In mentre la fantasia si lancia rapida ne' campi
dell'avvenire, e vagheggia il trionfo della civiltà, il tuonar
di barbari cannoni ne richiama al cieco debaccare della
forza brutale. Qui ferve una lotta esecranda fra la ragione
e la setta, fra la religione e l'ateismo, fra l'ingegno e
l'ignoranza, fra la verità e la calunnia, fra l'ordine che
rilutta e il disordine che comanda. Il disordine seduto in
seggio, sorretto da braccia abbiettissime, vuole l'ordine a
suo modo, cioè l'imperio della brutalità. Né è contento
che si ubbidisca, e si paghi, ma vuole benanco si sorrida
e si plaudisca, e si faccian luminarie, e si preghi per
esso a un Dio cui non crede. Vuole la libertà di tutti i
culti, fuorché del cattolico; vuole la libertà della stampa,
purché si esalti la rivoluzione; la libertà del pensiero e
della favella, purché si pensi e si dica a prò d'ogni
storta idea; vuole un re, purché sia quel galantuomo;
vuole la costituzione, purché non s'esegua; vuole un
parlamento, purché vadan deputati i suoi adepti. Il
disordine si è ordinato: ha tribunali che condannano la
gente onesta; ha carceri, e le ha piene di reazionarii; ha
gendarmi, e lor da nuovi ferrei ordigni da legar la gente;
ha guardie nazionali perché faccian le spie e le visite
domiciliari; ha camorristi perché si godan tutti gli uffizii;
ed ha soldati Pinelli e Cialdini, da fucilare inermi, e da
bombardar da lontano, e abbruciare le nostre città. Il
disordine è trionfatore; però non rispetta patti né
capitolazioni, e imprigiona o deporta sull'isole gli uffiziali
fedeli al trono, e i difensori di Gaeta; però mutila e
abbatte monumenti, ruba i milioni, addoppia le imposte,
impone leve militari, discioglie collegi e istituti d'arte e di
scienze, abolisce conventi e se ne piglia le rendite; e fa
vendette, e pugnala, e perseguita, ed esilia, e in mille
maniere percuote qualunque abbia amor di patria e
nobiltà di sangue, o di cuore, o d'ingegno. Il disordine è
anche religioso. Ha i suoi Caputi e Gavazzi e Pantalei che
predicano la religione del coltello dentro i tempii di Dio,
che cantano i Te Deum al Signore, perché benedica le
orgie; e dicon le messe pe' suoi martiri, e pongon fiori e
croci sulle tombe de' regicidi. E il disordine è pure
legislatore: esso fa cento leggi coercitive pel popolo vinto;
ma per sé ha la legge suprema ed immutabile del non
ubbidire a legge nessuna.
E dove ha più gli occhi l'Europa? Mira impassibile la
distruzione delle più belle contrade della terra, e lo
abbrutimento di quel popolo che trovava la bussola e la
filosofia. La pace, supremo de' beni, n'è tolta
impunemente; e siam saccheggiati, scacciati dalle nostre
case, e legati e carcerati, e barbaramente vilipesi, e
uccisi in cento guise nefande. Oh Dio di pietà! tu poni
fine agl'inenarrabili mali nostri; tu disugella gli occhi de'
potenti della terra, perché veggano questo sole delle
nostre infelicità. Dio di pietà, fa ch'ei sappiano come al
regno sia rapito ogni decoro, ogni forza, ogni ricchezza!
Mirino le deserte derubate reggie, i porti vuoti di
vascelli, gli arsenali vuoti di arme, gli opificii distrutti, i
rovesciati monumenti, i monasteri aboliti, e tante
religiose in forse del domani. Veggano le leggi mutate in
peggio, l'esercito disciolto, deportati i duci, i soldati
costretti a morir fuori per guerre straniere, gli
sprofondati erarii, gli addoppiati debiti, il mancato
commercio, le abbiettate arti, i liberati galeotti, i
contrabandi, le strade rotte e infeste da ladri, gli
assassinii impuniti, le fucilazioni illegali, le frodi
sublimate, la perduta giustizia, le violazioni del domicilio
e delle lettere, gli ergastoli, le paure, e la perdita d'ogni
libertà. Veggano come andiam raminghi per la terra,
riempiendola di lamenti, invocando soccorso dagli uomini
e dal cielo. Come da ingordi stranieri siamo isforzati a
lasciare i luoghi cari dell'infanzia, a vagar miseri e canuti,
lungi dalle mogli e da' figli, privi di conforti, tementi di
pugnali,, incerti dell'avvenire, per estranie terre ed
algenti, fidando all'aura i sospiri che da' petti angosciati
mandiamo alla patria lontana. Vegga l'Europa come
questi sono barbari e spietati, come insultano e percuotono,
come saccheggiano ed incendiano. Venosa, la
patria d'Orazio, ebbe il fuoco; fuoco e sacco ebbero
Barile, Monteverde, S. Marco, Rignano, Spinelli,
Carbonara, Montefalcione, Auletta, Basile, Pontelandolfo,
Casalduni, Cotronei, ed altri molti villaggi e borgate.
Fuochi, saccheggi e stupri da per tutto. I miseri abitanti
innocenti, avvertiti così delle Garibaldesche imprese, chi
fugge e chi muore; chi dalle baionette è sospinto a forza
a morire nelle fiamme delle crollanti case, e chi da
piombo micidiale è atterrato sul limitare della soglia
paterna. Vedi le madri, i vecchi, i fanciulli, le verginelle
vagolare scalzi pe' monti, senza panni, senza un tozzo di
pane, fra mille stenti, cercar rifugio fra le meno ospitali
belve, nelle caverne degli orsi, in recondite valli, o ne'
più ermi casolari. Senti le strida de' bambini, le preci
delle madri, i gemiti di tutti, e di tutti un volger gli occhi
a Dio misericordoso, per un conforto che troppo tarda a
venire.
Queste rovine finiranno? ritornerà l'antica nostra pace?
Miseri! e sarà possibile d'averla? Dove ritroveremo i nostri
cari caduti a migliaia? dove i benestanti riavranno l'entrate
disperse, gli animali uccisi, le case derubate? dove i
mercatanti chiederanno i mancati capitali? dove i padri di
famiglia ricupereranno i figli traviati nel subisso delle idee
socialiste? dove centomila capi di famiglia, cacciati
d'uffizio, chiedenti limosine, avranno soccorso? dove la
giustizia impetrerà la forza del dritto? Ma dove, dove
ricupereremo i morigerati costumi e la religione de' nostri
padri? Forse nelle eresie, o nelle false bibbie, o nelle
chiese diventati teatri, o ne' teatri fatti chiese? O forse
negli osceni detti, o nelle luride immagini, o nelle
persecuzioni de' buoni prelati, o ne' culti pubblicamente
derisi dei santi, e sin della Vergine Madre di Dio?
Nazioni della terra, voi che vi vantate soccorritrici
dell'umanità straziata, voi che mandate vascelli e
battaglioni a difendere cristiani in Siria ed in China, voi
avete permesso che i Cialdini, i Pinelli, i Garibaldi e i loro
spietati seguaci vituperino l'italiano nome, e sgozzino
tanti cristiani innocenti. È qui, nel bel mezzo dell'Europa,
nel seno dell'italico giardino, che i più neri delitti, alla
luce del sole, innanzi agli occhi vostri, si van
perpetrando. Voi siete sordi a' nostri gemiti; e par che
non giungano a voi. Queste dolorose e miserande grida
sono soffocate, sono smentite, sono anzi calunniate; e
noi barbaramente morenti ed oppressi, siam tacciati di
briganti e di barbarie. Ma tutto ha limite quaggiù: il
servaggio che s'appella libertà, la tirannide che si dice
uguaglianza, la menzogna che si vanta civilità già
spuntano le loro arme. La immaginazione ora retrocede
innanzi a un presente che ne insanguina ed insozza, e non
osa scrutare un avvenire fosco, e forse più terribile
ancora. Le nazioni non possono perire; e una forza ignota
prepossente sospinge le braccia de' popoli offesi...
Deh! l'esempio nostro sia salute universale. Sopra di
voi, o monarchi, pesano gravissimi doveri in questa
ultima lotta fra la barbarie e la civilità. I nostri nemici
sono anche i vostri. Voi pure li avete, e coperti
d'ipocrisie, intorno a' più splendidi vostri troni, donde
tiranneggiano la terra, e minacciano la società. La setta
manovra, investe, combatte, trionfa, procede, e non
riposa; né riposerà, perché la società non può riposar
fuor del dritto.
I Napolitani invocano il dritto, reclamano la pace,
fanno appello agli uomini onesti di tutte le nazioni, e
fidano in Dio.
Giacinto De Sivo
31 dicembre 1861
31 dicembre 1861
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