L’ECCIDIO
di Pontelandolfo e Casalduni
di Antonio Ciano da:
di Pontelandolfo e Casalduni
di Antonio Ciano da:
“I Savoia e il massacro del sud”
- Grandmelò, ROMA, 1996
[...] Campolattaro era in festa, tutta la città era imbandierata di bianco; la bandiera borbonica sventolava dappertutto1 la gente era felice e la rabbia repressa e nascosta per mesi nei loro animi, di volta in volta esplodeva castigando i liberali e le loro case che venivano incendiate. Verso sera la folla si diresse verso la casa del Notaio Armando Nardone, ne abbatterono la porta a colpi di scure e qualcuno gridò: -Incendiamo tutti i registri e le schede notarili, i liberali si sono appropriati dei beni demaniali, della nostra terra, dove porteremo le nostre pecore? Dove andremo a far legna? Quando c’era Francesco Il questo non succedeva. Le terre demaniali sono sacre e permettevano a noi tutti di vivere bene. Forza! tutti all’assalto!. Fu un via vai di gente; tutti a portare quelle cartacce in piazza; furono bruciate tra canti di gioia ed urla. Altri si diressero verso la casa del Cav. Giosuè D’Agostino, che venne svaligiata. Si dice che vi trovarono, nascosti in una botte, 12 mila ducati; veramente una fortuna, un tesoro, che certamente era stato accumulato dal liberale speculando spremendo e affamando i contadini. Dopo aver saccheggiato le case dei liberali, i ribelli reazionari presero strade diverse; alcuni andarono a ringraziare il Signore nella chiesa del paese, altri tornarono nelle proprie case, altri ancora andarono ad unirsi con i partigiani di Giordano, mettendo a disposizione della causa comune i soldi sequestrati nella casa del D’Agostino [...].
CAMPOBASSO 10 agosto 1861
[...] Il governatore di Campobasso era allarmato e stava m continuo contatto con la Luogotenenza di Napoli e col governatore di Benevento. Cialdini, da Napoli, aveva mandato ordini precisi al generale De Sonnaz: stroncare col sangue qualsiasi accenno o fermento di ribellione. Il colonnello del 36° Fanteria ordinò al tenente Cesare Augusto Bracci di portarsi verso Pontelandolfo “per fare argine ai briganti e di battersi solo se sicuro di vincere”. Alle prime ore dell’alba del 10 agosto il tenente Bracci, a capo di trentasette bersaglieri e cinque carabinieri, partì da Campobasso. Appena fuori dalla città molisana la truppa piemontese cominciò a razziare i campi e le case dei contadini. Alla stessa ora cinquanta partigiani ……… con i loro cavalli veloci, si diressero verso Guardia Sanframondi, ove disarmarono la guardia nazionale e assalirono la casa del cassiere del Comune di Faicchio, prelevando fucili e denaro [...].
PONTELANDOLFO 10 agosto 1861
[...] Tirava aria di festa a Pontelandolfo; era sabato e qualcuno finalmente cominciò a riassaggiare un tozzo di pane. Con i soldi sequestrati dai partigiani, Tommaselli, come prima cosa, pensò di sfamare le famiglie che più avevano bisogno. I bambini, saputo che al comune distribuivano il pane, facevano festa e corsero tutti in frotta nei pressi del Torrione medievale ……….. La città era in festa; finalmente era amministrata dal popolo vero, vivo. I liberali erano fuggiti. Quella mattina, oltre alle bandiere gigliate, i cittadini ebbero la sorpresa di vedere i muri delle case tappezzati di manifesti inneggianti alla rivolta contro i piemontesi e le strade piene di volontari. Le case di Pontelandolfo, Casalduni, Campolattaro e dei paesi liberati furono imbiancate dai manifesti affissi durante la notte dai partigiani della banda Giordano, era il proclama del Comandante in Capo Chiavone che operava tra la Ciociaria e gli Ausoni ……… Le parole del proclama erano alte e toccanti e infiammarono ancor di più gli animi della gente che era decisa più che mai a lottare contro la barbarie piemontese. Mentre a Casalduni la folla cantava il Te Deum nella piazza principale, Giordano si diresse verso San Lupo a caccia di armi che ottenne dalla guardia nazionale. Il liberal massone Jacobelli, spia di Melchiorre, ex sindaco di Pontelandolfo, riuscì a sfuggire alle grinfie dei partigiani regi. Era nascosto a San Lupo [...].
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