcuno aveva posato all’ingresso del comune un vassoio d’argento ricoperto di un fazzoletto di pizzo rosso, simbolo dei Borbone, con sopra una pallottola di fucile [...].

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