Lo scorso 11 settembre a Roma si è tenuto presso la sede nazionale del PD e organizzato dall’associazione Innovatori Europei il convegno Per un Mezzogiorno protagonista tra Europa e Mediterraneo. Riportiamo di seguito il breve resoconto degli interventi di Loredana Capone Assessore Regionale allo Sviluppo della Puglia e di Michele Dell’Edera Coordinatore Regionale del Partito del Sud.
L’assessore Capone, portando i saluti e il supporto del Presidente Michele Emiliano, impegnato alla Fiera del Levante, ha detto che “l’Italia rappresenta oggi il territorio europeo dove maggiori risultano i divari interni di crescita, rispetto a quanto accade nel resto d’Europa. In nessuna altra parte d’Europa, infatti, sono presenti aree interne con differenziali di sviluppo così elevati. In tale contesto nemmeno le Regioni del Sud sono tutte uguali per caratteristiche economiche, sociali, così come anche per capacità amministrative; tuttavia il Sud si presenta come un’area omogenea dal punto di vista dei divari strutturali di sviluppo (ulteriormente accresciuti a seguito della crisi iniziata dal 2008), come confermato da tutti i dati ufficiali (Svimez, Istat) che registrano un allarmante aumento dei ritardi su tutti i principali indicatori negli ultimi 15 anni (in termini di reddito, di occupazione, di numero di imprese, di famiglie in condizione di povertà, di esportazioni ecc.). L’aumento dei divari configura sempre più un paese diviso in due con conseguenze allarmanti dal punto di vista sociale ed economico e delle condizioni di legalità e sicurezza. Tale situazione richiede politiche nazionali adeguate all’entità del fenomeno in corso, muovendo dalla consapevolezza che la situazione prodottasi è da considerare il risultato sia della tradizionale debolezza economica ed imprenditoriale, sia di politiche pubbliche nazionali degli ultimi decenni non in grado di contrastare le tendenze in corso. Inoltre, l’esperienza degli ultimi anni ha dimostrato con grande evidenza che i fondi comunitari – anche quando risultano spesi bene – non sono in grado di incidere positivamente su divari strutturali di medio e lungo termine così ampi come quelli del Mezzogiorno d’Italia, soprattutto se diventano sostitutivi degli investimenti pubblici ordinari, piuttosto che addizionali. A tale riguardo occorre sottolineare che le stime dell’impatto degli investimenti pubblici cofinanziati dai fondi comunitari in termini di reddito e di occupazione risultano inferiori al 2% annuo (come evidenziato dalla stessa Unione Europea, oltre che dai dati che risultano dall’applicazione di sofisticati sistemi econometrici, come ad esempio il modello “Remi-Irpet”). E’ necessario, pertanto, inserire nell’agenda di governo, da qui ai prossimi anni, il Sud come questione nazionale, che riguarda oltre 23 milioni di cittadini e riveste un ruolo determinante nel rilanciare la competitività e lo sviluppo dell’intero Paese. Il tema di fondo non coincide semplicemente con l’aumento degli attuali flussi di investimento pubblico, ma riguarda, soprattutto, la capacità di costruire una visione strategica condivisa dello sviluppo da perseguire da qui ai prossimi anni, in direzione della quale orientare tutti gli sforzi e le iniziative pubbliche e private.
Si rende necessario, pertanto, promuovere una serie di politiche nazionali finalizzate ai seguenti obiettivi:
- elevare e qualificare gli investimenti pubblici ordinari per migliorare le condizioni di contesto e sostenere la riduzione dei divari territoriali di sviluppo (dal punto di vista infrastrutturale, del credito, dei servizi ai cittadini, dell’istruzione e formazione, delle aree urbane, del mercato del lavoro, dell’ambiente);
- contribuire ad elevare l’attrattività territoriale per nuovi insediamenti produttivi in grado di determinare nuova occupazione di qualità;
- incrementare il tradizionale basso livello di apertura internazionale dei sistemi produttivi di piccola e media imprenditoria;
- arrestare i flussi migratori dei giovani alla ricerca di nuova stabile occupazione.
Alcune proposte concrete in merito risultano le seguenti:
- Istituire una cabina permanente di regia sul Mezzogiorno, con specifico riferimento al tema dell’occupazione e della legalità;
- individuare una quota minima di investimenti pubblici nazionali ordinari da destinare alle aree meridionali del Paese: un’ipotesi al riguardo potrebbe essere quella del 45% degli investimenti così come individuato dalla norma di circa 10 anni fa, risultata mai attuata. Tali investimenti devono ritenersi aggiuntivi rispetto alle risorse dei fondi comunitari (assegnati) e delle risorse del Fondo di Sviluppo e Coesione (FSC – da assegnare);
- concertare con l’Unione Europea alcuni strumenti da adottare per attrarre investimenti industriali, a partire, ad esempio, dalla creazione in ogni regione di “zone economiche speciali” che la Commissione Europea ha già autorizzato in alcuni paesi europei come, ad esempio, la Polonia;
- rivedere le norme sul patto di stabilità per favorire la prosecuzione degli investimenti già programmati (oggi i fondi comunitari gravano per il 50% e le risorse del FSC per il 100%, aspetto che si ripercuote negativamente anche con la nuova regola del saldo invariato). Al riguardo si rende necessario fissare un importo annuo da mettere a disposizione della nettizzazione ai fini del patto di questi investimenti (come già fatto nel triennio 2011-2013 con 3,5 miliardi di euro);
- varare un piano a favore delle famiglie che vivono al di sotto della soglia di povertà, finalizzato anche a ridurre il disagio sociale ed abitativo;
- ridurre il carico fiscale e contributivo per le imprese nazionali ed estere che investono nel Sud;
- organizzare una serie di iniziative in Italia e all’estero di qualificazione delle competenze e di sostegno all’autoimprenditorialità per i giovani che intendono restare sui territori di origine.”
Per Michele Dell’Edera, Partito del Sud Puglia, “il Sud può far ripartire il Paese, ed ecco alcune delle azioni da mettere in campo: coordinamento tra le regioni del sud e le città metropolitane sulla base delle cose concrete da realizzare per una strategia complessiva sul Sud, nel rispetto delle prerogative e delle vocazioni di ciascuna regione e in collaborazione attiva con il Governo; coordinamento tra Atenei del Sud e politiche di finanziamento e valutazione degli Atenei non su base nazionale ma su base macro-regionale come avviene ottimamente in Gran Bretagna; che le infrastrutture e i trasporti vengano sviluppati e sostenuti in ottica di rete nei territori e non solo per direttrici “nord-sud” come avviene adesso. Che si potenzino i tratti a sud delle direttrici nazionali. Che si ripristino le reti ferroviarie secondarie in ottica di turismo, metropolitane leggere periferia-centro dei territori; che il Sud sia piattaforma europea verso il Mediterraneo, con porti, aeroporti, strade e ferrovie in grado di competere a livello internazionale nella logistica europea; Fare tesoro nei progetti che si pongono in essere anche delle infrastrutture, degli immobili, delle ferrovie, delle stazioni, delle reti elettriche e telematiche esistenti al fine di evitare le “cattedrali nel deserto” e massimizzare l’effetto degli investimenti; Usare la politica non per favorire chi ha successo, ma per mettere nelle condizioni tutti di ottenerlo”.
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