di Antonio Ciano
da: “I Savoia e il massacro del sud” - Grandmelò, ROMA, 1996
da: “I Savoia e il massacro del sud” - Grandmelò, ROMA, 1996
[...] Nonostante il servizio al corpo di guardia fosse stato rinforzato, il partigiano Gennaro Rinaldi di Giuseppe, detto Sticco, si presentò al primo cittadino di Pontelandolfo portandogli una missiva. Prima di consegnargliela, rivolgendosi con tono deciso verso Melchiorre, disse: - Senti, tu non sei il nostro sindaco, lo sai bene, sei un servo dei Savoia, un traditore; ti aspetta la morte. Hai rubato e diviso gli utili con De Marco, Sforza e la spia di Sepino. Sappiamo tutto. Perciò, - lo prese per il bavero - bastardo, leggi la lettera ed attieniti scrupolosamente ai suoi dettami, e andò via. Nella missiva c’era scritto che il sergente dei regi Marciano, comandante la brigata partigiana Frà Diavolo, chiedeva al sindaco 8.000 ducati, due some di armi e viveri entro 48 ore, altrimenti avrebbe messo a ferro e fuoco le case dei traditori liberali. Tale somma doveva essere consegnata al latore del biglietto. Melchiorre chiamò il delegato di P.S. Vincenzo Coppola e l’architetto Sforza, suoi soci in affari: - Sentite, i briganti vogliono 8.000 ducati e se non glieli diamo scendono dalle montagne e ci ammazzano. Vincenzo devi telegrafare subito a De Marco, le cose stanno precipitando; io telegrafo al governatore di Benevento, c’è bisogno di truppa o ci scanneranno tutti.[...]
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