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Libia contro Calderoli ministro
L'attacco del figlio del leader libico Muammar Gheddafi, Saif Al Islam, al ministro in pectore del Carroccio, Roberto Calderoli, rischia di diventare la prima grana diplomatica del nuovo governo. L'ingresso dell'esponente leghista nell'Esecutivo causerebbe «conseguenze catastrofiche» nelle relazioni tra Italia e Libia, secondo Saif El Islam . Una affermazione pesante che in Italia è stata respinta dai partiti in maniera bipartisan, anche se la questione è stata affrontata dai leader del Pdl, a cominciare da Silvio Berlusconi, con la massima cautela per evitare di alimentare quelle che potrebbero trasformarsi nelle prime frizioni diplomatiche che il nuovo Esecutivo sarebbe chiamato a gestire. A replicare immediatamente è stato proprio Calderoli, il quale ha ricordato come la scelta dei ministri del governo italiano spetti al leader del Pdl, «che ha avuto mandato dal popolo sovrano». Alle dichiarazioni a caldo dell'ex ministro delle Riforme, si sono aggiunte quelle di Roberto Maroni e Mario Borghezio che hanno manifestato solidarietà al loro compagno di partito. Ma la levata di scudi contro le affermazioni del figlio del leader libico c'é stata anche dai partiti dell'opposizione, come il Pd e l'Udc, col netto rifiuto del "diktat" nei confronti dell'esponente del Carroccio, giudicato «inaccettabile». Nessun intervento invece, almeno ufficialmente, dai leader del Pdl, a cominciare da Silvio Berlusconi che, insieme al presidente della Camera Gianfranco Fini, e allo stesso leader dei lumbard Umberto Bossi,ha deciso di adottare un "low profile" , un atteggiamento di massima cautela, per non alimenatre tensioni con la vicina Libia che potrebbero sfociare in una crisi diplomatica. Da qui l'assenza di dichiarazioni pubbliche del Cavaliere e dei leader alleati. Ferma restando, secondo quanto si racconta in ambienti parlamentari della maggioranza, la solidarietà che non sarebbe mancata all'esponente del Carroccio in un giro di telefonate private. È stato proprio Calderoli, in tarda serata, a dirsi "commosso" per la "solidarietà ricevuta da parte di tutti, maggioranza ed opposizione". I rapporti tra il leader libico ed il presidente del Consiglio italiano in pectore sono sempre stati molto buoni, anche se le relazioni tra Roma e Tripoli hanno vissuto negli ultimi anni periodi altalenanti , con un lungo contenzioso bilaterale, originato dall'occupazione coloniale italiana, che non è stato ancora chiuso. Un contenziono che Silvio Berlusconi ha più volte spiegato, durante il suo precedente governo, di voler sanare per giungere ad una piena e soddisfacente collaborazione con il vicino nordafricano.Nella nota dell'agenzia ufficiale libica Jana. si ricorda che, il 9 febbraio 2006, quindi a pochi giorni dall'assalto al consolato italiano, la Fondazione internazionale al Gheddafi per le Associazioni di beneficenza e sviluppo rilasciò un comunicato «invitando a manifestare in segno di protesta contro l'allora ministro» Calderoli per aver indossato una maglietta («con disegni offensivi e oltraggiosi all'Islam») su cui era stampata una della vignetta caricaturali del profeta Maometto. Riguardo alla manifestazione di Bengasi, in cui morirono undici persone, si rammenta: «Detta manifestazione è stata affrontata da parte delle forze dell'ordine in Libia e sono caduti numerosi cittadini libici aumentando, così, la rabbia popolare che ha portato a bruciare il consolato italiano a Bengasi. La crisi è stata circoscritta, causando anche le dimissioni del ministro italiano»
www.ilsole24ore.com
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L'attacco del figlio del leader libico Muammar Gheddafi, Saif Al Islam, al ministro in pectore del Carroccio, Roberto Calderoli, rischia di diventare la prima grana diplomatica del nuovo governo. L'ingresso dell'esponente leghista nell'Esecutivo causerebbe «conseguenze catastrofiche» nelle relazioni tra Italia e Libia, secondo Saif El Islam . Una affermazione pesante che in Italia è stata respinta dai partiti in maniera bipartisan, anche se la questione è stata affrontata dai leader del Pdl, a cominciare da Silvio Berlusconi, con la massima cautela per evitare di alimentare quelle che potrebbero trasformarsi nelle prime frizioni diplomatiche che il nuovo Esecutivo sarebbe chiamato a gestire. A replicare immediatamente è stato proprio Calderoli, il quale ha ricordato come la scelta dei ministri del governo italiano spetti al leader del Pdl, «che ha avuto mandato dal popolo sovrano». Alle dichiarazioni a caldo dell'ex ministro delle Riforme, si sono aggiunte quelle di Roberto Maroni e Mario Borghezio che hanno manifestato solidarietà al loro compagno di partito. Ma la levata di scudi contro le affermazioni del figlio del leader libico c'é stata anche dai partiti dell'opposizione, come il Pd e l'Udc, col netto rifiuto del "diktat" nei confronti dell'esponente del Carroccio, giudicato «inaccettabile». Nessun intervento invece, almeno ufficialmente, dai leader del Pdl, a cominciare da Silvio Berlusconi che, insieme al presidente della Camera Gianfranco Fini, e allo stesso leader dei lumbard Umberto Bossi,ha deciso di adottare un "low profile" , un atteggiamento di massima cautela, per non alimenatre tensioni con la vicina Libia che potrebbero sfociare in una crisi diplomatica. Da qui l'assenza di dichiarazioni pubbliche del Cavaliere e dei leader alleati. Ferma restando, secondo quanto si racconta in ambienti parlamentari della maggioranza, la solidarietà che non sarebbe mancata all'esponente del Carroccio in un giro di telefonate private. È stato proprio Calderoli, in tarda serata, a dirsi "commosso" per la "solidarietà ricevuta da parte di tutti, maggioranza ed opposizione". I rapporti tra il leader libico ed il presidente del Consiglio italiano in pectore sono sempre stati molto buoni, anche se le relazioni tra Roma e Tripoli hanno vissuto negli ultimi anni periodi altalenanti , con un lungo contenzioso bilaterale, originato dall'occupazione coloniale italiana, che non è stato ancora chiuso. Un contenziono che Silvio Berlusconi ha più volte spiegato, durante il suo precedente governo, di voler sanare per giungere ad una piena e soddisfacente collaborazione con il vicino nordafricano.Nella nota dell'agenzia ufficiale libica Jana. si ricorda che, il 9 febbraio 2006, quindi a pochi giorni dall'assalto al consolato italiano, la Fondazione internazionale al Gheddafi per le Associazioni di beneficenza e sviluppo rilasciò un comunicato «invitando a manifestare in segno di protesta contro l'allora ministro» Calderoli per aver indossato una maglietta («con disegni offensivi e oltraggiosi all'Islam») su cui era stampata una della vignetta caricaturali del profeta Maometto. Riguardo alla manifestazione di Bengasi, in cui morirono undici persone, si rammenta: «Detta manifestazione è stata affrontata da parte delle forze dell'ordine in Libia e sono caduti numerosi cittadini libici aumentando, così, la rabbia popolare che ha portato a bruciare il consolato italiano a Bengasi. La crisi è stata circoscritta, causando anche le dimissioni del ministro italiano»
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