Di Carlo Alberto Melis
L’indipendentista di Terralba Salvatore Meloni proclama oggi la nascita della repubblica Malu Entu.
Nel bel mezzo di una possibile crisi internazionale tra Russia e Paesi della Nato, il segretario dell’Onu, Ban Ki-moon e il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi, troveranno stamattina sulla scrivania una lettera stampata su carta rossoblù.
E dovranno, loro malgrado, affrontare la questione.
Un nuovo Stato bussa ufficialmente alle porte del Palazzo di Vetro, chiede di essere riconosciuto dalle Nazioni Unite e dai suoi Stati membri, primo fra tutti l’Italia, dal cui territorio afferma di essersi distaccato.
Si chiama Repubblica Malu Entu e, a dispetto del tono a tratti ironico della lettera inviata a Berlusconi, non dimostra di voler scherzare.
Parola di Meloni Salvatore («mi chiami Doddore»), presidente di un Governo già formato, forte di quattro dicasteri e altrettanti ministri che rispondono al nome di Gian Paolo Pisano (Interni), Felice Pani (Esteri), Alessandra Meli (Finanze) e Paolo Peddis (Ambiente e Agricoltura).
Cinque rappresentanti liberamente eletti dal popolo (da essi cinque medesimi costituito) e in carica per un periodo imprecisato.
L’isola di Mal di Ventre da oggi non è più parte dello Stato Italiano.
Alle 14 sarà iscritta Repubblica Malu Entu e i sei simboli (Sa Pintadora, l’albero degli Arborea, la dea madre, il re pastore nuragico, l’arciere, il guerriero in riposo).
«A essere precisi, la proclamazione noi l’abbiamo fatta il 4 luglio 1978 (stesso giorno, 201 anni esatti dopo gli Stati Uniti d’America, ndr ), però per correttezza volevamo attendere che la cosa fosse notificata allo Stato italiano e all’Onu.
Oggi dovrebbero ricevere la nostra lettera di proclamazione d’indipendenza, secondo il dettato della carta di San Francisco del 1945, ratificata dall’Italia nel 1957». Oggi è il gran giorno, dunque e il governo è schierato sul territorio:
«Mi sto godendo quest’isola meravigliosa», conferma Meloni, che precisa: «E cosa volete che accada? Lo sbarco dei marines?».
LA LETTERA.
Anche perché la sua lettera a Berlusconi è stata piuttosto chiara:
«Se voi userete la forza con la nostra Repubblica, noi reagiremo con le armi in nostra dotazione.
Le nostre forze armate terrestri risponderanno con pistole ad acqua, fionde di vario calibro e lancio di frecce spuntate.
La nostra marina metterà in linea la nostra portaerei a remi Eleonora d’Arborea, l’incrociatore pesante a pedali Grazia Deledda, la corvetta a remi Maria Carta con l’aggiunta della motosilurante leggera Marina Marini.
La nostra aviazione farà decollare gli aquiloni leggeri e, in seguito, gli aquiloni pesan isti ».
Berlusconi ama l’ironia, della quale fa largo uso. Capirà.
Soprattutto quando, andando avanti nella lettura, verrà a sapere che il nuovo Stato, pacifista ed ecologista, «determinato a proseguire sulla strada dell’indipendenza di tutto il territorio sardo», chiede (stavolta seriamente) la possibilità di accedere a un prestito di «almeno cento milioni di euro».
Il motivo: «Velocemente ci servono delle case di legno prefabbricate, un impianto fotovoltaico, un impianto eolico; a medio termine, necessitiamo di una condotta di acqua potabile che parta dal territorio della Sardegna sino a noi e di almeno due motoscafi».
Verrebbe quasi da pensare che i trent’anni trascorsi dalla proclamazione siano stati dettati dall’attesa di un presidente del Consiglio dotato di sufficiente ironia.
«In attesa di una sua risposta intelligente, la saluto caramente», conclude Meloni.
Intelligente? «Certo. Se l’Italia reagirà in maniera sciocca, per esempio mandando qualcuno ad arrestarmi, troverò un avvocato con le palle che mi difenderà.
In questo momento sono capo di Stato, liberamente eletto da chi è con me.
Sarebbe un reato internazionale.
Ci sarà pure un tribunale in questo mondo disposto a darmi ragione ».
Non fa una piega.
MICRONAZIONE.
E allora tanto vale provare a capire di più di questa micronazione, primo embrione della futura Repubblica Sarda, che per il momento ricorda il Principato di Sealand o la Repubblica delle Rose, due piattaforme marine che sul finire degli anni Sessanta proclamarono la loro indipendenza.
Per dovere di cronaca, il primo (nella Manica) esiste ancora, ma non è stato mai riconosciuto dall’Onu.
La seconda, nelle acque internazionali adriatiche, di fronte alla Romagna, fu fatta saltare nel giro di due mesi con l’esplosivo dalla Polizia italiana senza ulteriori spiegazioni (probabilmente quella che Doddore chiamerebbe la reazione «sciocca»).
«In realtà io non ho modelli», spiega Meloni, «il fatto che sia una piccola isola rende tutto più semplice».
I confini dello Stato sono tracciati tre miglia marine attorno all’isola di Mal di Ventre, costa ovest della Sardegna.
Un’isola che non è stata conquistata, ma usucapita dopo vent’anni di occupazione.
Formalmente è proprietà di un inglese, rappresentato da un commercialista a Napoli, al quale l’avvenuta usucapione sarà notificata quanto prima da un avvocato («ne troveremo uno del Foro di Oristano»).
Sugli 813mila metri quadrati vive una popolazione di cinque abitanti, destinata a crescere rapidamente: «Abbiamo trecentocinquanta richieste», precisa Meloni, che ha rinunciato alla cittadinanza italiana e alla residenza di Terralba.
«Chi vuole può fare chiedere la cittadinanza, da qualsiasi nazione provenga, non servono requisiti particolari».
Ma lei ora è senza passaporto, come fa? «Vorrà dire che per entrare in Italia chiederò il foglio di via. Sono extracomunitario, mi farò prendere le impronte digitali. Sarà molto charmant ».
E di cosa vivrete? «Di pesca, per esempio. Ci sono anche molti conigli qui, ma quelli li lasceremo vivere».
E come restituirà il prestito allo Stato italiano? «Allo stesso modo in cui ho sempre provveduto alla mia famiglia. E sono figlio di un minatore. Compreremo una macchina per stampare francobolli da collezione, per fare un po’ di business».
Come San Marino? «Di più». E poi: «Ci pensa? Chi verrà qui potrà farsi le foto con il presidente e con il ministro dell’Interno ».
A pagamento? «No, questo mai. Basterà un’offerta… ».
L'unione sarda 27.08.2008, pag.6
2 commenti:
e se lo proponessi agli abitanti del mio quartiere?
mi chiami "doddoressa"!
altrimenti mi trasferisco nella nuova Repubblica
l'idea non sarebbe malvagia..-)
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